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T. Tad

Quel plasma che rende invisibili

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http://www.tgcom.it/tgmagazine/articoli/articolo245443.shtml

 

1/3/2005

 

 

Quel plasma che rende invisibili

 

 

 

Disperde la luce che riflette l'oggetto

Intrufolarsi in una riunione e ascoltare tutto quello che stanno dicendo senza essere visti o spiare il proprio consorte per controllare se va veramente alla partita di pallone. Diventare a comando come il protagonista del film L'uomo senza volto è il sogno proibito di ognuno di noi, ma potrebbe non rimanere un sogno per molto tempo. Dispositivi come quelli che rendono invisibili le astronavi di X-Files o il fiabesco mantello del maghetto Harry Potter sono molto più vicini alla realtà di quanto di creda. Due ingegneri si sono dedicati a questa branca della scienza e alla fine sembra proprio che ce l'abbiano fatta. La scoperta si deve all'italiano Andrea Alù ( :lol: ) dell'Università di Roma Tre, e a Nader Engheta, dell'Università della Pennsylvenia. La scoperta riguarda una copertura capace di rendere gli oggetti invisibili.

 

 

Per ora sono stati ottenuti ottimi risultati, ma solamente con piccoli oggetti, ma tutto lascia credere che sia solo una questione di tempo. La copertura, ha detto Alù, funziona impedendo il normale processo che permette di vedere gli oggetti: quando la luce colpisce un oggetto, questo la disperde secondo un effetto che i fisici chiamano "scattering". Per esempio, vediamo il cielo blu perchè quando la luce del Sole colpisce l'atmosfera terrestre, questa diffonde più facilmente le frequenze più alte, ossia quelle vicine all'ultravioletto, allo stesso modo vediamo il latte bianco perché questa sostanza diffonde in modo uniforme tutte le frequenze, assumendo un colore bianco opaco.

 

"Alcuni materiali - ha detto Alù - riescono ad annullare questo fenomeno". Si chiamano "materiali plasmonici", hanno cioè caratteristiche elettromagnetiche simili a quelle di un insieme di elettroni liberi (plasma) e riescono a cancellare la luce riflessa da un oggetto. In questo modo l'oggetto schermato dalla copertura diventa invisibile: l'effetto che si ottiene è una trasparenza completa, tanto da poter vedere quello che c'è dietro l'oggetto nascosto alla vista. Al momento oro e argento riescono a dare i risultati migliori a determinate frequenze.

 

Finora tutti i tentativi di rendere un oggetto invisibile si sono basati sul principio del mimetismo: schermi-camaleonte venivano colorati in modo da camuffarsi, ma non si poteva parlare realmente di invisibilità. La strada scelta dai due ingegneri invece è molto diversa perché impedisce che la luce emanata dall'oggetto colpisca l'occhio dell'osservatore.

 

Lo svantaggio è nel fatto che la frequenza della luce che viene bloccata dipende dalle dimensioni dell'oggetto da nascondere: allo stato attuale delle ricerche, oggetti grandi possono essere nascosti solo utilizzando lunghezze d'onda molto ampie, come le microonde, ma non quelle della luce visibile.

Engheta e Alù descrivono questo dispositivo come una sorta di "drappo" o schermo, costituito, letteralmente, da "onde di densità elettronica".

 

L'idea era già venuta ad un giapponese. Il prof. Susumi Tachi aveva inventato un tessuto che rendeva l'effetto trasparenza (nella foto in alto), ma da qui all'invisibilità totale c'era ancora tanta strada da percorrere. L'effetto si basava sulla cattura delle immagini al di là del soggetto da rendere trasparente, immagini che poi venivano proiettate sul davanti dando così l'impressione della trasparenza.

 

Inutile dire che le applicazioni sarebbero notevoli. "Si potrebbero creare strutture completamente anti-riflettenti", ha detto Alù, oppure si potrebbero rendere invisibili sonde da utilizzare in indagini di microscopia molto delicate.

 

Ma se è vero che sarebbe piacevole trovarsi dalla parte di quello che spia, non sarebbe altrettanto allegro trovarsi nei panni dello spiato, senza contare gli usi che potrebbero farne furfanti di ogni genere. Scienziati al lavoro quindi, anche per trovare le contromisure all'altezza della situazione.

 

La ricerca, in via di pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, è stata anticipata da una notizia pubblicata on line da Nature.

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