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"When Saturday Comes TV Special"

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Di Al Needham, tratto da "When Saturday Comes TV Special", Novembre 2004

 

Ė il Luglio 1990, e io, preda di quella tipica fase della vita in cui gli uomini sono più interessati al sesso opposto piuttosto che al calcio, mi trovo in un elegante baretto per un appuntamento galante, quando invece avrei dovuto essere a casa a guardare in tv Inghilterra-Germania per la semifinale dei Mondiali di Italia’90.

L’appuntamento finora è andato alla grande, quando uno dei baristi – non riuscendo più a resistere all’evidente tensione – rischia il suo posto di lavoro tirando fuori una radiolina.

Comincia la lotteria dei calci di rigore e ci teniamo per mano per la prima volta. Per paura e tensione soprattutto, è ovvio, ma è anche un’ottima scusa per dare il via ad un po’ di contatto fisico. Ascoltando la radiocronaca, mi dico: “se vinciamo, la bacio”. Ma poi Chris Waddle stronca i miei propositi sessuali: mi ritrovo depresso e di cattivo umore, la magia del momento svanisce e alla fine anche tra me e lei non succederà un bel niente.

Perché vi sto raccontando tutto ciò? Non per farmi compatire di certo, ma per farvi notare fino a che punto siamo arrivati con le nostre abitudini di vedere le partite al pub (football and drinking…). Il 1990 era in fondo l’anno zero per questa pratica. Per lo sport nazionale, sarebbe stato il punto di partenza per una drammatica resurrezione/svendita della propria anima (cancellare la voce che non fa al caso vostro). Per il passatempo nazionale (il pub…) invece sarebbe stato il punto più basso in assoluto. La Acid House aveva portato i ragazzi a preferire bere bottigliette d’acqua in un campo piuttosto che ubriacarsi fino al rincoglionimento in un pub. Le presenze nei pub tra il 1987 e il 1992 erano calate dell’11%, fino ad arrivare a –20% nel 1997. Ovviamente c’era bisogno di trovare una soluzione. Ma ci arriveremo fra poco.

Il calcio in diretta TV esisteva ormai da anni – ma non era mai stata una buona ragione per andare al pub. Quando le finali di Coppa di Lega, coppe europee o Mondiali venivano trasmesse, erano momenti talmente unici e speciali che tutto ciò che desideravi era startene a casa tua con un po’ di lattine di birra, un po’ come avrebbero fatto i tuoi genitori per i matrimoni della famiglia reale. Certo, ITV faceva vedere le partite la domenica, ma ad un orario in cui ti eri già fatto un paio di pinte ed eri già bello svaccato in poltrona nel tipico abbiocco post-pranzo della domenica.

Ci sono voluti i soldi di Sky, la compiacenza della Federazione nello smembrare il calendario tradizionale e l’eccitazione di un’intera nazione verso la tv via satellite per spingere la gente nella direzione dei pub. Ti piace il calcio, ma non ti piace per niente andartene a Londra per una partita alle 8 di sera di un lunedì? Vai al pub. Ti piace il calcio, ma la tua padrona di casa non ti lascia montare la parabola sul tetto? Vai al pub. Ti piace il calcio, ma non hai voglia mezza di regalare a Rupert Murdoch un pezzetto del tuo stipendio? Vai al pub. Ti piace il calcio, ma non ti va di guardare la partita da solo anche se hai pagato l’abbonamento a Sky? Vai al pub.

Non è una sorpresa quindi che i pub, a metà degli anni Novanta, fossero tornati in voga. Già si erano riconquistati una buona fetta di giovani introducendo una marea di drinks che sembravano appena usciti dalla fabbrica di Willy Wonka, capitalizzando inavvertitamente sul calo dell’uso di ecstasy e sull’arrivo di cocaina a buon mercato. Non devi essere un genio per capire che è più facile e comodo sniffare cocaina nel cesso di un pub piuttosto che nel bel mezzo di un campo. Fatto più importante, i gestori di locali si erano appoggiati ad avvocati da battaglia per conquistarsi il permesso di aprire bar sempre più grandi, ragione per cui ormai ogni città ha il suo “Enormopub”. A quel punto avevano infatti bisogno di attirare la clientela anche durante la settimana. Con un mercato composto di scimmiette omologate alla moda, tutte vestite con magliette di Man Utd, Arsenal o Newcastle, e tutte in giro rigorosamente senza soldi, senza abbonamento o senza alcuna inclinazione da stadio, non devi essere un guru del marketing per indovinare il passo successivo. Ecco così scomparire dai muri i vecchi cartelli “VIETATO INDOSSARE I COLORI DELLA PROPRIA SQUADRA”, rimpiazzati immediatamente dai simboli di Sky. Il concetto di sports-bar – originario degli anni Ottanta, in cui i ragazzi delle città inglesi cercavano di sembrare americani e si scervellavano per capire come funzionasse il baseball – ce l’aveva fatta finalmente a prendere piede anche in Gran Bretagna.

Il culmine della tendenza “calcio al pub”, comunque, non ha niente a che fare con Sky. Ci sono voluti i Mondiali del 1998. Se lavoravi, non potevi riuscire a guardare la prima partita dell’Inghilterra, contro la Tunisia, a casa. Dovevi correre via dal lavoro e buttarti in un pub. E le birrerie erano ben consce di questo fatto, tirando fuori qualsiasi cosa per fare della partita un evento. Cartelli immensi. Bandiere ovunque come se fosse la festa nazionale. Sconti sulle bevute. Musica a palla. Ma soprattutto un senso di unione e di festa mai visto sin dai tempi delle nozze d’argento reali (Silver Jubilee).

Per molti tra coloro che avevano da poco scoperto il calcio, la novità era talmente grandiosa che al prossimo incontro dell’Inghilterra o della Scozia sapevano che non l’avrebbero mai potuto guardare a casa a meno che non fosse strettamente necessario. All’incontro successivo, ci sarebbe stata la fila per entrare, e qualche pub avrebbe addirittura chiesto 5 sterline per prenotare un posto. Ovviamente, Sky ne ha approfittato per alzare le tariffe. Dopo aver già iniziato un bel giro di vite nei confronti di quelle parabole talmente grandi da riuscire a ricevere i programmi di Canal Plus il sabato pomeriggio, ecco i canali Sky Pub Sports (che riunisce tutti i canali di sport, con un programma calcistico pressoché interminabile) e The Pub Channel. Nel programma Sports Talk, ad esempio, non ci sono giornalisti intorno ad un tavolo, ma rappresentanti della Anheuser Busch ed altre marche di birra, pronti ad incoraggiare i clienti a scolare il bicchiere e farsi un’altra pinta. “Scopri come le compagnie possono aiutarti a promuovere e vendere lo sport nel tuo bar, fornendoti anche incentivi e prodotti che possono creare la giusta atmosfera portandoti fantastici profitti ogni sera”, dice uno dei loro siti web. Come? Cambiando il look del tuo locale finché non sembra un incrocio tra un’agenzia di allibratori ed una festa in un giardino, con televisioni e bandiere da tutte le parti. Si può capire che oggi ci siano ventenni che non sanno assolutamente nulla di cosa voglia dire guardare una partita secondo la tradizione, fuori dal loro pub di fiducia, ma questo dovrebbe invogliare le società a darsi una svegliata! In fondo, non ne risentono solo ai botteghini, visto che se non vai alla partita non spendi soldi neanche sul bere, sui programmi delle partite, su sciarpe e merchandise vario. Anche questa cosa potrebbe però non durare all’infinito, visto che il rapporto tra i pub e Sky sembra essersi deteriorato ultimamente in seguito alla decisione di quest’ultima di alzare i prezzi degli abbonamenti di un incredibile 20%. Se il tuo pub sotto casa vuole avere Sky (e solitamente è così), ora dovrà sborsare mediamente 635 sterline al mese – più altre 411 sterline se vuole anche le partite Premiership Plus. Abbiamo contribuito a far aumentare i vostri guadagni, dicono da Sky. Vi abbiamo aiutato a sopravvivere quando avete costretto Rupert Murdoch a spostare parte degli immensi profitti del suo impero, dicono i gestori dei pub. Una volta la preoccupazione era che il calcio stesse tagliando fuori i tifosi medi dagli stadi con l’aumento dei prezzi– ora che quella battaglia è persa, e il Governo si sta cominciando a occupare in maniera preoccupante anche del bere e del far baldoria, forse dovremo cominciare a preoccuparci anche di essere tagliati fuori anche dai pub!

Ad ogni modo, l’aspetto ironico di tutta la vicenda è che guardare le partite al pub sembra ormai aver assunto le caratteristiche che Sky ed il sistema calcistico avevano stroncato più di un decennio fa. Guardare una partita dell’Inghilterra al pub oggi è come essere sugli spalti 20 anni fa. Devi arrivare presto per avere una buona visuale, poi te ne stai lì schiacciato insieme a tutti gli altri, bombardato dalla solita merdosa musica da top 10. Con tutti i cori che si alzano è impossibile riuscire a sentire Gary Lineker in veste di commentatore…

Quando comincia l’incontro, tutti si alzano in piedi e guardano nella stessa direzione, mentre le birra cola sulle tue gambe dal bicchiere di quello che è dietro di te. Qualche coglione prova sempre a lanciare il solito coro “No Surrender” e qualche altro coglione lancia il suo bicchiere di plastica in aria per festeggiare un goal. Ti tocca poi una fila allucinante per andare al cesso nell’intervallo. A volte, poi, c’è anche un venditore di hot-dog, e quando esci dal pub ti ritrovi davanti un paio di mezzi della Polizia ed un’ambulanza, non si sa mai. Insomma, forse basterebbero solo un paio di cattive esperienze al pub per far sì che la nuova generazione di tifosi occasionali ricominci a valutare la possibilità di tornare ai vecchi e sicuri confini dello stadio.

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