Cari amici,
in un momento in cui la maggior parte delle organizzazioni
per i diritti degli animali sono attive a promuovere,
difendere e premiare i prodotti di origine animale e i
metodi di sfruttamento "umanitari", vi scrivo da parte di
tre individui beneficiari di tale pietà.
Per l'industria, essi sono noti come unità di produzione
numero 6, numero 35 e numero 67.595. Per il consumatore
"compassionevole", essi sono noti come etichette che ti
fanno sentire bene: "Latte biologico", "carne di vitello
rosa", "uova in libertà". Per i difensori del benessere
degli animali, essi sono noti come "alternative umanitarie".
Invece tra loro sono noti come madre, figlio, sorella e
amico. Per loro stessi, essi sono semplicemente ciò che per
te e per me siamo per noi stessi: un mondo auto-consapevole
d’esperienze soggettive, sensazioni, paure, ricordi -
qualcuno con assoluta certezza che la sua vita è degna di
essere vissuta -.
# 6 è madre per la prima volta. E' frenetica. Il suo
cucciolo è assente. Cammina disperatamente su e giù per la
stalla, piangendo e chiamando il suo cucciolo perduto,
temendo il peggio, confermando le sue paure. Lei è una delle
migliaia di femmine indifese nate in un allevamento
biologico verde di produzione di latte. Lei trascorrerà
tutta la sua breve vita soffrendo per la perdita di un
cucciolo dopo l’altro. Sarà munta instancabilmente
attraverso ripetuti cicli di gravidanza e perdite. La sua
unica esperienza della maternità sarà la peggiore perdita
per una madre. Al picco della sua vita, il suo corpo cederà,
il suo spirito si romperà, la sua "produzione" di latte
andrà in declino, e verrà inviata a un orribile massacro,
insieme ad altre madri appena sconfitte, e "usate" come a
lei stessa.
Lei è il volto del latte biologico.
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# 35 è un cucciolo con due giorni di vita, il suo cordone
ombelicale è ancora attaccato, la sua pelle è ancora viscosa
con i fluidi del parto, i suoi occhi vedono sfuocato, le sue
gambe, tremano. Sta piangendo pieno di dolore perché non
trova sua madre. Nessuno risponde. Vivrà tutta la sua breve
vita come un orfano, la sua unica esperienza di amore
materno sarà quella che desidera, la sua unica esperienza di
connessione emotiva, sarà quella di assenza. Presto, la
memoria di sua madre, il suo volto, la sua voce, il suo
odore, andranno persi, ma l'anelito doloroso per il suo
calore sarà ancora lì. A quattro mesi di età, lui e altri
orfani come lui saranno rinchiusi in un camion e trasportati
per la loro uccisione. Mentre verrà trascinato nella stanza
del massacro, sarà ancora alla ricerca di sua madre, avendo
un bisogno disperato della sua presenza protettiva, in
particolare in quello scuro momento in cui sarà terrorizzato
e avendo bisogno di lei più che mai in mezzo alle terribili
visioni, suoni e odori di morte intorno a lui e, nella sua
disperazione, nel suo desiderio di un pizzico di
consolazione e di protezione, lui, come molti vitelli
neonati, provano a succhiare le dita dei loro macellatori.
Lui è il volto del vitello "rosa", stiamo incoraggiando i
"leader responsabili di ristoranti" a utilizzarlo.
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# 67.595 è una delle 80.000 galline in un centro di “uova in
libertà" gestiti da una famiglia. Lei non ha mai visto il
sole né sentito l'erba sotto i piedi, non ha mai incontrato
sua madre. I suoi occhi le bruciano a causa dei fumi di
ammoniaca, il suo corpo è coperto di piume ferite e
abrasioni, le sue ossa sono fragili a causa della costante
produzione di uova, il suo becco tagliato trema di dolore.
E’ esaurita, esausta e sconfitta. Dopo una vita di degrado
sociale, psicologico, emotivo e fisico, lei affronta il
problema beccando obiettivi inesistenti. Ha due anni e la
sua vita è finita. La sua produzione di uova si è ridotta, e
sarà eliminata con il modo più economico possibile -
significa morire in una camera a gas insieme alle altre
80.000 galline della sua comunità. Ciò richiederà tre giorni
lavorativi per completare il compito. Per due lunghi giorni,
dovrà ascoltare i suoni e respirare gli odori delle sue
sorelle mentre vengono uccise nelle camere a gas appena
fuori da dove si trova ora. Il terzo giorno sarà il suo
turno. La prenderanno per le gambe e la porteranno via per
la prima volta nella sua vita e, come ciascuna delle 80.000
galline "usate", come ciascuna delle 50 miliardi di vittime
annuali del nostro appetito, lei lotterà per continuare a
vivere, e non accetterà alcuna spiegazione o giustificazione
per essere derubata della sua unica e patetica vita.
E' il volto delle “uova in libertà", stiamo incoraggiando le
scuole, le ditte e i consumatori a utilizzarle.
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Questi sono i "beneficiari" delle "pratiche umanitarie degli
allevamenti" che noi, i difensori degli animali, stiamo
sviluppando, promuovendo e premiando pubblicamente,
incoraggiando i consumatori "compassionevoli" ad acquistare
i prodotti di cui sappiamo che non sono altro che miseria.
Pratiche "umanitarie" che, se qualsiasi di noi fosse
costretto a sopportare, nessuno le sentirebbe come
"umanitarie".
Noi, attivisti, sappiamo che non esiste nulla di simile ad
un allevamento compassionevole, etico o responsabile in
alcuna scala. Sappiamo che l'unica alternativa umanitaria ed
etica è una vita vegana.
Perché siamo così in pochi e in poche a dire la verità?
Perché stiamo descrivendo prodotti "estensivi" come
"umanitari" quando si sa l'orrore che tali pratiche
infliggono alle loro vittime? Perché stiamo mentendo alla
società, e a noi stessi, sapendo che l’allevamento
"compassionevole" non è altro che un mito, un sistema di
commercializzazione, una etichetta fuorviante? Perché molti
di noi stiamo togliendo la vita ad animali, incoraggiando il
consumo di carne, uova, latte, solo quando il nostro dovere
è di lottare per la loro vita come se fosse la nostra?
Perché stiamo promuovendo la pratica di mangiare animali
quando sappiamo che è brutale, imperdonabile e completamente
inutile? Perché stiamo premiando i consumatori che
richiedono ogni volta più prodotti di origine animale se
vogliamo cercare di eliminare quella situazione? Perché
stiamo rafforzando e ricompensando le ipotesi speciste di
questo mondo, quando il nostro lavoro, il nostro unico
lavoro, come educatori vegan e attivisti, è quello di
mettere in discussione e far cambiare quelle ipotesi
offrendo un nuovo modello di pensiero sugli animali non
umani, un nuovo modello di interagire con loro, un nuovo
modo di vivere, un nuovo modo di esserci nel mondo?
Molti giustificano il loro sostegno ai prodotti di origine
animale "umanitari" e la loro ricerca di riforme di
benessere dicendo che il mondo non è pronto per il
cambiamento, che forse non diventerà mai vegano, che
possiamo solo sperare di raggiungere, di questo passo, la
diminuzione della sofferenza degli animali che sono
condannati ora. Ma questo non è vero. Questo non è un dato
di fatto. Si tratta di una paura - paura di agire, un
fallimento della volontà, un atteggiamento di disfatta e,
infine, una profezia che si auto-soddisfa.
La verità è che il mondo può cambiare. In realtà, il mondo è
cambiato molte volte in passato, ed è cambiato in modi che
sembravano impossibili in quel momento. La verità è che il
mondo cambierà, ma solo se ci impegniamo a creare questo
cambiamento. Rimarrà lo stesso se noi, gli auto-proclamati
agenti di cambiamento, incoraggiamo a far in modo che le
cose restino immutate. Cambierà se noi tutti diremo la
verità sul fatto che non vi è un modo di allevamento
compassionevole, la verità è che l'unica alternativa è
vivere in maniera vegan, la verità è che gli allevamenti in
qualsiasi scala sono un disastro etico ed ambientale, la
verità è che gli animali sono esseri come te e come me, e
hanno lo stesso diritto inerente alla vita e alla libertà
come per te e per me. La verità è che vivere in maniera
vegan non è uno "stile di vita", ma un imperativo morale.
Possiamo fare di meglio. Infatti, abbiamo l'obbligo a fare
di meglio.
Vi invito a vedere quanto può essere raggiunto quando un
piccolo gruppo di attivisti è dedicato ad offrire il proprio
tempo e risorse in un’educazione vegana che sia coerente. Il
nostro obiettivo finale – la liberazione animale - e il
messaggio “diventa vegano” è centrale per ciascuna delle
nostre comunicazioni, dalle risorse su Internet, al
materiale stampato, annunci, proteste, cartelloni, eventi di
sensibilizzazione, fino all’esplorazione della personalità
degli animali da allevamento dettagliate nei singoli
ritratti pubblicati nel blog Prairie.
Con dei fondi limitati, con un nucleo di educatori vegani
formato interamente da volontari che sono determinati a dire
tutta la verità sulla carne, sul latte e sulla produzione di
uova, una piccola organizzazione di base come il Santuario
Peaceful Prairie che ha costruito qualcosa che grandi e
ricche organizzazioni non solo non sono riuscite a portare
avanti, ma hanno costantemente cercato di distruggere in
anni di anti-attivismo vegano: un vivace mondo vegano che
cresce in mezzo a un mondo non vegano, un luogo in cui gli
animali rifugiati sono considerati e rappresentati come gli
esseri che giustamente sono, un luogo dove le persone
residenti difendono instancabilmente niente meno che la
liberazione totale, uno stato libero nel cuore di un mondo
sovrastato da esseri umani, un luogo in cui i principi
dell’abolizione sono applicati in parola, pensiero e di
fatto. Un enclave vegano in cui la presenza ha già cambiato
la geografia fisica, politica, psicologica e spirituale del
mondo.
Vi invito a sperimentarlo voi stessi. Unitevi a noi nella
nostra lotta per estendere la portata di questo mondo
vegano. Aiutateci perché non abbia confini.
Joanna Lucas
Santuario Peaceful Prairie
Originale in inglese:
http://www.peacefulprairie.org/letter.html