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ORACOLO DI DELFO

TOPIC CINEMA

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L'Accademy dimenticò anche una mezza sega come Chaplin se è per questo e,fino a ieri,anche lu poru Morricone che l'ha preso,alla carriera,ad un passo dal totale rincoglionimento (Chaplin,invece,era già completamente rincoglionito...). :)

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ieri me so rivisto per la 18ima volta THE SLEEPERS...  troppo bello e con un cast da paura!

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Sarà che sò 'na femminuccia e preferisco le storie d'amore, ma ieri sera me sò rivista per l'ennesima volta "La regina dei dannati"

:P

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ieri me so rivisto per la 18ima volta THE SLEEPERS...  troppo bello e con un cast da paura!

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Sarà che sò 'na femminuccia e preferisco le storie d'amore, ma ieri sera me sò rivista per l'ennesima volta "La regina dei dannati"

:P

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Colonna sonora da paura!!! :wub:

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Ve li ricordate "Figli di un Dio minore" e "Il bacio della donna ragno"?

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Me li ricordo sì...ma quello era William Hurt e non John Hurt... ;)

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hehehehehehehehehehehehhheeeeee

:D

si, lo so, ho solo dimenticato di specificare

è che quel cognome mi ha ricordato un sacco di cose

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ieri me so rivisto per la 18ima volta THE SLEEPERS...  troppo bello e con un cast da paura!

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Sarà che sò 'na femminuccia e preferisco le storie d'amore, ma ieri sera me sò rivista per l'ennesima volta "La regina dei dannati"

:P

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Colonna sonora da paura!!! :wub:

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parekkio!!!!!!!!!

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chi ha visto SAW E SAW2????

 

 

:wub:

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l'ho visti tutti e due.

il primo m'era saputo geniale, il secondo è una forzatura enorme che i registi (mi sembra siano due) potevano benissimo risparmiarsi (tra le altre cose è eccessivamente splatter per i miei gusti).

il terzo farò volentieri a meno di vederlo......................

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chi ha visto SAW E SAW2????

 

 

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l'ho visti tutti e due.

il primo m'era saputo geniale, il secondo è una forzatura enorme che i registi (mi sembra siano due) potevano benissimo risparmiarsi (tra le altre cose è eccessivamente splatter per i miei gusti).

il terzo farò volentieri a meno di vederlo......................

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ho visto solo il primo...ma a causa del fatto che mi ha "accompagnato" per le sette notti successive, il secondo me lo sono volentieri perso e il terzo figuriamoci :paura:

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chi ha visto SAW E SAW2????

 

 

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....io ho visto il primo......sarà che in quel periodo ero 1 pò tesa e stressata x gli esami ma mi ha "agitata" parecchio.....

 

......il 2 nn l'ho ancora visto ma ce l'ho in programma..... ;)

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invece chi di voi ha visto HOSTEL? certe scene raccapriccianti, e non so uno ke se impressiona pe poco.. uno dei film che mi ha angosciato de piu, un clima cupo dall'inizio alla fine,... prodotto da Tarantino, una garanzia.

 

Hostel_Front.jpg

Modificato da Magnus Rosen

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Nel week-end arriverà "BORAT" a Terni...

Chi l'ha visto ?

Impressioni ? :blink:

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così a occhio direi che si tratta di una stronzata clamorosa.

però ho trovato questa recensione...........boh!?!?! tirano in ballo addirittura peter sellers...................

 

 

New York. Portatevi i fazzoletti, alla prima di “Borat”, alla Festa del cinema di Roma. Riderete fino alle lacrime. Non credo sia possibile, in natura, far ridere così tanto in soli 82 minuti. Il film uscirà regolarmente nei cinema americani a novembre, ma ho visto “Borat - Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan” a una proiezione speciale all’interno del Festival del New Yorker di Manhattan. Era sabato scorso. La sala era sold out da tempo, malgrado il costo del biglietto (20 dollari) e l’orario decisamente bizzarro (mezzanotte e mezzo). Fuori dal cinema, la fila dei fan di Borat girava intorno all’isolato sulla 57esima. All’ingresso sono stati requisiti i telefonini dotati di videocamera, per evitare di rimpinguare l’archivio di clip su Borat già disponibile su YouTube. In sala, nell’esatto momento in cui si sono abbassate le luci, s’è sentito un boato d’eccitazione. Poi è cominciato il film. Le prime risate sono arrivate dopo circa 15 secondi, già sui titoli di testa in stile tardo sovietico. Poi si è cominciato a ridere a crepapelle a intervalli regolari di 20 secondi. Spesso sono seguiti applausi a scena aperta, meno frequenti solo per il timore di perdersi la battuta successiva. Alla fine del film, non essendomi portato un fazzoletto, avevo gli occhiali appannati e la camicia bagnata di lacrime.

I lettori del Foglio sanno già tutto di Borat e del suo straordinario interprete, il comico inglese Sacha Baron Cohen, noto soprattutto nei panni di Ali G. La storia è questa: Borat Sagdiyev è un giornalista della televisione kazaca in visita a New York per girare un documentario sulla cultura americana. Dopo aver visto una puntata di Baywatch, si innamora di Pamela Anderson e intraprende un viaggio on the road verso la California per rapire la biondona e portarsela in Kazakistan a scopo matrimonio. Il tutto a beneficio del glorioso popolo kazaco, anche se glorioso, questo Kazakistan non pare. Borat lo racconta come un paese arretrato, misogino e antisemita, tanto che nella realtà il governo kazaco ha protestato ufficialmente.

All’inizio del film, Borat bacia con passione erotica una ragazza bionda, poi la presenta: “Questa è mia sorella, la seconda più importante prostituta del paese”. Lei alza la coppa. Seguono gli incontri con lo stupratore del villaggio, una specie di eroe, e poi con il fratello ritardato, con la mucca in salotto più varie altre amenità come, per esempio, “la corsa dell’ebreo”, ispirata alla festa di san Firmin di Pamplona con i kazachi che scappano eccitati, terrorizzati e inseguiti da due ebrei. Le battute sugli ebrei sono moltissime, anche parecchio forti e raggelanti. L’Anti Defamation League ha protestato, ma Baron Cohen è ebreo, cresciuto da ortodosso e la sua fidanzata, l’attrice australiana Isla Fisher (vista in “Due single a nozze”) s’è appena convertita all’ebraismo per poterlo sposare.

Poi c’è la partenza per gli Stati Uniti, insieme con il fidato produttore Azamat. I due kazachi, completamente nudi, a metà del film sono protagonisti di una lunga scena (che non racconto) di rara efficacia comica. Abituato al Kazakistan, e catapultato tra le mille luci di Manhattan, Borat perde la testa (in particolare davanti alle vetrine di Victoria’s Secret). Intervista persone, politici, esperti di comportamento per provare a capire la cultura americana. Gli interlocutori non sanno che Borat è un comico, credono davvero di rispondere alle assurde domande di un giornalista kazaco. L’incontro con un gruppo di femministe newyorchesi, la cena con un predicatore del sud e la performance a un rodeo in West Virginia sono le gag più riuscite. Immaginatevi Peter Sellers che fa “Candid camera”. Poi preparate i fazzoletti.

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Questa è dal TGCOM :

 

Arriva in Italia il ciclone "Borat"

Reporter kazako dal 4 marzo al cinema

 

In tutto il mondo è diventato un fenomeno di culto. Piaccia o non piaccia, lo si trovi disgustoso o esilarante, "Borat", film di e con Sacha Baron Cohen, sta sbancando i botteghini. E' la storia di un reporter kazako, politicamente scorrettissimo, che va in viaggio in America per realizzare un documentario sulle abitudini di quel Paese e ne svela assurdità, conservatorismi e antisemitismo.

Il film (titolo integrale "Borat - Studio Culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan") è un falso documentario sul giornalista Borat Sagdiyev (alter-ego del comico inglese Ali G), celebre giornalista del Kazakhstan, inviato negli Stati Uniti per realizzare un documentario sull'american way of life, con il suo produttore Azimat.

Le sue costar non sanno in molti casi di essere protagonisti della candid camera del comico britannico che corre nudo inseguendo Azimat nel corridoio di un albergo o che offre in giro formaggio fatto col latte della moglie Oxana. Che chiede consiglio, e lo ottiene, sul calibro migliore di fucile per uccidere un ebreo. Che provoca applausi inneggiando in un rodeo al signore della guerra Bush, "che possa bere il sangue di ogni uomo, donna e bambino in Iraq". Nel suo girovagare Borat si lancia in interviste a persone assolutamente reali, in cui vengono messe in luce le ipocrisie e i pregiudizi della cultura americana.

A spingerlo nel suo viaggio attraverso gli Stati Uniti è il suo amore per Pamela Anderson che vede in una trasmissione televisiva e che gli fa perdere la testa. Solo a fine viaggio, il kazako capirà di non essere il tipo d'uomo che può conquistare una "baywatch".

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Modificato da ORACOLO DI DELFO

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La critica del Mereghetti, sul Corriere della Sera

 

«Borat», satira scorretta che non graffia Una farsa di gag sul sesso senza colpire in alto con uno spirito che mira solo a umiliare

 

Borat (Olycom)

MILANO — E se il (presunto) campione della scorrettezza politica fosse invece un comico decisamente conformista? Il dubbio non può non venire vedendo questo "Borat - Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan" — in cui il comico inglese Sacha Baron Cohen interpreta Borat Sagdiyev, uno sprovveduto giornalista kazako quintessenza di tutti i pregiudizi possibili, dall'antisemitismo al maschilismo, dall'omofobia al razzismo, e mandato in missione «conoscitiva» negli Stati Uniti.

 

L'idea su cui si basa il film non è certo nuova: fare propri, portandoli all'eccesso, i vizi e i difetti che si vogliono mettere alla berlina, scatenando così una specie di cortocircuito intellettuale nello spettatore, costretto a fare i conti con degli atteggiamenti che — in misura meno sottolineata — finirebbero per passare forse sotto silenzio. Alle origini c'è la genialità di Swift e della sua «modesta proposta» ma è un meccanismo retorico che recentemente è tornato molto di moda, grazie ai film di Michael Moore e dei suoi innumerevoli «allievi». Un meccanismo che spesso strappa la risata ma che lascia anche qualche dubbio.

 

Perché la satira, per colpire davvero nel segno, deve giocare ad armi pari con l'oggetto della propria critica, altrimenti rischia di rimettere in circuito quegli stessi pregiudizi che vorrebbe deridere. Non è questione di buon gusto o di livelli di decenza: si può scherzare su tutto, anche inventando un Kazakhstan che sembra un'appendice delle baracche romane di "Brutti sporchi e cattivi", anche raccontando un'America fatta solo di ingenui o sprovveduti o razzisti.

 

Il problema è il modo in cui vengono raccontati e messi in ridicolo.

Borat/Baron Cohen non combatte ad armi pari: la sua finta ingenuità è sempre un gradino più in alto dell'oggetto della sua satira. La risata, quando c'è, arriva dall'«umiliazione» di chi è diverso da lui. Borat non è interessato a «confrontarsi» con l'altro, come fanno i grandi comici che sanno riconoscere la stessa dignità al loro antagonista, si tratti di una persona, un'idea o una cosa, da Chaplin e la cattiveria del mondo a Tati e la forza del surreale, dai fratelli Marx e l'ordine opprimente della società a Jerry Lewis e l'assurdità dei comportamenti quotidiani a Totò e la sua atavica fame di cibo e di sesso.

 

In alcuni episodi di questo viaggio attraverso gli Stati Uniti viene il dubbio che chi è in scena quasi non sappia di essere ripreso (l'episodio con i pentecostali che prendono sul serio le sue richieste di aiuto); altre volte non ha diritto a una propria identità precisa ma è costretto a fare solo da «spalla» alle battute di Borat (il venditore di macchine, l'armaiolo, l'insegnante di buone maniere); altre volte ancora viene ridotto a semplice spettatore di una performance che, per essere davvero esilarante, avrebbe bisogno di svilupparsi più compiutamente (l'incontro con le femministe, la cena a casa del pastore).

 

Il risultato è una farsa che vorrebbe colpire alto e finisce per cadere in basso, costruita con molta meno ingenuità di quello che vorrebbe far credere — il meccanismo narrativo è sostanzialmente quello di mescolare riprese dal vero ad altre recitate, secondo lo stile molto alla moda dei «mokumentary» — e che finisce per mascherare un coraggio non proprio da leoni dietro uno spirito oltraggioso molto superficiale.

Poi ci sono alcuni temi che Baron Cohen si guarda bene dall'affrontare (l'universo culturale arabo è completamente assente dal suo campionario di stupidità, quello nero è trattato con molte precauzioni) e alla fine tutto si riduce al liberatorio, ma regressivo, elogio di una libertà sessuale fatta di masturbazioni davanti ai bikini di Pamela Anderson e di corse nudi lungo i corridoi di un hotel. Che la tanto strombazzata montagna abbia partorito ancora una volta solo un topolino?Paolo Mereghetti

 

 

 

ALLE SALE L'ARDUA SENTENZA. ALLE VOLTE MEREGHETTI E'SPOCCHISO..VEDIAMO SE ALLA FINE AVRA' RAGIONE O NO...

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QUESTA E' DI MYMOVIES mymovies Spesso mi trovo daccordo sulle loro recensioni.

 

Alla fine mi pare che arrivi a conclusioni simili al corriere della sera

 

 

Irriverente, sovversivo, oltraggioso. Borat Sagdiyev è un reporter kazako in viaggio negli Stati Uniti d'America per girare un documentario che riprenda le usanze e i costumi del nuovo mondo, per poi riportare la preziosa e fedele testimonianza al suo paese. Misogino, antisemita e razzista, semina il panico e lascia il segno a ogni suo passaggio, scardinando di volta in volta le certezze e le ipocrisie di una cultura carica di pregiudizi e oscenità. Dal creatore di Ali G., Sacha Baron Cohen, un film che promette di far ridere a crepapelle dall'inizio alla fine della pellicola. Su un carrettino di gelati, insieme al suo goffo collega, Borat viaggia in lungo e in largo negli States alla ricerca di qualcuno che gli indichi le buone maniere, lo stare in società, ma soprattutto la strada per raggiungere il suo obiettivo unico e solo: incontrare l'eroina del suo telefilm preferito.

Borat è un film dissacrante e ironico, demenziale e scorretto, che non risparmia nessuno e nessuno lusinga. Dalla tradizionale gara annuale denominata "Running of the jews" alla legittima sottomissione del gentilsesso, il reporter si presta – davanti a persone vere filmate in situazioni reali – a mettere in difficoltà i propri interlocutori nei modi più imbarazzanti possibili. Ma, come in un copione già visto, le gag di Borat lasciano il segno per tutta la prima parte, mentre la buona dose di intelligente satira politica e sociale si trasforma improvvisamente in una volgare accozzaglia di idee e situazioni da caserma militare. Il film, comunque, merita d'essere visto per la credibilità e l'eccezionale bravura di Baron Cohen nel dare vita a un personaggio unico e inimitabile, nonché per la serie di battute sconcertanti che riempiono l'ego e stimolano il cinismo persino degli spettatori più politicamente corretti. Che ci piaccia o meno, questo è Borat!

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Visto finalmente LOVE + HATE di Savage......

 

....mi è piaciuto molto.....tratta il tema del contrasto tra 2 culture molto diverse tra loro in un modo che non scade nella solita retorica e/o in falsi buonismi.....

 

.....inoltre secondo me questo giovane regista ha le carte in regola per fare dei buoni film in futuro......bisognerà tenerlo d'occhio...... ;)

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