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ORACOLO DI DELFO

TOPIC CINEMA

Messaggi raccomandati

Visto ieri "Luky Number Slevin"

 

Bello, consigliabile. Voto 8

Secondo me piacerebbe molto a Davide (Manson).

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BELLO, PIACQUE ANCHE A ME....MI RICORDO UNA BELLA FOTOGRAFIA E UNA COLONNA SONORA DA CITAZIONE ;)

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Visto "Zodiac".

M'è piaciuto...molto inferiore a "Seven" ma senz'altro un buon film...

Della serie : quando un semplice ragionamento può rivelarsi più efficace di mille indagini a carattere scientifico.

Voto 7

1098188[/snapback]

OK ;) ...ora non mi resta che andarlo a vedere

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Visto "Zodiac".

M'è piaciuto...molto inferiore a "Seven" ma senz'altro un buon film...

Della serie : quando un semplice ragionamento può rivelarsi più efficace di mille indagini a carattere scientifico.

Voto 7

1098188[/snapback]

 

 

.....appena posso voglio andare a vederlo anche io........ :)

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Visto "Zodiac".

M'è piaciuto...molto inferiore a "Seven" ma senz'altro un buon film...

Della serie : quando un semplice ragionamento può rivelarsi più efficace di mille indagini a carattere scientifico.

Voto 7

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.....appena posso voglio andare a vederlo anche io........ :)

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;)

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M'è piaciuto...molto inferiore a "Seven" ma senz'altro un buon film...

Della serie : quando un semplice ragionamento può rivelarsi più efficace di mille indagini a carattere scientifico.

Voto 7

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OK ;) ...ora non mi resta che andarlo a vedere

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;)

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Seminario 1997: lettura del film "La rosa purpurea del Cairo"

mercoledì 20 agosto 1997

di Massimo Calanca e Giuliana Montesanto

 

In questo film Woody Allen affronta direttamente uno dei temi che ricorrono maggiormente nella sua opera: il rapporto tra finzione e verità, tra realtà, immaginazione e sogno e, più in generale, tra l’arte e la vita. E’ un tema che Allen ha già affrontato in quasi tutti i suoi film e, in maniera più esplicita, in Provaci ancora Sam (da lui scritto, anche se non diretto), Zelig, Stardust memories, Io ed Annie, Interiors, Una commedia sexy in una notte di mezza estate, Brodway Danny Rose; e che riprenderà in alcuni suoi film successivi . Questa volta lo affronta quasi senza mediazioni, se non quella di una forma ironica e scherzosa che, se da un lato è forse la sua corda più congeniale, dall’altro si rivela utilissima a mantenere una levità di toni che, anziché sminuirla, facilita la profondità del discorso, rendendocela più facilmente accettabile.

 

Le note di "Cheek to cheek" (di Irving Berling) sui titoli di testa introducono il discorso già prima delle immagini iniziali: una classico manifesto pubblicitario di un classico film "di evasione", La rosa purpurea del Cairo, e il volto di Cecilia (Mia Farrow) che lo guarda incantata.

Sotto le spoglie "ingannatrici" del personaggio di Cecilia (un po’ come avviene nei sogni, attraverso il lavoro onirico dello spostamento e della condensazione) si nasconde lo stesso Woody Allen che ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza andando al cinema cinque o sei volte la settimana, vedendo anche più di un film al giorno, di ogni genere hollywoodiano, per "fuggire nei film", lasciandosi alle spalle tutti i suoi problemi con la realtà . Cecilia ci parla di Woody anche perché rappresenta l’evoluzione del classico personaggio dei primi film di Allen, l’everyman, il perdente, lo schlemiel, "colpevole della propria inadeguatezza di fronte all’immensità dell’universo" .

Noi parteggiamo subito per lei, per la sua dolce ingenuità, per quel suo avere sempre la testa tra le nuvole, che la fa essere distratta e maldestra sul lavoro, ma che la aiuta a sopravvivere ad un’esistenza piena di squallore. Sentiamo che il suo essere inadeguata e quasi fuori posto nella realtà è insieme sia il suo limite e la sua condanna che la sua possibilità di salvezza. La sorella, il padrone del bar, il marito bighellone ed egoista, pur nelle loro rispettive difficoltà del vivere, sembrano perfettamente integrati nello squallore della realtà, e come tali ci appaiono forse meno infelici di Cecilia, ma perduti ad ogni prospettiva di cambiamento.

Cecilia no. Non si trova a suo agio nel mondo reale, pensa ad altro, la sua fantasia è imbevuta delle storie di innumerevoli film e dei miti rappresentati dalla vita delle star di Hollywood. Per questo trascura le richieste dei clienti e del padrone del bar dove lavora, per continuare a sognare ciò che ha visto la sera prima al cinema Gioiello, dove trascorre ogni momento di tempo libero, o per raccontare alla sorella le scene che l’hanno più colpita de La rosa purpurea del Cairo, fino a farsi licenziare.

Non che Cecilia non abbia voglia di lavorare, come quel suo marito violento e infantile che approfitta di essere disoccupato per passare le giornate giocando, ubriacandosi con gli amici e tradendo sua moglie. Tutt’altro: oltre a servire nel bar fa anche la lavandaia e la baby sitter per mandare avanti la casa e spesare i vizi del marito.

Ma è affetta da quella specie di malattia che ha contagiato anche Woody Allen e che traspare continuamente nelle sue opere: la difficoltà ad accettare la durezza e la bruttezza della realtà quotidiana, e "il desiderio di controllare la realtà, di riuscire a "sceneggiarla" e a far andare a finire le cose come vuoi tu. Perché l’autore - il cineasta o lo scrittore - non fa che creare un mondo in cui gli piacerebbe vivere" . E’ questo un atteggiamento esistenziale che può spingersi fino al patologico e lasciare chi ne è coinvolto in una specie di eterna infanzia illusoria; e che comunque espone a delusioni dolorose anche chi non lo vive in modo estremo ma lo integra con una certa saggezza ed un sano senso di realtà. Ma è una disposizione dello spirito che, in una certa misura, è indispensabile per uscire dalla disperazione di un’esistenza dominata dalla bruttezza e dalla brutalità, priva di senso e di progetto. E’ una disposizione dello spirito che è indispensabile alla creatività e all’arte. "L’artista - dice Kandinsky - non pensa che il mondo in cui vive sia il migliore dei mondi possibili; ma neanche che sia il peggiore. Semplicemente ritiene che non sia l’unico possibile". E che quindi possa essere trasformato, ed in qualche misura ricreato.

 

E’ una disposizione d’animo di questo tipo che, se da un lato rende Cecilia indifesa e perdente nei confronti della realtà (nella misura in cui tale suo atteggiamento è esasperato e totalmente ingenuo), dall’altro la rende capace, a differenza degli altri spettatori, di entrare in un rapporto speciale con Tom Baxter, il personaggio dell’esploratore avventuroso de La rosa purpurea del Cairo. Qui la creatività di Allen si esprime attraverso il paradosso, è stimolata da una situazione assurda: il personaggio che esce dallo schermo per entrare nella vita reale. Il paradosso è uno strumento che l’autore ha usato altre volte, e non solo nei suoi film comici . E che conosce molto bene, in quanto deriva direttamente dai meccanismi della sua comicità, che hanno segnato profondamente, a partire dai suoi esordi di scrittore e di cabarettista, tutta la sua vita creativa . La situazione paradossale è, per Allen, non solo occasione di comicità, ma anche elemento scatenante della fantasia, di nuove situazioni originali, di nuove storie e di nuovi personaggi. Questo avviene puntualmente anche nella creazione di questo film, la cui idea di partenza era soltanto il paradosso dell’uscita del personaggio dallo schermo, la quale a sua volta ha generato tutto il resto della storia.

Ma questa volta c’è qualcosa di più: il paradosso riguarda il cinema stesso, la sua essenza, si pone al centro del rapporto tra realtà e fantasia, tra verità e finzione, cioè nel cuore stesso dell’identità dell’autore e del suo rapporto con il mondo e con la vita. Per questo, secondo noi, questo film ha un’ispirazione così efficace che lo sorregge dall’inizio alla fine e gli consente di affrontare, con una levità di tono particolarmente felice, anche i temi fondamentali dell’esistenza, già affrontati da Allen in altri film: oltre alla dialettica vero/falso, il sesso, l’amore, la morte, la nascita e la vita, il cibo, il vuoto e Dio. Perché, che lo voglia o meno, per Allen parlare del cinema e dell’arte significa parlare della vita nella sua essenza. "Il crittogramma WA si muove sempre fra i due estremi di Arte e Vita, un pendolo oscillante tra dialettica e osmosi" . Per Allen, nel bene e nel male, la reciproca contaminazione tra finzione e realtà non è soltanto il frutto di una situazione assurda, ma appartiene all’essenza stessa dell’arte e, in modo particolare, alla specifica natura del cinema.

Nel bene e nel male, abbiamo detto. Perché Allen, pur essendone affascinato, coglie anche i pericoli di tutto questo, tanto che in molte sue opere si pone come demistificatore, come distruttore di falsi miti indotti dal cinema e dai mass-media, cercando "di liberare gli spettatori da tutte le seduzioni del linguaggio dei media"..."di spazzare via tutti gli ostacoli che si sovrappongono al libero movimento della mente" ... "di fondare un’ecologia della mente, ripulita dai miti collettivi"... anche utilizzando "la falsificazione... paradossalmente come svelamento finale, come approdo alla verità nei rapporti umani (Another woman)" . Ma, in sintonia con Marshal Mc Luhan, di cui condivide il pensiero ( e a cui addirittura farà interpretare se stesso in Io e Annie), insieme ai pericoli e ai limiti Allen coglie tutte le enormi potenzialità che i media - ed in particolare il cinema - hanno di influire positivamente nella cultura e nella vita. A cosa serve l’arte? A cosa serve il cinema? Sembra domandarsi, e domandarci, Woody Allen in questo film. E’ solo una forma di divertimento? Una fuga dalla realtà quotidiana? Mostrandoci, attraverso Cecilia, il suo grande amore per il cinema, Allen ci invita a riflettere sull’importanza che ha l’immagine nella società contemporanea, come anche sulla forza evocativa e trasformativa che ha il cinema. L’arte è finzione, è falsificazione, da un lato. Ma dall’altro l’arte è trasformazione, l’arte è creazione, l’arte è libertà.

Ma torniamo al film. E’, abbiamo detto, lo sguardo "particolare" di Cecilia ( che nel nome stesso richiama il guardare, gli occhi, la percezione del mondo attraverso la vista) che consente al personaggio Tom Baxter di attraversare quella linea di demarcazione tra la realtà e il sogno costituita dallo schermo cinematografico. Solo Tom Baxter però è in grado di compiere questo gesto. Rita - un altro personaggio del "film nel film" - prova senza riuscirci. E Tom ci riesce perché, ormai, fa parte dell’immaginario di Cecilia, arriva ad appartenerle completamente; è per questo che anche Cecilia potrà poi compiere il percorso inverso ed entrare nel film in bianco e nero. Da un lato Allen cioè ci parla della forza dello sguardo - quello dello spettatore/sognatore - e dall’altro della capacità del cinema di attivarlo; in particolare del cinema "classico" hollywoodiano, capace di far sognare ad occhi aperti generazioni di americani ( e non solo) e di stabilire un’indiscussa supremazia mondiale nella produzione degli anni ’30 e ’40. La rosa purpurea del Cairo diventa, così, un omaggio proprio a quel cinema che racconta storie che fanno sognare e che appartiene all’infanzia del regista. Tanto che anche lo stile adottato da Allen arriva ad identificarsi, a coincidere (quasi) completamente con lo stile di quegli anni: la macchina da presa è, infatti, (quasi) sempre al servizio dei personaggi e delle azioni da loro compiute.

Questo stile "oggettivo" è forse anche un modo di sottolineare che Allen/regista e autore cerca, finché gli è possibile, di non entrare in gioco con una sua visione particolare delle cose e dei personaggi, in quanto egli è identificato non solo con Cecilia - come abbiamo visto - ma anche con gli altri personaggi del film, che sono parti di lui. In particolare con il personaggio Tom Baxter e con l’attore Gil Sheperd: il primo rappresentando - come Bogart/Rick in Provaci ancora Sam - il suo alter ego ideale; il secondo esprimendo la sua parte di uomo di spettacolo, con la sua creatività artistica e la sua spontaneità di sentimenti, ma anche con il suo narcisismo ed il suo cinismo.

Allen/regista e autore, in questo film, è un po’ come un bambino che gioca, seguendo liberamente la sua fantasia, e nello stesso tempo divertendosi come spettatore del proprio gioco. O come un sognatore che assiste al proprio sogno che gli scaturisce dall’interno ed in cui è immerso. O come una specie di dio che crea quasi per necessità, e nello stesso tempo vive della vita delle proprie creature ed assiste allo spettacolo della sua creazione.

 

Allen si diverte - ed è bravissimo, quasi "di più" degli autori autentici dell’epoca - a ricreare, nel "film dentro il film", l’atmosfera del cinema "classico" hollywoodiano. E si diverte - una volta che Tom Baxter è uscito dallo schermo - a creare una situazione tragicomica di impasse tra gli altri personaggi del film in bianco e nero, impossibilitati a proseguire nella storia e, quindi, anche ad uscire dalla stanza, citando apertamente i Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello ("Ridefiniamo noi come mondo reale e loro come mondo dell’illusorio e dell’ombra....Noi siamo la realtà e loro il sogno...") e rievocando atmosfere buñueliane (Il fascino discreto della borghesia nella cena incompiuta al Copacabana; e L’angelo sterminatore nell’impossibilità di continuare la storia e nella confusione dei personaggi) . A questa situazione fa da contrappunto la crisi parallela che colpisce l’industria dello spettacolo, terrorizzata dall’idea che il fenomeno possa estendersi, che altri personaggi possano uscire dallo schermo, sfuggire al controllo della macchina che li ha prodotti per i propri fini di lucro, rompendo l’equilibrio tranquillizzante nel quale il mondo dell’arte è perfettamente integrato nella normalità.

Così come Allen si diverte, ed è altrettanto bravo, a ricreare nella parte del film a colori che vuole rappresentare la cruda realtà contrapposta alla piacevole fantasia, l’atmosfera quasi chapliniana di una periferia urbana al tempo della grande depressione. La realtà contrapposta alla fantasia è ancora una volta una finzione magistralmente realizzata; il marito di Cecilia e i suoi degradati compagni sono un misto tra i personaggi di certi fumetti (come Andy Capp) e i diseredati di Chaplin . E altrettanto l’autore si diverte a sviluppare la storia dei suoi personaggi, via via condizionata dalla contaminazione tra realtà e fantasia determinatasi con la fuga del personaggio dal film.

Si diverte in particolare a sviluppare la storia di Tom Baxter, che si propone come uomo ideale, perennemente sorridente, gentile, bello e avventuroso, che non delude mai perché è perfetto. Tranne poi a trovarsi in difficoltà con il conto del ristorante, che non può essere pagato con i suoi soldi finti, o con l’automobile per la fuga, che ha bisogno della chiave per partire, o con il bacio che non si conclude con una dissolvenza, o con il comportamento sleale del marito di Cecilia, che lo sorprende con un colpo basso durante il combattimento. Il suo incontro con Emma, la prostituta che lo porta nel suo bordello, è un piccolo capolavoro di ironia che raggiunge anche momenti poetici, nel contrasto tra l’ingenua onestà di Tom e la "candida" depravazione delle donnine, altrettanto ingenue in qualche modo, perché esplicite e senza malizia, semplicemente "umane". Da questa situazione dialettica Allen fa scaturire un divertente e lieve, quanto sincero, omaggio alla vita, che si esprime sia nell’offerta delle donne di far l’amore gratis con Tom, sia nella meraviglia e nell’entusiasmo di lui per l’esistenza (dopo aver vissuto nel mondo della fantasia la realtà acquista un meraviglioso senso di sacralità), sia nella commozione per la nascita e la vita suscitata dalle sue parole nelle prostitute. Così come Allen si diverte a sviluppare la storia di Cecilia che, dalla sua condizione di sognatrice in fuga dalla realtà, nel rapporto con Tom pian piano si trasforma: si affida al suo eroe immaginario, trova il coraggio e la forza di rischiare, di esplorare la notte, il buio, il vuoto di una vita senza un amore vero, senza l’amore di se stessa, senza un progetto. Non subisce più passivamente la vita esterna, ma prova timidamente ad opporsi, impara a mentire al marito per seguire il suo sogno, comincia ad aprirsi all’amore.

 

 

E’ una metamorfosi profonda, ma ancora totalmente legata al mondo della fantasia, che ha bisogno, per completarsi, di trasferirsi nel mondo della realtà. E’ quello che avviene attraverso la geniale trovata di Allen di far intervenire nella storia Gil Sheperd, l’attore che ha dato vita sullo schermo all’esploratore avventuroso, chiamato dai produttori a darsi da fare per riportare Tom Baxter dentro al film, con la minaccia di rovinargli la carriera. Cecilia, resa più disponibile all’amore dall’incontro con Tom, con Sheperd può abbandonarsi al piacere della propria creatività, riscoprendo il suo amore per la musica (l’ukulele); e soprattutto può viversi l’esperienza di amare e di essere amata sul piano reale.

L’arrivo di Sheperd consente anche un importante confronto tra l’attore e il proprio personaggio, nel quale le ragioni della fantasia si contrappongono a quelle della realtà ("Nel mio mondo le persone sono coerenti, non deludono mai, sono affidabili"... "A che serve il perfetto se l’uomo non è reale?" ... "Nella vita vera le persone invecchiano, si ammalano, e non trovano mai un vero amore"...). Le due facce dello stesso uomo entrano in competizione rispetto a Cecilia ("Fino alla settimana scorso nessuno mi amava. Ora addirittura mi amano due uomini meravigliosi"... "Sono confusa...Sono sposata"...). E lei si trova davanti ad un bivio. Tom Baxter, in difficoltà nel mondo reale, gioca la sua carta migliore: invertendo il paradosso iniziale, conduce Cecilia dentro al film. Il mondo del cinema si rianima, i personaggi in crisi sulla scena riprendono a vivere la storia, ma con qualche difficoltà, perché il personaggio di Cecilia non è previsto nel copione e scombina gli equilibri della fiction. Ma anche questa nuova contaminazione porta qualche buona novità, rappresentata dal maître che finalmente smette di servire i clienti per dedicarsi alla sua vera passione, il tip-tap, mentre Cecilia e Tom possono viversi una magica notte "da cinema", in giro per i migliori locali e per tutta la città.

Ma al ritorno il conflitto si ripropone. Cecilia deve fare una scelta tra l’esploratore, personaggio senza difetti ma finto, e l’attore, un uomo in carne ed ossa che la supplica di decidersi in suo favore, di fare qualcosa d’impulso una volta nella vita andando ad Hollywood con lui. E lei fa la sua scelta, mentre gli attori del film "fanno il tifo" chi per l’una chi per l’altra soluzione. "Devo scegliere il mondo reale: Ma non scorderò mai le nostre notti in città". Così dice all’esploratore, che deluso rientra nella scena. Avendo deciso di amare Gil, Cecilia trova la forza di lasciare definitivamente il marito. Ma deve affrontare una nuova cocente delusione. La realtà è ben più cruda del sogno e Gil, ottenuto il rientro di Tom nella pellicola, sceglie cinicamente la sua carriera e parte senza una parola.

Tutto sembra essere tornato triste e squallido come prima. Tradita e distrutta, Cecilia entra nel cinema, dove stanno proiettando un film con Fred Astaire e Ginger Rogers, Cappello a cilindro (M. Sandrich, 1935). E’ triste e disperata, il suo sguardo è spento, annichilito dalla sofferenza e dalla delusione. Ma, lentamente, le immagini del film toccano ancora una volta il suo animo e il suo viso pian piano si illumina e riprende a sorridere. Ancora una volta il cinema, l’arte, ha saputo toccare l’animo dello spettatore.

 

Tutto ricomincerà come prima? Questo Woody Allen volutamente non ce lo dice, lo lascia alla nostra sensibilità e alla nostra scelta. Alcuni critici hanno interpretato questo finale nel senso della "chiusura del cerchio", cioè del ritorno alla situazione di partenza. La vita di Cecilia riprende nello squallore iniziale, l’arte è una cosa diversa dalla vita, guai a dimenticarselo, e il senso dell’opera d’arte, la sua "utilità", sta nell’ alleviare per un breve attimo il dramma dell’esistenza reale e con questo, forse, rendercela accettabile. A prima vista potrebbe sembrare che anche Allen autorizzi una lettura di questo tipo, visto che la struttura di questo film è una "ringkomposition", cioè una struttura ad anello, poiché termina nella stessa situazione con cui comincia: lo sguardo di Cecilia rapito dal cinema, mentre il tema musicale torna ad essere quello iniziale. Ma, a ben vedere, secondo noi non tutto ritorna come prima. Sul piano della storia, intanto, Cecilia è cambiata, come abbiamo già detto: ha vissuto le esperienze importanti che abbiamo sottolineato ed ha lasciato il marito. Sul piano simbolico delle immagini, possiamo dire che ora porta con sé non soltanto la sua valigia, cioè il suo bagaglio di esperienze, ma anche il suo ukulele, cioè la propria creatività ritrovata.

Ma anche sul piano più specifico del linguaggio cinematografico, possiamo cogliere dei segnali che ci parlano di un cambiamento. Non è un caso che, nell’ambito di un uso "passivo" della macchina da presa per quasi tutto il film, le uniche due sequenze in cui Allen usa la m.d.p. in modo "attivo" sono quelle che descrivono la partenza sull’aereo di Gil e l’ultimo ingresso di Cecilia al Gioiello. Con un movimento di carrello opposto (all’indietro nell’inq. 401, in avanti nella 403) Allen non solo rivela il suo stato d’animo nei confronti dei personaggi del film, ma ci suggerisce anche qualcos’altro. Avvicinandosi a Cecilia e allontanandosi da Gil, il regista diventa anche testimone di una perdita, di un distacco che avviene nell’uomo. Allo spettatore non è dato sapere come sarà la carriera futura dell’attore-Sheperd, perché questo il film non lo rivela, ma intuisce che Gil non avrà più Tom, cioè ha perso (forse definitivamente) quella parte "ideale" di sé che è rimasta dentro lo schermo e che ora appartiene a Cecilia. Cecilia e Gil, insomma, sono contemporaneamente due parti di W.A., come abbiamo già detto e come ci viene suggerito dalla dissolvenza incrociata che, nelle scene finali, fa per così dire "sfumare" l’uno nell’altra ; e contemporaneamente rappresentano due modalità e due scelte esistenziali diverse, rispetto alle quali il regista prende posizione, allontanandosi dall’una e avvicinandosi all’altra.

Anche il tema musicale identico tra l’inizio e la fine, a ben vedere ci parla di una qualche trasformazione avvenuta: mentre nella scena iniziale la musica è "extra-diegetica", cioè esterna rispetto all’immagine rappresentata, nella scena finale è al contrario usata in maniera "diegetica", poiché appartiene al film che Cecilia sta guardando: quasi a sottolineare che ora il film non è più qualcosa di separato, un mondo a parte nel quale fuggire, ma appartiene alla vita reale, è stato "introiettato" da Cecilia e fa parte della sua nuova realtà. Questa volta, di fronte al cinema che tocca di nuovo il suo animo, forse Cecilia non è più la stessa, forse lo spettatore non è più passivo, ma si riconosce una capacità creativa ed artistica che è stata stimolata proprio dal suo rapporto con l’arte cinematografica; e chissà quali opere d’arte saprà ora creare nella sua vita.

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Visto "The Contract"

 

....

un sooooooooonno

peccato, avevo riposto grandi speranze nel sempre ottimo Morgan Freeman

m'è sembrato una rivisitazione de Blair Witch Progect, co la differenza che l'operatore stavolta non c'aveva il morbo de parkinson..

 

 

cmq

voto 5 (e solo per fede a Morgan) :P

 

poca trama e poco sviscerata

john Cusack incredibilmente sottotono

un film inutile

 

peccato :\

Modificato da SonoDDDue

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Entro in scivolata nel topic: nulla è paragonabile alla fresca ed intelligente genialità di Charlie Kaufman.

 

Uno dei più grandi sceneggiatori di tutti i tempi.

Attendo avido il suo ultimo lavoro (in lavorazione): Synecdoche, New York.

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....

un sooooooooonno

peccato, avevo riposto grandi speranze nel sempre ottimo Morgan Freeman

m'è sembrato una rivisitazione de Blair Witch Progect, co la differenza che l'operatore stavolta non c'aveva il morbo de parkinson..

 

 

cmq

voto 5  (e solo per fede a Morgan) :P

 

poca trama e poco sviscerata

john Cusack incredibilmente sottotono

un film inutile

 

peccato :\

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Però gran bei paesaggi :D

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Cmq..."La rosa purpurea del Cairo",20 anni fa,mi piacque molto.

Rivisto oggi appare decisamente troppo melenso,diciamo che è uno di quei film che risente del peso degli anni...resta,però,un bel film... :rolleyes:

Modificato da ORACOLO DI DELFO

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MISTERIOSO OMICIDIO A MANHATTAN

 

 

e vai col tango!  :lol:

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forse il mio preferito di Whoody!!

 

assolutamente geniale :D

 

"lasciati un pò di pazzia per la menopausa!!" è secondo me una delle battue migliori della storia del cinema :P

Modificato da SonoDDDue

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forse il mio preferito di Whoody!!

 

assolutamente geniale :D

 

"lasciati un pò di pazzia per la menopausa!!" è secondo me una delle battue migliori della storia del cinema :P

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a personality...sul topic del cineforum hai detto la stessa cosa di Harry a Pezzi... :P

 

adesso prendi foglietto e scrivi 100 volte Woody Woody Woody.... :lol::lol::lol:

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MISTERIOSO OMICIDIO A MANHATTAN

 

 

e vai col tango!  :lol:

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forse il mio preferito di Whoody!!

 

assolutamente geniale :D

 

"lasciati un pò di pazzia per la menopausa!!" è secondo me una delle battue migliori della storia del cinema :P

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a personality...sul topic del cineforum hai detto la stessa cosa di Harry a Pezzi... :P

 

adesso prendi foglietto e scrivi 100 volte Woody Woody Woody.... :lol::lol::lol:

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a cappuccetto rò...

ma si venuta a trovà tu nonna o a roppe li......

:P

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Sigh!

L'amichetta mia confonde ancora Allen con Woodpecker....... ma in entrambi i casi non ha imparato a scrivere correttamente il nome!!!!

:lol:

1100379[/snapback]

 

 

oh ma...

stamattina avete deciso de metteme in mezzo?

famo panino?

:P

 

chi se unisce??? un morsetto? :P

Modificato da SonoDDDue

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Sigh!

L'amichetta mia confonde ancora Allen con Woodpecker....... ma in entrambi i casi non ha imparato a scrivere correttamente il nome!!!!

:lol:

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oh ma...

stamattina avete deciso de metteme in mezzo?

famo panino?

:P

 

chi se unisce??? un morsetto? :P

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ma io ti vuole bbbbbbbbeneeeeeeeeeeeeeeee

:D

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Sigh!

L'amichetta mia confonde ancora Allen con Woodpecker....... ma in entrambi i casi non ha imparato a scrivere correttamente il nome!!!!

:lol:

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oh ma...

stamattina avete deciso de metteme in mezzo?

famo panino?

:P

 

chi se unisce??? un morsetto? :P

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ma io ti vuole bbbbbbbbeneeeeeeeeeeeeeeee

:D

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io ti vuole sanguinante sul selciato :D

:ph34r:

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Sono certo che l'informazione non cambierà la vostra giornata, però a mio parere il miglior film di Woody è "Io e Annie". La coppia Allen-Keaton era davvero imbattibile.

 

E ancora vi posso consigliare una lettura similcinematografica? Cercate il libro "Tutto quello che Socrate direbbe a Woody Allen. Cinema e filosofia" di Juan Antonio Rivera, davvero carino.

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io in passato ho già postato una mia classifica dei migliori cinque film di Woody Allen e la riposto.

 

5° posto: misterioso omicidio a manhattan

4° posto: manhattan

3° posto: Io e Annie

2° posto: Provaci ancora Sam

1° posto: Il dittatore dello stato libero di Bananas (a mio parere il film più comico e geniale del grande Woody)

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io in passato ho già postato una mia classifica dei migliori cinque film di Woody Allen e la riposto.

 

5° posto: misterioso omicidio a manhattan

4° posto: manhattan

3° posto: Io e Annie

2° posto: Provaci ancora Sam

1° posto: Il dittatore dello stato libero di Bananas (a mio parere il film più comico e geniale del grande Woody)

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Altro grande film ! :)

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