Vai al contenuto
Rådgivere

Sei trooopppo giovane...

Messaggi raccomandati

«Sei bravo, ma sei ancora giovane». Oppure: «ti rendi conto quanto sei giovane, è il massimo che puoi aspettarti». Ossia: come condire un imbroglio (o almeno un equivoco) con un complimento. Quante volte frasi come queste risuonano – rese alate da un soffice e affettuoso paternalismo – nei più vari ambienti di lavoro? Frasi soavi, perlopiù rivolte a persone (i “giovani” lavoratori, i “giovani” laureati, i “giovani” stagisti, insomma nove volte su dieci i “giovani” cosiddetti giovani e cosiddetti precari) che hanno gloriosamente doppiato i trenta, i trentacinque, talvolta persino i quarant’anni. E’ paradossale, ma in una società in cui la laurea arriva spesso assieme al primo capello grigio o con la prima smagliatura dermica, in un mondo in cui il primo impiego cinge ventri già ammorbiditi dall’adipe e fronti già ampiamente sgombre di capelli, oltreché di sogni, sentirsi chiamar «giovani» ancora oltre i trenta è una consolazione. Rinfranca, e in apparenza risarcisce del troppo tempo speso (perso?) tra i libri e le buste coi curricula. Ma è un’arma a doppio taglio, e per capirlo non occorre essere troppo cinici: basta riprendere dallo scaffale la Divina commedia e aprire Inferno, canto primo, verso uno. «Nel mezzo del cammin di nostra vita…»: trentacinque anni, il pieno della vita per l’uomo biblico e per l’uomo dantesco, il fiore della maturità (biologica, verrebbe da dire) per l’homo sapiens sapiens. Tanto lontano, e in così poco tempo, ci ha portati la nostra evoluzione? Pensiamo veramente che basti correggere il vocabolario («giovane, agg. Che è nell’età della vita successiva alla puerizia e antecedente alla maturità») per dimenticare che quel che chiamiamo «giovane» si chiamava un tempo «maturo», e quel che gratifichiamo col titolo di «maturo» (riconoscendogli l’esclusivo diritto a un posto di responsabilità, a un lavoro minimamente appagante, a un rango di leadership in un Paese che vuol crescere prima di invecchiare) si chiamava un tempo «vecchio»?

Un piccolo consiglio ai trentenni (e ultra): smettetela – smettiamola – di accettare questo insano complimento, che insulta la logica prima che la lingua. Smettetela di farvi chiamare giovani e di autorizzare anche così gli altri a lasciarvi in uno stato di minorità, a tutto vantaggio, appunto, dei «meno giovani». Già, perché in un mondo di «giovani», «maturi», «non più giovanissimi», over- e under- c’è una categoria che rischia di essere cancellata dal vocabolario, e non solo da lì: quella degli adulti.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per poter lasciare un commento

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra comunità. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi Subito

Sei già registrato? Accedi da qui.

Accedi Adesso

×

Informazione Importante

Usando questo sito acconsenti ai nostri Termini D'uso. Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Utilizziamo sia cookie tecnici sia cookie di parti terze. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.