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Todi Rossoverde

Carbone prolunga fino al 2018

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Me state a dì che potremmo passa da uno "lampadato"....a uno co le "rosciole"???....ma le persone semplici e lineari non ve piaciono proprio?? :lol:

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Comunque questa mossa di Longarini rasenta il genio: dimostra la grande attenzione che ha per Terni e per la tifoseria, e quanto la Ternana sia il suo trenino elettrico per giocare. Legge che vorremmo l'allenatore fuori? E lui proprio per questo gli rinnova il contratto, anche contro la sua stessa usanza di fare contratti annuali. Il trenino è mio e lo uso come mi pare. Tanto poi con quattro chiacchiere vi infinocchio quando voglio.

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Da osservatore esterno che tifa Avellino, credo che gli sia stato spalmato l'ingaggio attuale su 3 stagioni. Facendo leva sulla classifica e sulla voglia di Carbone di continuare a provarci in B è l'unica cosa plausibile. Credo sia stato "costretto" (il rinnovo a queste condizioni o l'esonero immediato?) a firmare un nuovo contratto che renda il bilancio meno gravoso in caso di esonero. Paradossalmente, dovesse essere così, la reputo una mossa coi controcazzi.

Ma che vojono spalma' che stà già a contratto minimo? :D

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:lol:

come tutte le espressioni dialettali, onomatopeiche o di qualche strano slang sono difficili da spiegare e racchiudono più significati.

hanno una semantica complessa...ma comunque la risposta di furious può aiutarti a capire! :D

 

 

 

lost in translation :D

Modificato da Razzotico

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Comunque questa mossa di Longarini rasenta il genio: dimostra la grande attenzione che ha per Terni e per la tifoseria, e quanto la Ternana sia il suo trenino elettrico per giocare. Legge che vorremmo l'allenatore fuori? E lui proprio per questo gli rinnova il contratto, anche contro la sua stessa usanza di fare contratti annuali. Il trenino è mio e lo uso come mi pare. Tanto poi con quattro chiacchiere vi infinocchio quando voglio.

Me ricorda la pora mi madre quando me serviva la pasta, dicevo basta e continuava a mette giù, alla fine glie dicevo ancora ma'!!! Potremmo usà la stessa tattica, se fa il contrario de quello che volemo noi, dovemo scrive l'esatto opposto!!!

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METTETEVE PURE COMODI, E FATEVE DU' RISATE....L'UNICA E' PRENDERSI PER IL CULO TUTTI, PARTENDO DAGLI ALLENAMENTI....AUSPICO UNA TIFOSERIA COMPATTA NEL PRENDERSELI PER IL CULO TUTTO L'ANNO....ESATTAMENTE COME FANNO LORO CON NOI....

 

AL DERBY DISERZIONE DI MASSA.

  • Voto Negativo 1

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comunque, dovrebbe risponderti lu stronculino...non potrei mai permettermi!

per rimanere in tema, è come se non permettessi a paola borboni di parlare di pappagalli o di spogliarsi a teatro!

Se ciao ci vuole un topic a parte ...

PS quando è nato io c'ero !!!

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Comunque questa mossa di Longarini rasenta il genio: dimostra la grande attenzione che ha per Terni e per la tifoseria, e quanto la Ternana sia il suo trenino elettrico per giocare. Legge che vorremmo l'allenatore fuori? E lui proprio per questo gli rinnova il contratto, anche contro la sua stessa usanza di fare contratti annuali. Il trenino è mio e lo uso come mi pare. Tanto poi con quattro chiacchiere vi infinocchio quando voglio.

Secondo me (e sono sicuro) hanno deciso la conferma quando hanno letto che i tifosi volevano l'esonero, hanno deciso il rinnovo quando hanno letto che il topic l'ha aperto Cesenti :D

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METTETEVE PURE COMODI, E FATEVE DU' RISATE....L'UNICA E' PRENDERSI PER IL CULO TUTTI, PARTENDO DAGLI ALLENAMENTI....AUSPICO UNA TIFOSERIA COMPATTA NEL PRENDERSELI PER IL CULO TUTTO L'ANNO....ESATTAMENTE COME FANNO LORO CON NOI....

 

AL DERBY DISERZIONE DI MASSA.

concordo...solo ridere di loro. E concordo anche sulla diserzione totale al derby. Se lo godano tutto da soli.

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Secondo me (e sono sicuro) hanno deciso la conferma quando hanno letto che i tifosi volevano l'esonero, hanno deciso il rinnovo quando hanno letto che il topic l'ha aperto Cesenti :D

Ti piace vincere facile.....

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

Modificato da pietro

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No amico Fourius: Questo non si augura a nessuno. Nemmeno al peggior nemico. Stiamo sempre parlando di pallone.

questo lo dici tu Kiwi, La differenza che non vuoi capire e' che per un Ternano la Ternana non e' solo pallone, anzi non lo era.

Non voglio offenderti scherzando sulle tue credenze ma se il tuo Dio si dice abbia fatto svariate stragi, io non posso manco augurarmi che il mio carnefice crepi nel peggiore dei modi?

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

Uno che scrive un post lungo così alle 4 de la mattina te pare uno da paraculasse? Io te compatisco

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

Direi che non fa una piega, razionalmente parlando.

Solo che, ahimè, al cór non si comanda.

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Uno che scrive un post lungo così alle 4 de la mattina te pare uno da paraculasse? Io te compatisco

però sei arrivato alle paraculate, quindi vedo con piacere che l'hai letto fino in fondo. Chissà che fatica devi aver fatto...sicuramente più di quella che ho fatto io a scriverlo. Devi essere premiato per la buona volontà, te ce sei svegliato all'alba, si vede che hai voglia di crescere, di imparare, bravo!

Modificato da pietro

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questi so malati in testa, hanno dei complessi d'inferiorità che se l'armagnano. cercare di trovare la normalità in queste azioni fa quasi tenerezza.

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

Analisi originale e condivisibile.

 

P.S. il tuo comtributo al forum sarebbe molto più apprezzati se non continuassi a scoccià continuamente i cojoni con Breda (contestato o celebrato fin quando era allenatore delle Fere, a seconda della sensibilità critica di ogni tifoso della propria squadra del cuore e non del tecnico di turno, e del quale a noi ora non frega più un emerito cazzo...prima di lui toccò a Toscano e Tesser poi a Panucci e Carbone)

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

Ce credi che non ce so riuscito a leggere tutto? Un pò di sintesi no? Qualcuno me fa un riassunto, che so pigro?

Modificato da Pessimo

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Ce credi che non ce so riuscito a leggere tutto? Un pò di sintesi no? Qualcuno me fa un riassunto, che so pigro?

Se torna Breda é tutto a posto.

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

:clap::clap::clap::clap:

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concordo...solo ridere di loro. E concordo anche sulla diserzione totale al derby. Se lo godano tutto da soli.

basta, se siamo davvero uno straccio di comunità (come Terni che ricordo da bambino e adolescente), perchè non partire dalla squadra di calcio per rivendicare la nostra città dagli scempi politici, economici, medici, sportivi che stanno facendo a tutti i livelli???

 

Se siamo davvero comunità si dovrebbe ripartire dai circoli, dai bar, rifondare piccoli clubs, riaggregarsi. Formare una squadra amatoriale e seguirla, senza combinare guai, ma per la gioia solo di tifare, stare insieme e non rispettare regole ridicole (vedi giocatori che non possono andare sotto la curva) o distanze abissale con proprietà, calciatori etc.

 

Oppure, in gruppo, andare ad allenamenti e stadio tifare per noi e prendersi per il culo giocatori (per lo più regazzini ai quali della maglia non frega nulla) e allenatore (l'utile idiota di turno a uso e consumo delle banche e della pseudo-proprietà, dico pseudo-proprietà perchè è evidente che i pochi soldi li cacciano le banche e non sta famiglia di pidocchi rifatti, che tra l'altro c'hanno meno soldi de quelli che ce vogliono far credere...)

  • Voto Negativo 1

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Visto che i "padroni" della Ternana hanno compiuto questo ennesimo insensato atto (vedi tema del topic), mi pongo (e vi pongo) una domanda...

... di chi è per davvero una squadra di calcio???

 

Dei tifosi, vien subito da rispondere! Ma che cazzo di domanda è?

 

Già, dei tifosi, però i tifosi sono anche spettatori. E mentre l'essere tifoso è, diciamo così, uno "stato dell'animo", l'essere spettatore è un qualcosa di molto più tangibile, è un fatto "di tasca". E il calcio si alimenta con il danaro. Lo spettatore, in realtà, è proprietario solo dello spettacolo che ha comprato (attraverso il biglietto allo stadio o l'abbonamento a Sky o il giornale sportivo acquistato in edicola, ecc...). Se gli è piaciuto (lo spettacolo), bene, altrimenti non ci torna più. Certo, lo spettatore, in quanto tifoso, è "proprietario" anche di una "fede" o, come spesso si usa dire in gergo, della "maglia" o dei "colori" di una tradizione calcistica storicamente appartenuta a una città. Ora però, su questo punto, varrebbe la pena riflettere un attimo. Già l'avvento del professionismo aveva di molto indebolito il concetto di "appartenenza" perché quando si incontravano la Roma con il Milan in campo non c'erano più 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Roma che si battevano contro 11 giovanotti nati e/o pasciuti a Milano. Se così fosse stato la tifoseria vittoriosa avrebbe potuto ben vantarsi della superiorità tecnica/agonistica della propria comunità di appartenenza. Insomma, aldilà del compiacimento per la guerra vinta contro Albalonga, i Romani goderono molto di più quando vinsero contro i Curiazi che quando la Roma o la Lazio hanno vinto i rispettivi scudetti (co molti giocatori che manco erano romani de Roma, 'tacci loro...). Tra l'altro fino agli anni '70 alcuni giocatori "simbolo" delle più importanti squadre o provenivano dalla città per la quale giocavano (si pensi a un Sandro Mazzola o a un Bruno Conti) o comunque ci restavano per tutta la carriera (vedi un Rivera o un Riva): questo facilitava l'insorgere del senso di appartenenza dei tifosi verso la squadra della propria città. Poi, a partire dagli anni '80, il mercato dei calciatori è diventato molto più frenetico e molto più aperto anche agli stranieri e la funzione aggregante delle c.d. "bandiere" è venuta un po' meno. Ciònonostante, ancora per molto, il calcio ha continuato a crescere in maniera esponenziale al punto da divenire non solo "sport nazionale" ma addirittura fenomeno economico di proporzioni inimmaginabili. In Italia da sempre è stato possibile da fascista diventà comunista, dal '75 addirittura da sposato tornà scapolo, negli ultimi anni pure da omo diventà donna...e guai se qualcuno obietta qualcosa. Ma se da Laziale diventi Romanista te pijano pe matto (e te va pure bene se non prendi nà coltellata)! Ve pare normale? Vabbè, tornando a parlare seriamente, il boom del calcio segnò, come in tutte le cose, l'inizio della parabola discendente (fine non ancora giunta ma, a mio giudizio, ineluttabile e non lontana). Già, perché dopo gli scandali delle scommesse degli anni '80 (peraltro mai passati di moda) si sono aggiunti gli scandali societari. Le società calcistiche, a dispetto della loro effimera e strumentale "anima colorata" o "maglia" (verso la quale tutti gli attori del Circo rivendicano in pubblico sempre incondizionato attaccamento...fintanto non gliene arrivi un'altra dai colori più "attraenti"...), sono banalmente e brutalmente divenute solo e soltanto quel che peraltro già erano nella loro forma giuridica: "società", ovvero enti a scopo di lucro. E' venuto in tal modo meno anche l'ultimo elemento in grado di far sopravvivere quel senso di appartenenza in migliaia e migliaia di spettatori (rectius: tifosi): le radici della proprietà! Cazzo: almeno quello! Per fare un esempio: essendo di Milano, mi è facile sentire "mio" il Milan (anche se in realtà so che è di Berlusconi...) fintanto che resta per davvero del Cavaliere, noto personaggio milanese, nato, pasciuto (e pure arricchitosi...) proprio a Milano (per carità, poi ci sono anche i milanisti di Palermo ma anche loro si sentono, per ciò stesso, legati in qualche modo alla città di Milano). Stesso discorso può farsi per Agnelli, Moratti e per tanti altri Presidenti/Padroni da sempre legati indissolubilmente alla loro città e, quindi, alla squadra di calcio che la rappresenta. Ma se il Milan lo comprano i cinesi, il mio senso di appartenenza prima o poi scemerà, anche se, per ipotesi, i cinesi non dovessero compiere a Milano lo scempio che i marchigiani stanno perpetrando a Terni . Dobbiamo rassegnarci al fatto che le società di calcio sono soltanto delle imprese, che possono essere usate per scopi leciti (auspicabile) o illeciti (detestabile) ma comunque ormai sempre e solo nell'interesse esclusivo dell'imprenditore e dei suoi accoliti (da ovunque costoro provengano). E tra gli scopi illeciti il più detestabile è proprio quello della "lavatrice", perché chi vuole semplicemente "lavare", può farlo oggi in rossoverde, domani in bianco azzurro, dopodomani in rossonero...l'importante è che la lavatrice funzioni. In ogni caso, con 11 giocatori in campo, metà provenienti dall'estero, l'altra metà da regioni italiane ma diverse, idem dicasi per allenatore e staff tecnico, con una proprietà che viene anch'essa da fuori (ormai anche da altri mondi) e che non ha alcun rapporto con la città di cui pure ha comprato la squadra, mi dite quale cazzo di senso di appartenenza può ancora autenticamente sopravvivere nel cuore del povero spettatore-tifoso? A me, sinceramente, l'ostentato attaccamento a una maglia (stavolta dico da parte del tifoso) inizia a sembrare una forzatura. Se poi pensiamo che la proprietà, se solo le risultasse conveniente economicamente, potrebbe addirittura cambiare i colori di una squadra e la sua stessa denominazione, allora chiediamoci: cosa ne resta ancora di questa "fede"? Fedeltà va bene ma...a chi? A dei trascorsi sportivi che non hanno più alcun legame con la realtà di oggi? Francamente mi pare un po' poco.

 

Sia chiaro, i fatti di cui sopra sono ovviamente arcinoti a tutti ma inducono a una riflessione per molti "blasfema": la fedeltà a una squadra di calcio non rischia di diventare un mero feticcio?

 

In ogni caso, tornando a noi, viene da pensare che in situazioni limite come quella che si sta creando a Terni, le alternative siano solo 2:

 

1) abbandonare definitivamente lo "spettacolo" (soluzione difficile da attuare se nell'animo persiste irrazionalmente la "fede", però almeno si arreca un danno alla proprietà: stadio vuoto, introiti tv e pubblicitari azzerati, e via dicendo. Almeno una soddisfazione tutt'altro che irrazionale.)

 

2) aggregarsi tra tifosi di un'entità che purtroppo non esiste più e dare vita a una nuova società calcistica (questa sì, nuovamente e autenticamente "ternana nell'animo" perché creata e voluta dai ternani) per ripartire dalla promozione (o non so in quale cazzo di serie deve iscriversi una neonata società calcistica). Se po' fa credo, o no? Penso di sì! Ovviamente tra qualche anno questa neonata società, una volta divenuta importante, potrebbe perdere nello stesso modo la sua "ternanità". Ma questo è il gioco...

 

 

Forza adesso, avanti voi con le vostre paraculate!!! Evvivaaa!!! (Basta che non rompete il cazzo per essermi dilungato perché de leggeme non ve l'ha ordinato nessuno)

 

 

 

P.S.:...però se tornasse Robertino Breda...cambierebbe tutto... :P

 

Molto interessante. Specie l'idea della Ternana 2. Ma bisognerebbe essere tutti compatti, comprese le istituzioni. Il che mi sembra praticamente impossibile perché mi sembra che tra loro.....Si amino....

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Molto interessante. Specie l'idea della Ternana 2. Ma bisognerebbe essere tutti compatti, comprese le istituzioni. Il che mi sembra praticamente impossibile perché mi sembra che tra loro.....Si amino....

ma che istituzioni, deve nascere dal basso. AFFANCULO LE ISTITUZIONI. QUELLE RAPPRESENTANO ALTRO, NON NOI.

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ternana due?

 

le """"istituzioni"""" ternane pensano a tutti altri cazzi rispetto alla ternana (ammesso che non ce se guadagni qualcosa come singoli)

 

la città è completamente allo sbando politicamente (e civicamente), senza ne capacità ne voglia de uscirne

 

siamo diventati una massa de amorfi boni solo a cerca' i Pokemon

 

i tifosi "organizzati" (le curve cioè) vanno ognuno secondo una corrente (ma tanto qua entramo nei massimi sistemi)

 

quei 4 cafoni arricchiti locali che c'hanno qualche euro, se non hanno gia spizzicato in modo sostanzioso sul territorio (e immagini tra hic e hoc saranno pochi) non stanno certo a mettese a paga' lo spassarello a noi quattro morti de fame

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