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ultras ternana

E' morto Maradona???

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47 minuti fa, adriatico ha scritto:

Stai paragonando un giocatore che non ha mai giocato un minuto di una fase finale di coppa del mondo con uno che ne ha vinto uno da solo e un altro l'ha perso per un rigore inesistente all'85?

Sbagli da principio, io non sto paragonando nessuno, ognuno ha avuto la propria storia automaticamente contestualizzata nell'epoca vissuta.

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Il 27/11/2020 Alle 07:28, fogueres ha scritto:

È chiaro che quella partita aveva dietro tante questioni tipo le isole Falkland.

 

L’Argentina poi era dieci giocatori più Maradona. Ieri sera vedevo il film documentario di Asaf Kapadia ( era da un po’ che volevo vederlo): c’erano immagini di quella partita con colpi proibiti che non ricordavo, una caccia all’uomo. L’Inghilterra era in linea con quello che era prima della Premier: tosta e cattiva.

Intendiamoci: non che l’Argentina fosse da meno come cattiveria.

Come facce sembrava l’ora d’aria di un cortile del carcere.

 

Quel documentario è bellissimo, visto al cinema, ci sono tante tante scene belle...a me è rimasta impressa la conferenza stampa di Ferlaino al San Paolo quando annuncia Maradona....sai che non l'avevo mai vista ma ho avuto delle reminiscenze da bambino, e così mi sono ricordato a quei tempi la polemica sulle spese del Napoli, che rappresentava una città considerata davvero serie C d'Italia all'epoca...

Modificato da chetestraceki

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17 minuti fa, chetestraceki ha scritto:

Bellissima questa. Grazie @fogueres hai impreziosito questo topic con i soliti contributi giornalisti ci, ma questa volta davvero speciali

Secondo per Maradona hanno fatto delle opere d’arte.

 

PS Guarda la post@, un paio di chicche 😉

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8 minuti fa, fogueres ha scritto:

Secondo per Maradona hanno fatto delle opere d’arte.

 

PS Guarda la post@, un paio di chicche 😉

Sei un mito manda tutto quello che puoi! Mi gusterò per bene questi contenuti cazzo!

 

Giuro che ricambio (ma con contenuti ben diversi ... Inevitabilmente)

 

Modificato da chetestraceki

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Marzo 1991. Dopo un interrogatorio del pool antidroga Maradona e l'avvocato penalista Luigi Ferrante stanno lasciando il palazzo di Giustizia. Ma mentre stanno per uscire, vengono invitati dalle forze dell’ordine a restare nell'ascensore, per via della folla di tifosi e giornalisti all'esterno. Lì, l’allora trentenne Ferrante, non può fare a meno di dire: «Mamma mia, ma è sempre così?». 
Diego abbozza un sorriso triste: «Gigi, è tutta la mia vita che è così…». E subito dopo: «Avogado, giochi a calcio?». E lui: «Sì, ma insomma, per divertirmi eh…». «Bien - afferma Maradona - giovedì giochi con me. Ho una squadra di calcetto con Taglialatela e Careca ma Antonio si è stirato un muscolo e non ci sarà. Giochi tu!». 
«Come io?» la risposta sorpresa dell’avvocato. Ma il giorno della partita, arrivò veramente. 
«Arrivato al campo, Diego tirò fuori le seconde maglie ufficiali del Napoli, rosse, belle e particolari. Mi diede la 5, quella di Alemao, lui indossò la 9 di Careca. Era da settimane che non metteva più la 10. Perché, ma non lo ha mai detto ufficialmente, essendo un po’ fuori forma e in quella situazione, non se ne sentiva più davvero degno.
Le due squadre erano queste: Pino Taglialatela in porta, Luca (un giovane molto forte), Diego, il suo elettricista ed io. Dall'altra parte quattro talentuosi giocatori di calcetto e il figlio del barbiere di Diego. Ne venne fuori una partita intensa e Diego non la voleva proprio perdere. Giocava con gioia e quando andavamo sotto nel punteggio scartava l’intera squadra avversaria e ci riportava in vantaggio. Mi colpì questa sua felicità nel giocare a pallone, quella che provano i bambini che ancora non sono gravati dai pensieri della vita adulta. Fantastico…»
Ma c’è un altro particolare di quella partita che Ferrante ama ricordare «perché racconta il carattere di Diego. Era un leader assoluto. Io iniziai molto contratto, capirete: giocavo con Maradona! Taglialatela in porta parava l’imparabile e a un certo punto presi palla e lanciai Diego. Lui, mentre agganciava il pallone per poi scaraventarlo in rete gridò: “Bella palla!”. Un elogio a un operaio del calcio quale ero io. Nella partita incoraggiò tutti e non mi rimproverò mai per gli errori di gioco. Capii perché gli altri calciatori professionisti lo adoravano... E a fine gara, negli spogliatoi, Maradona raccolse le maglie da terra... Quasi fosse un magazziniere. Oh, Maradona! Mise tutto a posto, ci ringraziò e andò via. Quell’episodio di Agnano mi svelò il vero animo di Diego: amava il calcio in ogni sua espressione e era stanco delle pressioni esasperate del football professionale. Era innamorato del pallone. Quando glielo hanno tolto, ha cominciato a morire».

[Da un articolo de La Repubblica]

#Maradona 

“La Magia del numero 🔟”, il libro di Romanzo Calcistico

➖ ➖ 

  • Grazie 1
  • Voto Positivo 1

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1 ora fa, fogueres ha scritto:


 

Marzo 1991. Dopo un interrogatorio del pool antidroga Maradona e l'avvocato penalista Luigi Ferrante stanno lasciando il palazzo di Giustizia. Ma mentre stanno per uscire, vengono invitati dalle forze dell’ordine a restare nell'ascensore, per via della folla di tifosi e giornalisti all'esterno. Lì, l’allora trentenne Ferrante, non può fare a meno di dire: «Mamma mia, ma è sempre così?». 
Diego abbozza un sorriso triste: «Gigi, è tutta la mia vita che è così…». E subito dopo: «Avogado, giochi a calcio?». E lui: «Sì, ma insomma, per divertirmi eh…». «Bien - afferma Maradona - giovedì giochi con me. Ho una squadra di calcetto con Taglialatela e Careca ma Antonio si è stirato un muscolo e non ci sarà. Giochi tu!». 
«Come io?» la risposta sorpresa dell’avvocato. Ma il giorno della partita, arrivò veramente. 
«Arrivato al campo, Diego tirò fuori le seconde maglie ufficiali del Napoli, rosse, belle e particolari. Mi diede la 5, quella di Alemao, lui indossò la 9 di Careca. Era da settimane che non metteva più la 10. Perché, ma non lo ha mai detto ufficialmente, essendo un po’ fuori forma e in quella situazione, non se ne sentiva più davvero degno.
Le due squadre erano queste: Pino Taglialatela in porta, Luca (un giovane molto forte), Diego, il suo elettricista ed io. Dall'altra parte quattro talentuosi giocatori di calcetto e il figlio del barbiere di Diego. Ne venne fuori una partita intensa e Diego non la voleva proprio perdere. Giocava con gioia e quando andavamo sotto nel punteggio scartava l’intera squadra avversaria e ci riportava in vantaggio. Mi colpì questa sua felicità nel giocare a pallone, quella che provano i bambini che ancora non sono gravati dai pensieri della vita adulta. Fantastico…»
Ma c’è un altro particolare di quella partita che Ferrante ama ricordare «perché racconta il carattere di Diego. Era un leader assoluto. Io iniziai molto contratto, capirete: giocavo con Maradona! Taglialatela in porta parava l’imparabile e a un certo punto presi palla e lanciai Diego. Lui, mentre agganciava il pallone per poi scaraventarlo in rete gridò: “Bella palla!”. Un elogio a un operaio del calcio quale ero io. Nella partita incoraggiò tutti e non mi rimproverò mai per gli errori di gioco. Capii perché gli altri calciatori professionisti lo adoravano... E a fine gara, negli spogliatoi, Maradona raccolse le maglie da terra... Quasi fosse un magazziniere. Oh, Maradona! Mise tutto a posto, ci ringraziò e andò via. Quell’episodio di Agnano mi svelò il vero animo di Diego: amava il calcio in ogni sua espressione e era stanco delle pressioni esasperate del football professionale. Era innamorato del pallone. Quando glielo hanno tolto, ha cominciato a morire».

[Da un articolo de La Repubblica]

#Maradona 

“La Magia del numero 🔟”, il libro di Romanzo Calcistico

➖➖ 

Stupenda, è già una fortuna incontrare una persona così nella vita per ognuno di noi....che umiltà e che passione.

 

Sempre grandi contributi @fogueres mi aspetto le pagine dei giornali anche per Pablito...

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Stuzzicato dai "ragionamenti" di Kiwi sul topic di Cristiano Ronaldo e Messi, ho deciso di scrivere qui i miei personali motivi del perché reputo Maradona il più grande di sempre... Spero che altri lo facciano. Sarebbe bello...

 

L'episodio raccontato poco sopra dall'avvocato Ferrante è uno dei mille che racconta la gente per parlare del Maradona uomo e del suo amore per il calcio. Mi viene in mente il suo discorso alla Bombonera e soprattutto il suo: "il pallone non si sporca!". 

Questo suo rapporto con il calcio traspariva dal suo modo di vivere la partita e dal suo approccio ai compagni e agli avversari e ne faceva un giocatore al di fuori degli schemi. Vedevi lui e ti sembrava di essere al campetto con gli amici...

 

C'è poi il discorso del talento. 

C'è un racconto abbastanza noto del suo primo allenatore, Francisco Cornejo, che vorrei riportare qui...

“Voi sapete cosa fanno tutti i calciatori quando una palla arriva dall’alto ma non abbastanza alta per stopparla di petto: ne arrestano la caduta col piede, la lasciano cadere e subito dopo la calciano o la appoggiano a un compagno. Ma quel pibe, e dico pibe perché non sapevo ancora il suo nome né glielo avevo chiesto, fece un’altra cosa: domò la palla in aria col sinistro e, senza lasciarla cadere, con lo stesso piede già in aria la ritoccò per fare un pallonetto a un difensore, che rimase lì come una statua. E poi il pibe corse, come una freccia, verso la porta avversaria. Rimasi a bocca aperta. Era incredibile, mai avevo visto fare una cosa del genere. Neanche ai calciatori più dotati. La prima cosa che mi venne in mente fu che quel bimbo mi aveva mentito sull’età. Ma quali 8 anni, non è un bimbo, è un nano... Però mi resi conto di aver pensato una stupidaggine. La sua età non aveva niente a che vedere con quell’azione, era una giocata senza età, una giocata impossibile. Un calciatore, anche molto abile, potrebbe passare la vita riprovandola senza che gli riesca una sola volta. E quello l’aveva fatta come se fosse stata la cosa più facile al mondo. Fu allora che capii che quel pibe era diverso dagli altri, molto diverso da tutti gli altri. Così, con quella giocata, scoprii Diego Armando Maradona” 

 

A pensarci bene noi oggi abbiamo un'intervista di questo bambino che dice di sognare di vincere il mondiale. E l'abbiamo, perché era già un bambino fuori dal normale. Immaginate un giornalista argentino che a fine anni '60 va in giro per la periferia di Buenos Aires alla ricerca di un bambino di una famiglia poverissima, per intervistarlo. Pensate quali racconti dovrà aver sentito su quel bambino per essere spinto a fare una cosa del genere. 

 

C'è poi la questione del suo aspetto fisico. Tu lo guardi giocare e non capisci come faccia a resistere ad avversari più grossi e potenti di lui. È vero il baricentro basso. È vero la forza dei tricipiti e quadricipiti. Ma in ogni caso, c'è qualcosa che sfugge alla razionalità e ti lascia lì incantato a vedere cotanta bellezza.

 

Ci sarebbe da scrivere molto altro ancora ma per adesso mi fermo qui

Modificato da ostinato

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"Alcuni dicono che non è stato un buon esempio. Lui ha sempre detto che non voleva essere un modello per nessuno, quello che voleva era essere uno come gli altri. Questo gli è stato negato, ma non si è mai lamentato. I suoi peccati li ha pagati in contanti. Non ha cercato alibi. Nemmeno per la sua dipendenza dalla cocaina. Tuttavia io mi chiedo: quanto valgono, oggi certi valori? Non ha mai fatto una smorfia o protestato per il passaggio sbagliato di un compagno. Quando doveva correggere qualcuno, aspettava che si svuotasse lo spogliatoio, soprattutto se era giovane, come racconta Ferrara. Non si è mai lamentato per i falli e ne ha subiti tanti. Ha sempre difeso i compagni. Li considerava sempre i più forti e li faceva sentire i migliori. Poteva arrivare tardi a un allenamento, ma ha sempre giocato, infortunato o malato. È stato condizionato dalla dipendenza, ma mai dalla mancanza di motivazione. Se l’è presa con i forti, mai con i deboli: con il presidente degli Usa, della Fifa, della Afa (Federcalcio argentina), con Matarrese. Lui diceva cose che tanti di noi avrebbero voluto dire. Noi le abbiamo pensate, ma abbiamo misurato le conseguenze. Lui non misurava, agiva. È stato tradito dal suo amico d’infanzia e dal manager fidato, ma lui ha continuato a credere nelle persone. È stato un capopopolo, sia a Napoli che in Argentina. La sua gente lo amava, perché sentiva di essere amata dal più grande. Si sentiva capita, non giudicata."

Il Maestro Velasco su Maradona.

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44 minuti fa, fogueres ha scritto:

"Alcuni dicono che non è stato un buon esempio. Lui ha sempre detto che non voleva essere un modello per nessuno, quello che voleva era essere uno come gli altri. Questo gli è stato negato, ma non si è mai lamentato. I suoi peccati li ha pagati in contanti. Non ha cercato alibi. Nemmeno per la sua dipendenza dalla cocaina. Tuttavia io mi chiedo: quanto valgono, oggi certi valori? Non ha mai fatto una smorfia o protestato per il passaggio sbagliato di un compagno. Quando doveva correggere qualcuno, aspettava che si svuotasse lo spogliatoio, soprattutto se era giovane, come racconta Ferrara. Non si è mai lamentato per i falli e ne ha subiti tanti. Ha sempre difeso i compagni. Li considerava sempre i più forti e li faceva sentire i migliori. Poteva arrivare tardi a un allenamento, ma ha sempre giocato, infortunato o malato. È stato condizionato dalla dipendenza, ma mai dalla mancanza di motivazione. Se l’è presa con i forti, mai con i deboli: con il presidente degli Usa, della Fifa, della Afa (Federcalcio argentina), con Matarrese. Lui diceva cose che tanti di noi avrebbero voluto dire. Noi le abbiamo pensate, ma abbiamo misurato le conseguenze. Lui non misurava, agiva. È stato tradito dal suo amico d’infanzia e dal manager fidato, ma lui ha continuato a credere nelle persone. È stato un capopopolo, sia a Napoli che in Argentina. La sua gente lo amava, perché sentiva di essere amata dal più grande. Si sentiva capita, non giudicata."

Il Maestro Velasco su Maradona.

Chapeau.

 

E grazie @fogueres dei tuoi sempre preziosi contributi

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Il 11/12/2020 Alle 08:36, ostinato ha scritto:

Stuzzicato dai "ragionamenti" di Kiwi sul topic di Cristiano Ronaldo e Messi, ho deciso di scrivere qui i miei personali motivi del perché reputo Maradona il più grande di sempre... Spero che altri lo facciano. Sarebbe bello...

 

L'episodio raccontato poco sopra dall'avvocato Ferrante è uno dei mille che racconta la gente per parlare del Maradona uomo e del suo amore per il calcio. Mi viene in mente il suo discorso alla Bombonera e soprattutto il suo: "il pallone non si sporca!". 

Questo suo rapporto con il calcio traspariva dal suo modo di vivere la partita e dal suo approccio ai compagni e agli avversari e ne faceva un giocatore al di fuori degli schemi. Vedevi lui e ti sembrava di essere al campetto con gli amici...

 

C'è poi il discorso del talento. 

C'è un racconto abbastanza noto del suo primo allenatore, Francisco Cornejo, che vorrei riportare qui...

“Voi sapete cosa fanno tutti i calciatori quando una palla arriva dall’alto ma non abbastanza alta per stopparla di petto: ne arrestano la caduta col piede, la lasciano cadere e subito dopo la calciano o la appoggiano a un compagno. Ma quel pibe, e dico pibe perché non sapevo ancora il suo nome né glielo avevo chiesto, fece un’altra cosa: domò la palla in aria col sinistro e, senza lasciarla cadere, con lo stesso piede già in aria la ritoccò per fare un pallonetto a un difensore, che rimase lì come una statua. E poi il pibe corse, come una freccia, verso la porta avversaria. Rimasi a bocca aperta. Era incredibile, mai avevo visto fare una cosa del genere. Neanche ai calciatori più dotati. La prima cosa che mi venne in mente fu che quel bimbo mi aveva mentito sull’età. Ma quali 8 anni, non è un bimbo, è un nano... Però mi resi conto di aver pensato una stupidaggine. La sua età non aveva niente a che vedere con quell’azione, era una giocata senza età, una giocata impossibile. Un calciatore, anche molto abile, potrebbe passare la vita riprovandola senza che gli riesca una sola volta. E quello l’aveva fatta come se fosse stata la cosa più facile al mondo. Fu allora che capii che quel pibe era diverso dagli altri, molto diverso da tutti gli altri. Così, con quella giocata, scoprii Diego Armando Maradona” 

 

A pensarci bene noi oggi abbiamo un'intervista di questo bambino che dice di sognare di vincere il mondiale. E l'abbiamo, perché era già un bambino fuori dal normale. Immaginate un giornalista argentino che a fine anni '60 va in giro per la periferia di Buenos Aires alla ricerca di un bambino di una famiglia poverissima, per intervistarlo. Pensate quali racconti dovrà aver sentito su quel bambino per essere spinto a fare una cosa del genere. 

 

C'è poi la questione del suo aspetto fisico. Tu lo guardi giocare e non capisci come faccia a resistere ad avversari più grossi e potenti di lui. È vero il baricentro basso. È vero la forza dei tricipiti e quadricipiti. Ma in ogni caso, c'è qualcosa che sfugge alla razionalità e ti lascia lì incantato a vedere cotanta bellezza.

 

Ci sarebbe da scrivere molto altro ancora ma per adesso mi fermo qui

Stupenda 

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16 minuti fa, chetestraceki ha scritto:

Chapeau.

 

E grazie @fogueres dei tuoi sempre preziosi contributi

Grazie a Velasco che con la sua immensa saggezza ha sintetizzato Maradona.

Oggi c’era una bella intervista a Zola su Maradona.

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Zola “Diego mi ha regalato
le punizioni e il numero 10
Perderlo è stata una sassata”

 

Un lutto duro, spiazzante, imprevisto. «Quasi come una sassata alle spalle». Gianfranco Zola e la scomparsa di Diego Armando Maradona. Pagine in bianco e nero, emozioni a colori. Indelebili. Trascorsi 39 giorni dalla morte del Pibe de oro, “Magic box” ritrova forza e pensieri per riannodare i fili. «Diego è stato un fratello maggiore. Con me, ragazzino debuttante in A tra tanti campioni, è stato molto disponibile. Mi ha insegnato tanto e non lo scorderò mai». Pausa. Zola è in Sardegna, lockdown a Puntaldia. Natale in famiglia, il brindisi con la moglie Franca e i figli Andrea, Martina e Samuele. Un salto a Oliena per un saluto all’anziana madre Giovanna, quindi a Loculi, paesino dei suoceri tra Baronia e Barbagia. Per il resto, clausura intelligente: «Se vogliamo uscirne dobbiamo essere responsabili. Con il Covid non si scherza». Ad allentare la tensione, le sfide a tennistavolo con i figli, studi su marketing e calcio, golf, tennis e Premier in tv. Maradona è e rimarrà un tasto dolente.
L’ex di Parma, Chelsea e Cagliari per la scomparsa di Dieguito ha scelto il silenzio.
Per Repubblica rievoca i flash degli anni al Napoli — 136 presenze, 36 reti, uno scudetto e una Supercoppa — con al fianco il Dieci dei dieci. «Con Ciro e Antonio (Ferrara e Careca, ndr) ci siamo sentiti. Uno strazio. Abbiamo ricordato partite, ritiri, tifosi, risate, vittorie e le poche sconfitte: Diego è stato un grande, è sbagliato dipingerlo sbrigativamente. Chi ha avuto la fortuna di giocarci assieme ha avuto solo cose buone». Il Baronetto della Regina accelera. «Arrivavo dalla provincia al calcio che conta. La mia più grande fortuna è stata quella di trovare calciatori di grande spessore e avere lo spirito giusto per apprendere». Altra pausa. «La scomparsa di Diego è stata un colpo molto forte. Sapevo di uno stile di vita al di sopra delle righe, ma mai avrei pensato che potesse morire. Mi ha colto impreparato, è come se fosse scomparso uno di casa. Siamo stati in gruppo al suo matrimonio in Argentina, l’abbiamo commentato come fosse stata la cerimonia di un parente strettissimo».
Quand’è che vi siete visti dopo Napoli?
«In campo per beneficenza, a Roma e a Manchester, una charity con Robbie Williams. Anche allora mi ha sfidato sulle punizioni: “Sei migliorato, ma hai ancora da lavorare” mi disse. Ci siamo ritrovati alla festa per l’addio al calcio di Ciro al San Paolo. Non stava benissimo. Poi, l’ho sentito quando era a Dubai».
Qual è il ricordo più intenso?
«Era un numero uno. Ho avuto al
fianco un genio che non ha mai fatto pesare l’immensità tecnica, la gestione della gara, l’intuito
. Penso all’estro di Gascoigne o Best: monumentali per visione, gesti e qualità, fragili e perduti fuori dal campo. Maradona rimane un gigante, estremamente vitale per la mia carriera: se non lo avessi incontrato sarei rimasto un buon calciatore. Ha esaltato le mie abilità potenziali. Conserverò la sua immagine in campo e da persona che andava oltre i limiti. Senza far mai male a nessuno se non a sé stesso».
Gli anni sotto il Vesuvio. Quali sono le foto migliori?
«I barbecue da Careca. Abitavamo dalle parti di via Posillipo, Antonio ordinava la carne in Brasile e noi, con mogli e figli, non mancavamo. Ricordo Diego con Claudia: i valori verso la famiglia, l’Argentina degli ultimi e il Boca, erano molto solidi».
Passiamo dal campo. Cosa gli ha rubato?
«Dopo gli allenamenti, mettevamo le barriere per le punizioni: per lui, distanza e potenza da dare alla palla, erano dettagli. Mi spiegò come calibrare la traiettoria. Mi faceva calciare in porta mille volte dall’altezza della bandierina, quattro metri oltre la linea di fondo».
Qual è la giocata da fantascienza?
«Il gol a Giuliani del Verona, da 50 metri con un pallonetto. In seguito, Giuliani venne a Napoli. In partitella Diego, da metà campo e spalle alla porta, ricevette la palla e al volo lo rifece. Applaudimmo a lungo, replicare una rete simile pareva impossibile».
Ma com’è andato il passaggio della maglia 10?
«Giocavamo a Pisa. In pullman Diego mi prese in giro: “Gianfranco, domanimettola9etula10.Manon illuderti, lo faccio solo perché voglio onorare Antonio”. Careca era out e lui rise a lungo, vedendo la mia faccia basita. Ma è anche vero che a Ferlaino disse che per sostituirlo non dovevano comprare nessuno perché c’ero io».
Gianfranco, che idea si è fatto della sua morte?
«Ho visto e sentito di situazioni degradate. Preferisco non approfondire. Mi tengo l’esempio avuto in campo, la voce, l’umiltà, la forza e le sensazioni che mi ha dato».
Un anno senza pietà con i campioni, si è preso anche Paolo Rossi.
«Per la mia generazione è stato un’icona, come Antognoni e Bruno Conti. Poi, abbiamo lavorato assieme a Sky, persona deliziosa».
Cagliari-Napoli, come la vede?
«Importante e incerta per due squadre che non vivono un buon momento. Il Cagliari deve fare la partita e stare attento. Il Napoli è avvantaggiato perché ha la difesa migliore della A e riparte bene».
I rossoblù perdono Rog e ritrovano Nainggolan. Sensazioni? «Per Rog mi spiace tanto, è un’assenza pesante di un grande giocatore, completo per le due fasi. Radja l’anno scorso è stato determinante, riaverlo in gruppo è una bella notizia».
Di Francesco e Gattuso, qual è la pagella?
«Stimo Eusebio, ha ottime idee. Anche se i numeri non sono buoni, bisogna avere fiducia. Gennaro è uno dei migliori tecnici italiani. Senza fronzoli, ha fatto bene ovunque ha lavorato».
Nel 2020, anno del Covid e del centenario del Cagliari, si va dalla squadra di Maran sesta in classifica a penultima per punti fatti. Cos’è successo?
«Erano in salute, solidi, elogiati per il gioco. Dal di fuori non si può capire». 

 

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58 minuti fa, fogueres ha scritto:

Grazie a Velasco che con la sua immensa saggezza ha sintetizzato Maradona.

Oggi c’era una bella intervista a Zola su Maradona.

Si, grande Velasco. 

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1988: partita d’addio al calcio di Michel Platini 

«Giocai quella partita in squadra con Maradona, nella selezione mondiale di Platini, contro la Francia. Era la prima volta che io e Maradona passavamo davvero del tempo insieme, per due giorni interi, legammo molto… A pranzo, prima della partita, Maradona mi fa: “Ho dimenticato le scarpe”. Io avevo un contratto con Puma, e in nazionale ho sempre dovuto giocare con le Adidas. E poiché stavo già andando al campo di allenamento, avevo con me anche le scarpe Adidas. Allora dico: “Diego, che numero di scarpe hai?” Dice “6½”. O “7”, non ricordo esattamente. Dico: “Senti, lo so che hai anche tu un contratto con Puma. Ma ho un paio di Adidas con me. Eccole”. Io tanto non le avrei indossate. Ma questo non ha infastidito Maradona. Dopo la partita, mi ha restituito le scarpe. Ma… le aveva allacciate in modo diverso! Non le allacciava in diagonale, ma in diagonale saltando un buco, poi ancora in diagonale, saltando un altro buco… Ho pensato tra me: se Maradona può giocare con un pizzo del genere, allora posso farlo anche io. E le ho lasciate allacciate così»

«Sì. Le ho usate solo in nazionale e mai in allenamento, o in nessuna partita di Bundesliga o in nessuna partita di Coppa dei Campioni, per questo durarono più a lungo. La scarpa era ormai un po’ strappata. Ho giocato spesso con i buchi nelle scarpe, una cosa del genere è difficile da immaginare oggi. Ma al 35° minuto della finale, la suola della scarpa si rompe, cede. All’intervallo ho dovuto cambiare scarpe, anche il modello. Misi un modello che non conoscevo. Ecco perché non ho tirato io il rigore, in finale, ma Andi Brehme».

«L’allacciatura di Maradona era più sciolta sul collo del piede. Era più comoda da indossare… ho ancora la scarpa a casa. E ho anche due maglie della Coppa del Mondo di Maradona».

«Non voglio dire che eravamo amici. Ma eravamo davvero buoni amici di calcio. Ogni volta che ci vedevamo o giocavamo l’uno contro l’altro, ci abbracciavamo, non importa quanto fosse lontana la strada da fare. C’era un grande rispetto reciproco. Abbiamo… avevamo la stessa età. Ha vissuto come voleva e penso che gli sia piaciuto molto. Aveva bisogno di amore. Ma l’ha ricevuto anche da molte persone che hanno approfittato della sua debolezza. Ciò che mi ha reso davvero triste è stata la Coppa del Mondo 2018, quando faceva ginnastica in tribuna ed era chiaramente fuori di testa. Sono rimasto deluso dal fatto che lo consentissero. Ero proprio arrabbiato! Mi sono chiesto: perché nessuno si prende cura di lui? Mi ha fatto male. Non era il Diego che conoscevo».

«Uno dei giocatori più veloci al mondo. Più veloce di Lionel Messi – e più esplosivo, direi, ma altrettanto forte nel dribbling. Spesso la palla è il più grande nemico di un calciatore. Maradona ha sempre obbedito alla palla. Ha dato tanto al calcio. Negli anni ’80 non ce n’era uno migliore di lui. Ronaldo e Messi sono su un livello simile. Ma né Messi né Ronaldo sono mai diventati campioni del mondo. E fa una gran differenza per me».

Nel 2000 ci fu la partita d’addio di Matthäus allo Stadio Olimpico di Monaco. Forse quella partita salvò la vita a Maradona che era solo a Cuba, in una terribile crisi personale. L’invito lo salvò da se stesso.

«Se solo sapessi quanto è stato difficile raggiungerlo! Si era chiuso ed era circondato dalle persone sbagliate. Per farlo venire facemmo muovere decine di persone, famiglia, amici, voli in business class… Ma per me era importante solo averlo con me. Una partita d’addio senza Maradona, era impensabile. Lui si divertì come un pazzo. Gli applausi, l’atmosfera, il rispetto degli avversari, dei compagni di squadra che gli davano la palla… Praticamente non poteva camminare per quanto era sovrappeso. Ma quanto amore, quanto divertimento! È stato tutto sensazionale. Sono sempre felice per gli altri quando stanno bene. E Diego si sentì di nuovo bene in quel momento».

Infine Lothar ricorda le feste di Diego:

«Siviglia, 1991. Maradona si era trasferito lì e la sua prima partita (dopo la squalifica per doping) fu un’amichevole contro il Bayern. All’una o mezza di notte Maradona disse: Vieni con me! Gli chiesi se potevo portare Raimond Aumann e Jan Wouters con me. Volevano festeggiare, e sì, eravamo in tre. Quella era festa pura! Quella era una festa “vera”! Dalle cinque del mattino Maradona ha ballato sul tavolo a petto nudo. Un pazzo! C’era la sua Claudia ed era davvero felice di poter giocare di nuovo a calcio. E’ andato avanti fino alle sette del mattino, dovevamo essere all’aeroporto per le nove. Aumann aveva chiesto a Maradona la sua maglia: alle sette e un quarto la maglia di Diego era davanti alla camera d’albergo di Aumann».

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4 ore fa, fogueres ha scritto:

1988: partita d’addio al calcio di Michel Platini 

«Giocai quella partita in squadra con Maradona, nella selezione mondiale di Platini, contro la Francia. Era la prima volta che io e Maradona passavamo davvero del tempo insieme, per due giorni interi, legammo molto… A pranzo, prima della partita, Maradona mi fa: “Ho dimenticato le scarpe”. Io avevo un contratto con Puma, e in nazionale ho sempre dovuto giocare con le Adidas. E poiché stavo già andando al campo di allenamento, avevo con me anche le scarpe Adidas. Allora dico: “Diego, che numero di scarpe hai?” Dice “6½”. O “7”, non ricordo esattamente. Dico: “Senti, lo so che hai anche tu un contratto con Puma. Ma ho un paio di Adidas con me. Eccole”. Io tanto non le avrei indossate. Ma questo non ha infastidito Maradona. Dopo la partita, mi ha restituito le scarpe. Ma… le aveva allacciate in modo diverso! Non le allacciava in diagonale, ma in diagonale saltando un buco, poi ancora in diagonale, saltando un altro buco… Ho pensato tra me: se Maradona può giocare con un pizzo del genere, allora posso farlo anche io. E le ho lasciate allacciate così»

«Sì. Le ho usate solo in nazionale e mai in allenamento, o in nessuna partita di Bundesliga o in nessuna partita di Coppa dei Campioni, per questo durarono più a lungo. La scarpa era ormai un po’ strappata. Ho giocato spesso con i buchi nelle scarpe, una cosa del genere è difficile da immaginare oggi. Ma al 35° minuto della finale, la suola della scarpa si rompe, cede. All’intervallo ho dovuto cambiare scarpe, anche il modello. Misi un modello che non conoscevo. Ecco perché non ho tirato io il rigore, in finale, ma Andi Brehme».

«L’allacciatura di Maradona era più sciolta sul collo del piede. Era più comoda da indossare… ho ancora la scarpa a casa. E ho anche due maglie della Coppa del Mondo di Maradona».

«Non voglio dire che eravamo amici. Ma eravamo davvero buoni amici di calcio. Ogni volta che ci vedevamo o giocavamo l’uno contro l’altro, ci abbracciavamo, non importa quanto fosse lontana la strada da fare. C’era un grande rispetto reciproco. Abbiamo… avevamo la stessa età. Ha vissuto come voleva e penso che gli sia piaciuto molto. Aveva bisogno di amore. Ma l’ha ricevuto anche da molte persone che hanno approfittato della sua debolezza. Ciò che mi ha reso davvero triste è stata la Coppa del Mondo 2018, quando faceva ginnastica in tribuna ed era chiaramente fuori di testa. Sono rimasto deluso dal fatto che lo consentissero. Ero proprio arrabbiato! Mi sono chiesto: perché nessuno si prende cura di lui? Mi ha fatto male. Non era il Diego che conoscevo».

«Uno dei giocatori più veloci al mondo. Più veloce di Lionel Messi – e più esplosivo, direi, ma altrettanto forte nel dribbling. Spesso la palla è il più grande nemico di un calciatore. Maradona ha sempre obbedito alla palla. Ha dato tanto al calcio. Negli anni ’80 non ce n’era uno migliore di lui. Ronaldo e Messi sono su un livello simile. Ma né Messi né Ronaldo sono mai diventati campioni del mondo. E fa una gran differenza per me».

Nel 2000 ci fu la partita d’addio di Matthäus allo Stadio Olimpico di Monaco. Forse quella partita salvò la vita a Maradona che era solo a Cuba, in una terribile crisi personale. L’invito lo salvò da se stesso.

«Se solo sapessi quanto è stato difficile raggiungerlo! Si era chiuso ed era circondato dalle persone sbagliate. Per farlo venire facemmo muovere decine di persone, famiglia, amici, voli in business class… Ma per me era importante solo averlo con me. Una partita d’addio senza Maradona, era impensabile. Lui si divertì come un pazzo. Gli applausi, l’atmosfera, il rispetto degli avversari, dei compagni di squadra che gli davano la palla… Praticamente non poteva camminare per quanto era sovrappeso. Ma quanto amore, quanto divertimento! È stato tutto sensazionale. Sono sempre felice per gli altri quando stanno bene. E Diego si sentì di nuovo bene in quel momento».

Infine Lothar ricorda le feste di Diego:

«Siviglia, 1991. Maradona si era trasferito lì e la sua prima partita (dopo la squalifica per doping) fu un’amichevole contro il Bayern. All’una o mezza di notte Maradona disse: Vieni con me! Gli chiesi se potevo portare Raimond Aumann e Jan Wouters con me. Volevano festeggiare, e sì, eravamo in tre. Quella era festa pura! Quella era una festa “vera”! Dalle cinque del mattino Maradona ha ballato sul tavolo a petto nudo. Un pazzo! C’era la sua Claudia ed era davvero felice di poter giocare di nuovo a calcio. E’ andato avanti fino alle sette del mattino, dovevamo essere all’aeroporto per le nove. Aumann aveva chiesto a Maradona la sua maglia: alle sette e un quarto la maglia di Diego era davanti alla camera d’albergo di Aumann».

Bellissimo! Dovrebbero farci un libro con tutte queste storie fantastiche!

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10 ore fa, chetestraceki ha scritto:

Bellissimo! Dovrebbero farci un libro con tutte queste storie fantastiche!

Anche secondo me. Gli aneddoti dei giocatori sono quelli che ti fanno un quadro più ampio di chi sono questi tizi che corrono in pantaloncini in tv. 😉

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52 minuti fa, fogueres ha scritto:

Anche secondo me. Gli aneddoti dei giocatori sono quelli che ti fanno un quadro più ampio di chi sono questi tizi che corrono in pantaloncini in tv. 😉

Beh, più che altro tutti quelli intorno a Maradona sono bellissimi! Nel bene o nel male! Ma veri! 

Ad ascoltare questi racconti capisco ancora di più come sia impossibile oggi avere un giocatore come Maradona...non lo farebbero giocare o giocherebbe in qualche squadra marginale, nemmeno Europea forse, magari smettendo prematuramente perché più motivato a partecipare alle feste e a vivere la sua vita fuori dal campo piuttosto che essere comprimario in qualche torneo o squadra marginale....

 

E poi sai che palle, troppi sponsor, troppi interessi, amichevoli in Cina o in Giappone, oggi non sarebbero liberi di rappresentare niente di diverso dall'immenso giro di soldi che rappresentano....

 

Infine, giocare in una squadra non "top" ti condannerebbe a vita fuori dal grande calcio e da grandi vittorie....un tempo era diverso

Modificato da chetestraceki
  • Grazie 1

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11 minuti fa, chetestraceki ha scritto:

Beh, più che altro tutti quelli intorno a Maradona sono bellissimi! Nel bene o nel male! Ma veri! 

Ad ascoltare questi racconti capisco ancora di più come sia impossibile oggi avere un giocatore come Maradona...non lo farebbero giocare o giocherebbe in qualche squadra marginale, nemmeno Europea forse, magari smettendo prematuramente perché più motivato a partecipare alle feste e a vivere la sua vita fuori dal campo piuttosto che essere comprimario in qualche torneo o squadra marginale....

 

E poi sai che palle, troppi sponsor, troppi interessi, amichevoli in Cina o in Giappone, oggi non sarebbero liberi di rappresentare niente di diverso dall'immenso giro di soldi che rappresentano....

 

Infine, giocare in una squadra non "top" ti condannerebbe a vita fuori dal grande calcio e da grandi vittorie....un tempo era diverso

perfetto, nient'altro da aggiungere. senza voler offendere i cristiani, è un po' quello che succederebbe a gesù cristo, morto sotto le bombe, rinchiuso in un campo profughi o bene che vada ospite fisso nei talk show... ma osannato nella sua figura di 2000 anni fa.

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1 minuto fa, BuFERA ha scritto:

perfetto, nient'altro da aggiungere. senza voler offendere i cristiani, è un po' quello che succederebbe a gesù cristo, morto sotto le bombe, rinchiuso in un campo profughi o bene che vada ospite fisso nei talk show... ma osannato nella sua figura di 2000 anni fa.

 

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Che emozione per i nostri ragazzini scendere in campo al Maradona stadium, stasera in Coppa Italia! E quasi quasi costringiamo il Napoli ai supplementari, nonostante la Asl del capoluogo campano abbia impedito a Mancuso Zurkowski pirrello e mister Dionisi di essere della partita.  Finisce 3-2.

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′′Un giorno andammo a vedere la Germania e i suoi giocatori ci sembravano supereroi. 
Il calcio europeo ci intimidiva per la sua velocità e la sua forza fisica, e la Germania ne era l'esempio.
Nessuno diceva nulla, ma guardavamo quello spettacolo fisico con un certo complesso di inferiorità. 
Menotti però era calmo e se il leader è tranquillo... 
All'improvviso uno dei giocatori più audaci e dall'aspetto più fragile, di origine più povera, ruppe il silenzio dicendo sbuffando: 
'Cesar, i tedeschi sono fortissimi '.
′Forti ', rispose Menotti. 
Non dire sciocchezze. 
Se uno di questi biondi lo portiamo nella casa in cui sei cresciuto, non resisterebbe 3 giorni. Forti siete voi che siete sopravvissuti a tutta questa povertà e giocate a calcio diecimila volte meglio di questi ragazzi."

Jorge Valdano.

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