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Magnus Rosèn

Serial Killer

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Il caso di Henry Lee Lucas e del suo complice Ottis Toole, è il caso di omicidio seriale apparentemente più prolifico degli USA e forse anche del mondo (eccetto lo storico caso medievale di Erzsebet Bathory).

Sia Henry Lee Lucas che Ottis Toole sono due esempi a dir poco esemplari di come un’infanzia affogata nella violenza e nel disagio possa essere una delle cause principali di future devianze, tanto più estreme quanto le violenze e il disagio subiti sono stati estremi.

In particolare nel caso di Henry Lee Lucas, ci troviamo probabilmente di fronte ad una delle infanzie più allucinanti che mi sia capitato di leggere, assolutamente da trattare in dettaglio per capire come si è potuto generare uno dei casi criminali più agghiaccianti degli Stati Uniti d'America.

 

Henry Lee Lucas nacque il 23 agosto 1936, come secondo figlio di una coppia poverissima della Virginia. Sua madre, Viola Dixo, era una prostituta di 40 anni per metà indiana Chippewa, già sposata ad un tagliaboschi vagabondo dal quale aveva avuto 7 figli (tutti finiti in orfanotrofio, conosceranno la madre e la loro reale famiglia solo da adulti) che poi l'aveva abbandonata; suo padre, Anderson Lucas, era un ex operaio delle ferrovie che, all'età di 21 anni, durante un incidente di lavoro, perse entrambe le gambe all'altezza del ginocchio rimanendo invalido a vita.

Entrambi i genitori erano alcolizzati cronici e vivevano in Virginia, in una baracca di montagna, vicino a Craig Creek, fra i monti Brushy e Get, al limite del Parco Nazionale di Jefferson, sugli Appalachi. Nel raggio di 3 Km. dalla loro casa non viveva nessuno.

Viola Lucas era una donna disgustosa e sadica, le persone che la conoscevano la consideravano "cattiva come un serpente a sonagli". L'aspetto poco attraente, i problemi di alcolismo, la poca cura che dava al suo corpo e gli stracci di cui si ricopriva le davano un aspetto orribile e il suo carattere cattivo, cinico e violento la rendevano veramente insopportabile ed inavvicinabile. Ciononostante, molti rudi e poco responsabili uomini dei paraggi la frequentavano come prostituta per consumare rapidi e squallidi rapporti sessuali all'esiguo prezzo di 50 cents. La donna spesso puzzava come una bestia, continuava a masticare tabacco durante i rapporti e non si preoccupava minimamente di fare sesso davanti al marito o ai figli. In qualche caso ciò accadeva volontariamente, con Viola che minacciava di botte Henry e suo fratello maggiore Andrew se non avessero assistito a lei che faceva sesso con i suoi rozzi clienti.

La situazione peggiorò ulteriormente quando Viola, contro la volontà del marito e dei figli, si portò in casa il suo nuovo amante, Bernie Dowdy, un ritardato mentale che viveva vicino al Monte Brushy. Il nuovo arrivato, sporco, trasandato, puzzolente e quasi analfabeta dormiva stabilmente con Viola ed entrava in continuo contrasto con Henry, Andrew e sopratutto con Anderson Lucas, il quale a causa del suo handicap spesso doveva subire le decisioni della moglie senza potersi efficacemente opporre.

Senza gambe, Anderson non aveva lavoro, le ferrovie dopo l'incidente non gli avevano pagato neanche le spese mediche e quel poco che guadagnava lo faceva scuoiando visoni o vendendo matite in città al prezzo di cinque centesimi l'una. La gente lo chiamava senza molto rispetto "Senza gambe" o "Culo e gomiti" e a casa la moglie lo sottoponeva continuamente a rimproveri e talvolta a vere e proprie angherie. L'alcool era il suo unico conforto e da quando arrivò in casa Bernie la situazione per lui divenne ancora più dura. I due non si vedevano di buon occhio e, in un caso, durante un loro litigio si sfiorò addirittura la tragedia: Anderson, ubriaco, nonostante l'handicap, si scagliò contro Bernie colpendolo di striscio ad un fianco con un coltello, Bernie riuscì poi a disarmarlo e lo colpì a sua volta mutilandolo ad un orecchio.

Il capo assoluto della casa era dunque Viola, che comandava tutti e picchiava costantemente i figli e il marito con rami ed assi di legno.

 

All'età di 6 anni, nel 1942, Henry cominciò le scuole elementari, che furono per lui un elemento di ulteriore sofferenza ed umiliazione.

Il primo giorno di scuola, la madre, per sfregio, lo mandò a scuola con un vestitino da donna ed i capelli lunghi, sottoponendolo alla pena e al ludibrio dei suoi compagni di classe.

Nei mesi seguenti, Henry fu inoltre costretto ad inventarsi spesso bugie poco credibili per giustificare i lividi di cui era ricoperto a causa dei maltrattamenti della madre.

Una delle poche creature che sembrava ricambiare l'affetto di Henry era una cavalla che i genitori possedevano. Quando la cavalla rimase gravida ed ebbe le doglie, nel momento in cui sembrava stare male, la madre uscì di casa con un fucile e le sparò uccidendola e lasciando il suo puledro agonizzare e morire dentro di lei. Tutto ciò accadde sotto gli occhi terrorizzati di Henry che venne subito dopo frustato dalla madre, arrabbiata per il fatto che avrebbe dovuto pagare dei soldi per il trasporto della carcassa.

Più passava il tempo e più Viola diventava violenta con il figlio minore, ogni scusa era buona per infliggergli severe punizioni. Quando un giorno Henry non fu abbastanza veloce a prendere della legna per il fuoco, Viola prese un'asse di legno e lo colpì in pieno sulla nuca. Henry cadde a terra e rimase privo di coscienza sul pavimento per 3 giorni, prima che qualcuno si decidesse di farlo vedere da un medico, ai quali dissero che era caduto da una scala. Da quel momento Henry soffrì costantemente di giramenti di testa, amnesie e problemi di equilibrio.

Contemporaneamente a questi eventi, Henry cominciò ad abusare anche lui di bevande alcoliche (in famiglia producevano anche del liquore di contrabbando) e iniziò di tanto in tanto a rubare.

Anche quando non subiva i maltrattamenti della madre o del suo amante, la vita di Henry non era particolarmente fortunata, un esempio lampante di questo accadde nel 1943, quando mentre si trovava con il fratello a fare un innesto in una vigna, Andrew tagliò una vite mentre Henry la teneva, il coltello che aveva indosso scivolò e procurò ad Henry un taglio lungo dal naso fino all'orecchio. Il colpo produsse tra l'altro una grave ferita al globo oculare. Henry dall'occhio ferito cominciò a vedere tutto opaco e a non vedere nulla di lato. La ferita era talmente grave che fu costretto a rimanere in ospedale a Roanoke per 6 settimane, durante le quali la madre andò a visitarlo una sola volta.

 

Al termine della degenza in ospedale, Henry poté tornare a scuola e una maestra particolarmente sensibile ordinò appositamente per lui libri con caratteri più grossi del normale, ma le sue sfortune non erano ancora finite: un giorno, una maestra esasperata da un alunno particolarmente turbolento, cercò di colpire lo studente con un righello di metallo, ma per errore prese Henry, il cui occhio ferito si ruppe. All'ospedale furono costretti a rimuoverlo, impiantando successivamente al suo posto un occhio di vetro.

L'intervento tuttavia non fu particolarmente riuscito, la protesi pendeva un po’ obliquamente nell'orbita. Varie volte, a causa dell'operazione fatta male e della scarsa pulizia con cui veniva tenuto l'occhio finto, Henry soffrirà di infezioni ed eczemi.

Anche l'aspetto estetico di Henry, a causa di questo intervento, peggiorò notevolmente. Con il passare degli anni Henry sviluppò, com'era lecito attendersi, un comportamento sempre più antisociale e delinquenziale. Furti, risse e sbronze erano all'ordine del giorno e a scuola era generalmente svogliato e disinteressato, con il risultato che a 14 anni era ancora in quinta elementare.

Un altro evento di fondamentale importanza nell'infanzia di Henry avvenne all'età di 10 anni, nel 1946, quando scoprì il sesso per la prima volta, in un modo che più malsano di così poteva difficilmente essere. Un giorno di quell'anno, Bernie Dowdy, l'amante ritardato della madre, gli disse di seguirlo in cima al Monte Brushy.

I due portarono con loro un vitellino e, arrivati in cima al monte, Bernie, davanti agli occhi esterrefatti di Henry, tirò fuori un coltello e tagliò la gola all'animale terrorizzato. Mentre l'animale morente stava ancora tremando, Bernie si tirò giù i pantaloni ed ebbe un rapporto sessuale con la carcassa. Quando l’uomo ebbe finito, venne il turno di Henry che dopo l'iniziale titubanza, imitò l'adulto, meravigliandosi infine di provare un così intenso piacere.

Henry scoprì così il sesso, tramite la violenza, la depravazione e la sopraffazione. Questa esperienza lo marchiò a fuoco per il resto della sua vita. Dopo quel giorno, Henry cominciò a masturbarsi quasi quotidianamente e a spiare le donne dalle finestre.

Presto seguì gli insegnamenti di Bernie e iniziò ad uccidere da solo altri animali per farci sesso, prevalentemente cani, perché erano più facili da manovrare e la gente si accorgeva di meno della loro scomparsa.

Con l'abitudine a queste pratiche, Henry scoprì di provare piacere sia nell'atto sessuale che anche nell'atto di uccidere vero e proprio, diventando così sempre più sadico e violento.

 

Anche la sua prima esperienza sessuale con una donna fu altrettanto infelice e traumatizzante. All'età di 13 anni, Bernie lo portò da una prostituta con cui si era precedentemente accordato.

Lucas ebbe così il primo rapporto sessuale tradizionale della sua vita, ma, quando stava quasi per avere l'orgasmo, la donna gli disse bruscamente di levarsi di dosso spingendolo via da sé.

Era stata tutta una messinscena e Bernie e la prostituta si misero a ridere osservandolo mentre si rivestiva precipitosamente, frustrato e pieno di vergogna. Bernie riprese poi da dove Lucas aveva lasciato, facendo sesso con la prostituta.

Dopo quell'esperienza Lucas cominciò ad odiare sempre di più le donne che ormai vedeva tutte genericamente come “puttane”.

Parlando dell'infanzia di Lucas, ci si ritrova insomma a parlare solo di esperienze devastanti e tragiche e non fu da meno quella che accadde un anno dopo, nell'inverno del 1950, quando Anderson Lucas, il padre di Henry, dopo l'ennesima lite con Viola, si allontanò da casa ubriaco e depresso, senza fare più ritorno. L'uomo morì assiderato, steso nella neve senza che nessuno dei suoi familiari si prendesse la briga di riportarlo dentro, sebbene secondo alcune voci era stata la stessa Viola ad ucciderlo, colpendolo con un bastonata alla testa.

Dopo la morte del padre, che era l'unico a mostrare talvolta un po’ di affetto nei suoi confronti, Henry, all'età di 14 anni decise di andarsene via da casa, nonostante il parere contrario della madre. Così, mentre Viola e Bernie traslocarono in un'altra casa bruciando la vecchia baracca in montagna, Henry trovò lavoro come bracciante e visse per un certo periodo con delle sorellastre (le figlie avute da Viola dal precedente marito) a Middlebrook, prima di ritornare nell'area di Blacksburg dove trovò qualche alloggio di fortuna.

 

Nello stesso periodo, Henry cominciò ad interessarsi di automobili, aveva imparato a guidare la vecchia Plymouth del fratello nei dintorni di Blacksburg e scoprì che gli piaceva.

Stare dietro al volante lo faceva sentire libero e potente e fu proprio guidando un auto in maniera pericolosa che finì per la prima volta in galera.

La seconda volta, per motivi più seri, fu arrestato il 12 marzo 1952, dopo un furto in un negozio di elettrodomestici. Henry venne processato e mandato in un riformatorio a Beaumont in Virginia. Henry non era contento di essere finito sotto chiave, ma ben presto si accorse che tutto sommato le condizioni di vita in galera erano assai migliori di quelle a cui era abituato: per la prima volta in vita sua viveva in un posto con acqua corrente, elettricità e persino un televisore.

Paragonata alla capanna fredda sui monti, con pavimento di terra e senza nessun comfort, la vita in riformatorio gli pareva paragonabile a quella di un albergo di lusso.

Gli psicologi dell’istituto che lo visitarono rimasero allibiti di fronte ai racconti dell'infanzia di Lucas e sostennero che psicologicamente il ragazzo sembrava abbastanza chiuso in sé stesso, poco propenso a parlare dei suoi problemi.

Il quoziente intellettivo era di 76, piuttosto scarso, ma sopra il livello di ritardo mentale.

Per quanto riguarda invece la sua salute fisica, se si eccettua il problema dell'occhio di vetro che spesso gli procurava fastidiose infiammazioni, era abbastanza buona.

Il suo problema maggiore, a detta di tutti, era la madre, che anche durante la detenzione del figlio, non si degnò di mandargli nulla e non andò a fargli visita nemmeno una volta.

Nell'autunno del 1952, gli fu inserito un nuovo occhio artificiale che gli ridusse l'entità del suo annoso problema, tuttavia la vita in prigione cominciava a stargli stretta e tentò per due volte la fuga, finendo tutte e due le volte riacciuffato e frustato per punizione.

I primi segni di miglioramento nel comportamento di Lucas furono visibili solo un anno dopo il suo arresto, nel 1953, quando il personale del riformatorio cominciò ad osservare dei miglioramenti e a valutare di rimetterlo in libertà, cosa che avvenne nel settembre del 1953, dopo che pochi mesi prima era stato promosso alla sesta classe all'interno della scuola del riformatorio.

 

Dopo la sua liberazione, Lucas non aveva voglia di tornare a casa e per qualche tempo andò a vivere a Ingalls nel North Carolina, dove il fratello Andrew si era arruolato nella Marina.

Da lì si recò poi a Staunton in Virginia, da una sorellastra, dove trovò lavoro come bracciante.

Henry passò qualche tempo lavorando e guadagnando onestamente, ma ben presto si rimise nuovamente nei guai e, il 28 giugno 1954, venne arrestato per rapina. Henry venne processato e condannato senza che nessun parente si prendesse la briga di assisterlo.

Diventato ormai maggiorenne, venne spedito al carcere di Richmond in Virginia, dove, così come era successo già in passato con il riformatorio, trovò una condizione di vita tutto sommato accettabile. Doveva lavorare nei campi o nei cantieri stradali, ma poteva usufruire di pasti regolari e di una cella tutto sommato confortevole.

Tutto questo non lo fece ugualmente desistere dal tentare varie volte di fuggire, cosa che gli riuscì il 28 maggio 1956, quando insieme ad un suo compagno, riuscì ad allontanarsi da un gruppo di lavoro e a rubare una macchina. Da lì i due attraversarono vari stati, sia a bordo di macchine rubate che facendo l'autostop, fino a quando, il 19 giugno dello stesso anno, vennero nuovamente arrestati mentre si trovavano in Michigan.

Incarcerato a Detroit, Lucas venne in seguito destinato alla prigione federale di Chillicothe in Ohio. Dopo aver scontato 18 mesi per la fuga e i furti d'auto, venne nuovamente trasferito in Virginia per finire di scontare la sua condanna per rapina.

In prigione Lucas imparò molti mestieri, quali il falegname, il sarto, l'addetto al montacarichi.

Per quanto riguarda invece il sesso, stando ai rapporti della prigione, Lucas aveva rapporti sessuali regolari come partner passivo nelle fellatio e come partner attivo nei rapporti anali.

 

Dopo alcuni anni di quel tran tran, il 2 settembre 1959, data della fine della pena, Lucas venne liberato di prigione con in tasca 83 dollari e 9 centesimi, giusto lo stretto necessario per recarsi a Tecumseh, cittadina del Michigan, dove viveva Opal Jennings, sua sorellastra.

Qualche tempo dopo, venne a trovarli Viola Lucas, la madre di Henry, e la situazione ricominciò a farsi tesa. Tra i due non scorreva buon sangue ed Henry, che era ormai un ventitreenne pieno di tatuaggi, alto 1.75 (20 cm. più della madre), forte e sicuro di sé, non era più molto propenso a sopportare le angherie della vecchia.

Fu così che, la notte dell'11 gennaio 1960, accadde la tragedia, per certi versi del tutto attesa.

Henry e Viola Lucas, soli a casa, litigarono per l'ennesima volta, ma stavolta Henry reagì con particolare violenza e uccise la madre, prima di scappare.

La donna verrà trovata morta sul pavimento il mattino dopo, dalla sorellastra Opal Jennings.

Dopo una breve fuga attraverso vari stati, il 16 gennaio 1960, Henry fu notato da un agente di polizia mentre faceva autostop in Ohio e venne arrestato.

Portato alla stazione di polizia di Tecumseh in Michigan, Lucas confessò il suo crimine raccontando i fatti della sera dell'11 gennaio: "Quando siamo andati via da Bagshaw (un locale dove quella sera si era recato a bere insieme alla madre, alla sorellastra e a suo marito), mia madre ha cominciato a litigare con me, e la cosa è peggiorata fino a quando abbiamo cominciato a fare a botte. Le ho dato tre o quattro schiaffi quando eravamo nel retro della caserma dei pompieri e poi, da lì, lei ha continuato a discutere fino a casa. Sono entrato e ho preso il pigiama, lei è salita e ha ricominciato e io l'ho picchiata di nuovo. Poi mi sono frugato in tasca per prendere il coltello, o ce l'avevo già in mano, non ricordo. E l'ho colpita col coltello, è caduta per terra e sono scappato". Una cosa che Lucas non confessò, né in quel momento né durante il processo, ma bensì con lo psichiatra della prigione dopo la sua condanna, era che dopo aver ucciso la madre settantenne, l'aveva anche stuprata.

L'autopsia effettuata sul cadavere della donna stabilì che la morte era sopraggiunta per una ferita al collo della profondità di 12 centimetri e mezzo, che aveva perforato la carotide in più punti. Il medico legale trovò inoltre lividi sul collo che ritenne essere segni di strangolamento.

Il processo a Lucas iniziò il 22 marzo 1960 ed in considerazione delle attenuanti, della sua disastrosa infanzia e del fatto che l'omicidio non era premeditato, il giudice non lo condannò all'ergastolo bensì ad una pena compresa tra i 20 e i 40 anni di prigione, con la possibilità di essere rilasciato su parola entro pochi anni.

Durante la lettura della sentenza Henry non mostrò segni d'emozione, ma la sorella Opal si mise a piangere. Lucas venne trasferito al penitenziario statale di Jackson nel Michigan del sud, per scontare la condanna.

Questa la descrizione di Lucas fatta dall'assistente sociale che lo visitò al suo arrivo nella prigione: "Lucas sembra essere un individuo completamente inadeguato che si sente insicuro e inferiore. L'uomo ha tendenze recidive e sembra non rendersi conto del suo problema. Sembra avere predisposizione ad atti impulsivi, non dà peso alle sue azioni. In apparenza è passivo e inoffensivo; tuttavia è stato osservato in lui un temperamento esplosivo ed è incapace di moderarsi nei suoi accessi d'ira".

Durante il primo periodo della sua detenzione in carcere, Lucas, a differenza delle sue prime detenzioni, andò in una profonda depressione, manifestando più volte l'intenzione di uccidersi (pare anche che sentisse delle voci in cui sua madre gli diceva di uccidersi come punizione per averla ammazzata). A causa di questi fatti, nel luglio del 1960, fu portato nella clinica psichiatrica della prigione per essere esaminato. Nei colloqui con lo psichiatra, Lucas confesserà con rimorso la violenza sessuale sul cadavere della madre e la sua intenzione di uccidersi. Lo psichiatra raccomandò una permanenza a tempo indefinito nella clinica psichiatrica per ulteriori test, esami e terapie farmacologiche. Dalla clinica psichiatrica della prigione venne poi trasferito in un ospedale psichiatrico statale, dove rimase per altri 5 anni, fino al 28 aprile 1966, quando fu nuovamente trasferito al carcere di massima sicurezza di Jackson.

Negli anni successivi Lucas fece progressi: si era tranquillizzato, non manifestava più intenzioni suicide, svolgeva vari lavori all'interno della prigione e si dimostrava disponibile e ubbidiente.

In relazione ai vari progressi raggiunti, nel 1970 le autorità decisero di concedergli la libertà vigilata.

 

Ad attenderlo fuori dalla prigione, la mattina del 3 giugno 1970, c'era Stella Curtis, una vecchia fiamma di Lucas, conosciuta precedentemente all'arresto per l'omicidio della madre. Quella sera Lucas mangiò da Stella e da suo marito e subito dopo venne accompagnato alla stazione degli autobus, dove un mezzo lo aspettava per recarsi a Elkton, nel Maryland, dove un'altra sorellastra si era offerta di ospitarlo.

Lucas rimase ad Elkton per 2 mesi e successivamente si trasferì a Port Deposit, sempre in Maryland, dove Wanda Weaver, la sua terza e più giovane sorellastra, si era offerta di ospitarlo a casa propria insieme a suo marito Eugene e alle sue 3 figlie.

Nell'agosto del 1971, un ulteriore cambiamento: Opal Jennings e suo marito andarono a trovare Wanda ed Henry in Maryland, Wanda confidò alla sorella che Henry non andava d'accordo con il marito e le disse che non voleva più tenerlo con sé.

Opal e il marito accettarono di riprenderlo con loro e così 2 settimane dopo, la coppia tornò in Michigan con Henry, che nel frattempo aveva ricevuto il permesso a trasferirsi nuovamente di stato. Nonostante l'omicidio della madre, Opal si sentiva in obbligo di dare ancora una possibilità al problematico fratello.

Tutto quel tempo e la prigione non avevano in realtà migliorato Lucas, che continuò a manifestare segni di disagio e comportamenti antisociali e che non perse neanche le sue vecchie abitudini sessuali deviate: quando lui era nei paraggi, molti si lamentavano di strane sparizioni di animali e a fare le spese di queste sue insane abitudini furono anche gli animali della sorella Opal, un cane e una capra. Il cane fu ritrovato impiccato nel capanno degli attrezzi e la capra fu ritrovata letteralmente massacrata in un campo.

Il fatto più grave accadde pochi mesi dopo, sempre nel 1971, quando dopo 2 tentativi di rapimento ai danni di altrettante adolescenti minacciate con una pistola, la polizia riuscì a risalire all'aggressore tramite il numero di targa (dell'auto del marito di Opal) e arrestò per l'ennesima volta Lucas.

Henry si dichiarò da subito colpevole e, in relazione alle sue nuove accuse, gli venne immediatamente revocata la libertà vigilata. Nel dicembre del 1971, venne processato e condannato dallo stesso giudice che l'aveva giudicato 10 anni prima ad una pena fino ad un massimo di 5 anni di reclusione.

Il 22 agosto 1975, Lucas venne rilasciato di prigione e, consapevole del fatto che non sarebbe stato più il benvenuto a casa della sorellastra Opal, decise di trasferirsi nuovamente in Maryland, dove viveva sua sorella Wanda, da lì poi visse anche un breve periodo in Pennsylvania da altri parenti, trovando un gran numero di lavori precari, che spesso lasciò dopo nemmeno una settimana.

La cosa più significativa nel periodo immediatamente successivo al suo rilascio, fu che per la prima volta nella sua vita, due mesi dopo essere uscito di prigione, Henry trovò una donna con la quale avere una relazione tradizionale, cosa che fino a quel momento, a 39 anni suonati, non aveva mai avuto, abituato esclusivamente a rapporti sessuali con animali, detenuti e qualche volta prostitute. La ragazza si chiamava Betty Crawford, era una donna robusta con 10 anni meno di lui ed era vedova del figlio di una delle sue sorelle, Charles Crawford, morto in un incidente lasciandola sola con due figlie in tenera età.

Betty invitò Lucas a casa sua, in un piccolo e sporco appartamento di Fort Deposit (Maryland), e presto i due scoprirono di piacersi, tanto che in meno di due mesi Lucas propose a Betty di sposarlo e lei accettò.

Dopo il matrimonio, celebrato con semplicità, i due, con le bambine, andarono a vivere in una casa su ruote a due piani, in un parco per case mobili. Quello che ancora Betty non sapeva è che Henry, ancora prima del matrimonio, aveva cominciato ad abusare sessualmente delle due bambine, Cindy di 8 anni e Kathy di 9 anni.

Lucas cominciò gli abusi durante una notte d'inverno in cui Cindy dormiva nel letto matrimoniale insieme a loro per avere più caldo. Con la scusa delle coccole, molestò la bambina, stesso trattamento riservato più volte a Kathy.

Dopodiché, non più soddisfatto delle semplici molestie, passò a vere e proprie violenze sessuali. Quando Betty era fuori casa, Lucas portava le due bambine al piano superiore e, ripetendo quanto aveva subito da bambino, stuprava Kathy obbligando Cindy a osservarli. Quest'ultima, di carattere più forte, si ribellò molte volte alle violenze, con il risultato tuttavia di subire molte più botte.

Lucas non esitava inoltre a picchiarle e minacciarle di morte in caso avessero raccontato qualcosa. Mai sazio di sesso, non passava quasi giorno senza che le molestasse o stuprasse ovunque, in casa, in auto, in nascondigli vari.

Betty notò presto che le bambine non volevano mai stare da sole con Lucas, ma inizialmente non sospettò nulla. La madre di Betty era invece convinta che dietro l'istinto paterno ci fosse qualcos'altro che spingeva Lucas ad essere sempre così interessato alle bambine, ma i dubbi rimasero irrisolti fino a quando, nel 1977, proprio la madre di Betty trovò del sangue nelle mutandine di una delle bambine ed accusò apertamente Lucas, che da parte sua negò ogni addebito. Le accuse contro di lui in famiglia cominciavano a diventare sempre più pressanti e Lucas, nel giugno 1977, dopo un viaggio in Texas con la famiglia per andare a trovare un'altra sorella, decise di cambiare aria: la notte del 6 luglio 1977, mentre Betty era ancora addormentata, si alzò dal letto, si vestì e senza neanche preoccuparsi di prendere altri bagagli, salì in macchina e partì, per tornare da Opal, che nel frattempo si era trasferita dal Michigan al Maryland per stare più vicino alle altre sorelle.

Lucas rimase per qualche settimana da Opal e suo marito. I due vivevano in una casa mobile ma Lucas dormiva nella loro macchina.

In seguito si recò a Lindhurst, in Virginia, dove viveva un fratellastro, poi a Wilmington, nel Delaware, dove trovò lavoro in una ditta di moquette e poi a Hinton, in West Virginia, con due suoi nipoti, dove trovò lavoro in un'altra ditta di moquette.

 

Nel gennaio del 1978, Lucas conobbe un'altra donna che sembrava corrispondere il suo interesse, si trattava di Rhonda Knuckles, cameriera d'albergo.

Vissero insieme per 3 mesi circa in una casa in affitto, prima che anche quell'unione fallisse miseramente. Rhonda sperava che Lucas la sposasse, ma ogni volta lui si inventava una scusa diversa, raccontando molte bugie, come l’essersi appena divorziato da una donna in Maryland, o che era finito in galera per aver ucciso un uomo in un bar.

Il loro rapporto, già fragile, si deteriorò ulteriormente quando, per l'ennesima volta, Lucas venne licenziato e non si preoccupò in seguito di cercarsi un nuovo lavoro.

Anche Rhonda era disoccupata per poter assistere il figlio malato e i due vivevano con una misera pensione statale. Senza soldi e stando insieme 24 ore su 24 la situazione divenne presto insostenibile, i rapporti sessuali erano calati quasi a zero e Lucas divenne improvvisamente e senza motivo geloso, minacciando la sua compagna di morte.

Per qualche tempo, Rhonda cercò di aiutarlo e capirlo ma alla fine, spaventata e incapace di penetrare a fondo nell'animo oscuro di Henry, rinunciò a quel tentativo.

A marzo i due si lasciarono, Rhonda gli diede dei soldi per tornare in autobus in Maryland e Lucas tornò dalla sorella Opal per qualche tempo, per poi andare dall'altra sorella Wanda Weaver e suo marito Eugene.

Seppure non andava d'accordo con nessun membro della famiglia, da quando era uscito di prigione era quasi sempre stato con qualcuno di loro, ad eccezione delle due brevi convivenze.

Il rapporto con i parenti tuttavia era ormai vicino alla rottura totale. Avvenne nel febbraio 1979, quando Wanda Weaver affrontò il fratello dopo aver raccolto abbastanza indizi per sospettarlo di molestie sessuali nei confronti della sua nipotina.

Lucas negò le accuse, ma il giorno dopo scomparve con il furgone del figlio di Wanda senza avvertire nessuno. Si diresse verso sud, sulla I-95, senza una meta precisa, l'unica cosa di cui era certo era che non sarebbe mai più tornato dalla sua famiglia.

Arrivò fino a Miami, per poi decidere di tornare verso nord, fermandosi a Jacksonville, sempre in Florida. Lì il furgone si ruppe e lui non aveva i soldi per aggiustarlo, perciò prese gli attrezzi del veicolo e abbandonò il mezzo.

Cominciò quindi a campare usufruendo dell'assistenza di una locale comunità religiosa ed un giorno di quelli, mentre si trovava seduto sui gradini di una chiesa guardando la gente che passava, improvvisamente fu avvicinato da una sua vecchia conoscenza, un uomo alto, robusto e dal sorriso ebete, di nome Ottis Toole, conosciuto anni prima in una taverna in Pennsylvania.

 

Chi è Ottis Toole?

Ottis Toole, così come Henry, proveniva da una infanzia estremamente difficile dove l'abuso, la violenza e la degradazione erano all'ordine del giorno.

Ottis nacque il 5 marzo 1947, ottavo di nove figli di Sarah e William Henry Toole, che, quando era abbastanza sobrio faceva l'imbianchino, ma che spendeva la maggior parte del tempo ad ubriacarsi e a picchiare la moglie.

Quando Ottis compì 7 anni, Sarah raggiunse il limite della sopportazione e decise di lasciare il marito, trasferendosi insieme ai suoi 8 figli (il nono era morto prestissimo per una meningite spinale) a Springfield, un quartiere degradato all'estrema periferia di Jacksonville, abitato prevalentemente da poveri e minoranze etniche.

Springfield era un posto pericoloso per una donna sola con 8 figli da accudire, ma Sarah non aveva scelta, aveva un lavoro modesto in un supermercato e, per riuscire a sfamare tutti i figli, doveva spesso ricorrere all'assistenza pubblica.

I soldi scarseggiavano in maniera cronica e per un certo periodo fu addirittura costretta a ridursi a spingere un carrello della spesa per il quartiere, raccogliendo lattine e pezzi di latta da rivendere poi alla libbra. Quando non bastava neanche quello, Sarah, fervente religiosa, pregava e sperava prima o poi di ricevere un aiuto dal Signore.

Ottis crebbe come il piccolino della famiglia. Nato ritardato, era timido ed era sempre attaccato alla mamma, che era molto preoccupata per lui.

I problemi maggiori per lui cominciarono con l'inizio della scuola: gli altri bambini capirono subito che lui era più lento degli altri e lo presero in giro senza pietà, chiamandolo "ritardato".

Un giorno, un bambino gli tirò anche un sasso alla testa ferendolo seriamente, tanto che in seguito Ottis soffrirà periodicamente di convulsioni, che lo esporranno ad umiliazioni ancora peggiori.

Solo a casa Ottis si sentiva a proprio agio, giocando con i suoi fratelli e sorelle, una delle quali, Drusilla Toole, aveva inventato un gioco nel quale Ottis si doveva vestire da donna, gioco che lui sembrava prendere con piacere ed entusiasmo, divertendosi a muoversi e vestirsi come una femmina.

Ottis non passò la prima elementare e l'anno successivo fu messo in una classe differenziale, da dove di anno in anno verrà promosso "pro forma", grazie ad alcuni insegnanti sensibili. Arrivò così alla settima classe senza aver pressoché imparato nulla, nell'apprendimento era in ritardo su tutto, fuorché nel sesso, dove invece rispetto ai coetanei era molto precoce.

La causa di ciò è probabilmente da ascrivere alla sorella Drusilla, anch'essa molto precoce, che, vittima di abusi, all'età di 10 anni non era più vergine e si accompagnava frequentemente con uomini adulti. Coinvolse in certe pratiche anche Ottis, che ebbe così il suo primo rapporto sessuale con la sorella.

Più o meno nello stesso periodo, Ottis ebbe anche la sua prima esperienza con un uomo adulto e scoprì che quel tipo di sesso gli piaceva di più rispetto a quello che aveva con la sorella, così orientò tutte le sue fantasie sessuali su uomini e ragazzi.

Un'altra cosa che gli dava un piacere quasi sessuale era l'appiccare incendi: Ottis intoro ai 12/13 anni scoprì di provare piacere ad appiccare incendi e poi osservare i pompieri e la gente che accorreva nel tentativo di spegnerli, ciò gli dava un grande senso di potere e lo rilassava. Le cose che per Ottis erano importanti nella vita erano: sesso, appiccare incendi, alcool e fumo. Non c'è da meravigliarsi che presto cominciò ad avere guai con la giustizia.

La prima volta accadde quando aveva 13 anni, nel 1960.

Un giorno un agente lo arrestò per aver rubato una bicicletta. Il tribunale minorile decise di lasciarlo libero, ma sotto sorveglianza, anche se non bastò e dopo soli 8 mesi fu nuovamente arrestato per violazione di domicilio e mandato al Riformatorio Maschile della Florida.

Ciò rappresentò un immenso dolore per la madre e di questo Ottis era sinceramente dispiaciuto, ma i suoi problemi e turbamenti erano troppo complessi e profondi e fu così che quando uscì dal riformatorio il suo comportamento cambiò solo in peggio.

Prese l'abitudine di scappare spesso di casa, si rifiutò di andare a scuola e continuò a praticare sesso in maniera dissennata con tutti gli uomini con cui ne aveva occasione. Divenuto ormai un adolescente dal fisico robusto, trovò lavoro come bracciante e non aveva più molto da temere dagli altri, anche se le prese in giro a cui era stato sottoposto durante l'infanzia l'avevano reso assai diffidente nei riguardi del prossimo: ogni volta che qualcuno parlava troppo facendosi beffe di lui, in genere ne pagava le conseguenze.

Nell'estate del 1964, all'età di 17 anni, finì nuovamente in prigione. Un poliziotto lo arrestò per vagabondaggio, perché aveva cercato di adescare qualcuno nel parco.

Quell'arresto gli valse 90 giorni di lavori forzati, dopodiché, durante l'inverno, venne di nuovo arrestato e condannato alla stessa pena per aver rubato una batteria e della benzina.

L'arresto successivo, pochi mesi dopo, avvenne per aver trasportato oltre i confini dello stato una macchina rubata, in quel caso costrinse anche un agente della polizia ad un lungo inseguimento e la pena fu di conseguenza più dura: quel reato gli costò una pena di 2 anni di carcere duro nell'Istituto Correzionale Federale di Ashland nel Kentucky.

Dopo essere stato rilasciato nel 1967, Toole ci mise soltanto 19 giorni per essere nuovamente arrestato, stavolta per un'accusa minore che fu in seguito archiviata.

Fra i periodi in carcere e quelli fuori, Toole stava da sua madre e dal suo patrigno (la madre si era nel frattempo risposata), fino a quando Sarah Toole affittò un piccolo appartamento per suo figlio in maniera che avesse un posto tutto per sé.

Alla metà degli anni ‘70, Ottis aveva già 13 arresti sulla sua fedina penale, causati da reati che andavano dagli atti osceni in luogo pubblico alla detenzione illegale di armi. In un caso finì in prigione addirittura per aver fatto delle proposte sessuali ad un agente di polizia in un cinema porno.

Prese anche l'abitudine di travestirsi spesso da donna, quando scoprì che così facendo attirava meglio l'attenzione degli uomini. Al tempo stesso, cominciò a fare uso frequente di droghe.

Ottis non nascose mai la sua omosessualità, né se ne vergognò, tuttavia presto si chiese se per caso non si perdeva qualcosa a non farsi una famiglia, così provò per due volte a sposarsi con una donna; in entrambi i casi fu un fiasco.

La prima volta, ancora adolescente, si sposò con una donna che lo piantò dopo 4 giorni, dopo aver saputo che era omosessuale; la seconda volta, nel 1977, si sposò con una donna di 51 anni, un matrimonio più che altro di comodo per entrambi.

Toole continuava a preferire gli uomini ed in particolare i bisessuali.

Li portava a casa, aveva un rapporto con loro e poi li faceva stare con la sua nipotina più grande, Sarah, figlia della sorella Drusilla, anch'essa alle prese con una esistenza difficile, fatta di arresti, matrimoni falliti e problemi di droga. Una esistenza che terminerà poi tragicamente con un suicidio. Per tutti quegli anni, Toole continuò a ricorrere ad espedienti di vario tipo per ottenere soldi, droghe e sesso, lavorando solo di tanto in tanto in mestieri di fatica, mal retribuiti e precari.

 

Tutto ciò fino a quel giorno del febbraio 1979, quando Ottis Toole e Henry Lee Lucas incrociarono i loro destini per quella che sarebbe presto diventata la coppia criminale più pericolosa di tutto il Nord America, fino all'arresto definitivo di Lucas che avvenne nel 1983.

Ottis fece immediatamente amicizia con Lucas e gli presentò tutta la sua famiglia, compresa la madre, la moglie, la sorella Drusilla e i suoi nipoti Frank e Becky, quest'ultima diventerà poi in futuro l'amante di Lucas.

Quasi da subito la coppia Toole-Lucas trovò nell'attitudine criminale un motivo d'unione.

Cominciarono così a spendere gran parte del loro tempo libero ubriacandosi e vagabondando in auto alla ricerca di "divertimento", che per loro era rappresentato essenzialmente da furti a negozi ed occasionalmente a banche. Iniziarono rubando soldi, cibo e birra e godendo nel terrorizzare la gente, diventando giorno dopo giorno sempre più violenti e brutali.

I due diventarono brutali a tal punto che se, ad esempio, un cassiere o un impiegato di una banca opponeva la minima resistenza, loro gli sparavano immediatamente addosso, così come accadde durante una rapina in un piccolo negozio della Georgia.

Lucas puntò una pistola alla testa della commessa, mentre Toole rubava tutto ciò che era possibile, poi legò la donna e, quando con la coda dell'occhio si accorse che questa tentava di liberarsi, si avvicinò facendo finta di niente e le sparò un colpo di pistola alla tempia, stuprando successivamente il cadavere.

Scoperta l'ebbrezza della violenza e dell'omicidio, Lucas e Toole intensificarono sempre di più le loro azioni, attraversando in lungo e in largo gli Stati Uniti e cominciando ad uccidere gente anche solo per divertimento, facendo a gara su chi dei due commetteva i crimini più efferati.

Quando loro due passavano, nessuno era al sicuro: vagabondi, autostoppisti, donne alle prese con guasti alla macchina, coppiette, tutti erano potenziali vittime.

Così, tra un viaggio e l'altro, Lucas e Toole (tra i quali si era anche formato una sorta di legame omosessuale, con frequenti rapporti sessuali tra i due) non si lasciavano quasi mai scappare l'occasione di commettere qualche omicidio gratuito.

L'unica differenza tra i due è che Lucas preferiva generalmente le donne e Toole gli uomini, di conseguenza quando capitava loro una coppietta in difficoltà per loro era l'ideale, così potevano divertirsi entrambi.

Uno di questi casi avvenne un giorno, mentre si trovavano sulla I-35 in Texas. I due si trovavano in viaggio su quella strada (che sarà teatro di numerosi loro omicidi in quegli anni), quando si accorsero di una coppia di teenagers che camminava lungo il bordo della carreggiata: la loro automobile era rimasta senza benzina e si stavano dirigendo a piedi verso la più vicina stazione di servizio. Ottis, che in quel momento guidava, fermò il veicolo e sparò 9 colpi di pistola alla testa e al torace del ragazzo per poi gettare il suo corpo in un vicino canale sotterraneo alla strada, mentre la ragazza venne trascinata in auto dove Lucas la stuprò ripetutamente. Ad un certo punto, Toole si ingelosì, fermò l'auto, trascinò con la violenza la ragazza fuori dal mezzo e le sparò 6 colpi di pistola alla testa, abbandonando poi il corpo lungo la carreggiata.

Più andava avanti la loro odissea di stupri ed omicidi e più i due sembravano acquisire potenza e sicurezza in sé stessi, mentre intanto la polizia non riusciva in nessun modo a collegare quei delitti che avvenivano ai danni delle più svariate persone, nei più svariati stati e nei più svariati modi, senza alcun apparente collegamento tra loro.

In qualche caso addirittura Lucas e Toole nella loro frenesia omicida uccidevano più persone nella stessa giornata. Alcune di esse venivano poi letteralmente massacrate, una donna per esempio fu trovata completamente nuda in un campo con 35 coltellate al petto, al collo e alle natiche, le ferite erano estremamente profonde e i capezzoli erano stati tagliati e rimossi.

L’odissea criminale di Lucas e Toole divenne ancora più atroce ed incredibile quando un giorno, dopo uno dei loro omicidi, vennero avvicinati da un uomo misterioso che offrì loro una curiosa opportunità: quella di uccidere in nome della loro "setta satanica", ricevendo 10.000$ per ogni esecuzione.

Lucas e Toole si dichiararono interessati ad unirsi alla organizzazione satanica, chiamata "Mano della Morte", che offriva loro l'opportunità di continuare ad uccidere per divertimento e al tempo stesso guadagnare dei soldi.

Si è fatto un gran parlare, dopo la confessione di Lucas, riguardo alla veridicità o meno di tali affermazioni, mai provate al 100%,, ma il fatto che sia Lucas che Toole, separatamente raccontarono la medesima storia con poche differenze sembrerebbe testimoniarne la validità. Secondo quella che fu la confessione di Lucas, alcune settimane dopo quell'incontro, lui e Toole si recarono in Florida per entrare in contatto con i capi dell'organizzazione.

L'incontro con il capo, che chiamò se stesso con il nome di Don Meteric, avvenne in un magazzino abbandonato nel porto di Miami. Meteric conosceva già Toole e, a quanto pare, li aveva entrambi tenuti d'occhio per diverso tempo per valutarne le capacità.

La notte stessa, Lucas e Toole furono condotti in un luogo isolato, tra le paludi, e da lì portati successivamente su un'isola dove avrebbero dovuto passare un "addestramento".

Meteric disse loro: "Da questo momento farete tutto ciò che vi sarà detto. Quando vi sarà detto di uccidere dovrete ubbidire. Una volta che avrete dimostrato di essere idonei farete parte della nostra organizzazione".

Il primo compito arrivò loro poco tempo dopo l'arrivo sull'isola: Meteric ordinò loro di uccidere un determinato uomo sgozzandolo e Lucas, con la collaborazione di Ottis, portò a termine la missione senza troppi problemi. Quando l'uomo, dopo alcuni minuti di agonia morì, i due chiamarono Meteric che venne ad accertarsi personalmente dell'uccisione, complimentandosi con loro per il buon lavoro eseguito.

Quella notte, Henry ebbe modo di assistere alla sua prima messa nera, durante la quale l'uomo ucciso venne fatto a pezzi, cucinato e mangiato dagli adepti del culto satanico.

Nelle settimane seguenti, continuò l'addestramento e Lucas e Toole vennero istruiti su svariate materie quali: rapimenti, tutti i tipi di omicidio, incendi dolosi, rapimenti di bambini e via dicendo. Inoltre venne insegnato loro come eseguire un sacrificio umano in conformità con le regole del culto della "Mano della Morte". Lucas e Toole parteciparono anche a varie attività che prevedevano svariati atti ripugnanti, quali la necrofilia.

Dopo 7 settimane, l'addestramento venne completato e la coppia omicida era pronta per la sua prima missione, che consisteva in un viaggio negli stati del sud degli Usa, per rapire un certo numero di bambini da destinare a cerimonie sacrificali o da trasportare in Messico per essere venduti a famiglie facoltose.

Lucas, durante le sue confessioni, narrò di come rimase sorpreso dal vedere quanto era facile rapire un bambino. Il loro primo rapimento avvenne a San Antonio, in Texas.

Lucas e Toole erano stati riforniti di droghe, per soggiogare il bambino durante il trasporto, e cominciarono a girovagare attraverso i parcheggi di vari centri commerciali nell'area, alla ricerca di qualche bambino che era stato lasciato a dormire in auto.

Alla fine, trovarono un bambino solo dentro un auto, forzarono il veicolo, lo rapirono, e lo drogarono per trasportarlo attraverso il confine. In altri casi, rapirono bambini e adolescenti che poi vennero utilizzati dal culto per realizzare film pornografici e snuff movies.

Secondo quanto riferito da Lucas e Toole, furono numerosi gli omicidi e i rapimenti fatti seguendo gli ordini della misteriosa setta, che a detta dello stesso Lucas godeva di appoggi e complicità di alto livello all'interno della polizia e di alcuni ambienti politici.

Successivamente a quei crimini, Lucas decise di tornare a Jacksonville per una vacanza, in attesa di nuove istruzioni, mentre Ottis decise di rimanere in Texas per poi eventualmente riunirsi ad Henry più avanti.

Uno dei motivi che in seguito condussero a dubitare di alcune delle confessioni di Henry riguardo alla setta satanica è che quando tornò a Jacksonville non vi era traccia delle ricchezza che avrebbe dovuto accumulare compiendo crimini per la "Mano della Morte".

 

Ad ogni modo, tornato a Jacksonville, Henry trovò ad attenderlo la quindicenne Becky Powell, nipotina di Toole per la quale già in passato Lucas stravedeva e con la quale decise di mettersi nuovamente in viaggio, verso la California. La ragazzina sembrò cogliere con entusiasmo quell'opportunità e i due partirono all'avventura, campando di piccoli e numerosi furti lungo il tragitto.

Secondo Lucas, fino a quel tempo non aveva mai avuto rapporti sessuali con Becky, nonostante che a suo dire, lei lo chiedesse incessantemente. Lucas nei confronti della ragazzina provava, caso raro per lui, un certo affetto paterno sincero e, a quanto pare, non se la sentiva di avere sesso con lei, cosa che mandava su tutte le furie Becky che una sera, mentre si trovavano in un motel, lo accusò addirittura di essere omosessuale.

Lucas cercò di calmarla, promettendole vestiti e regali e quella stessa notte, per sfogare lo stress, mentre Becky dormiva, uscì dal motel, prese la prima donna che gli capitò tra le mani, la portò in un posto isolato e lì la stuprò e le tagliò la gola, dopodiché tornò in motel prima che Becky si svegliasse.

Henry affermò inoltre che durante quel viaggio si mise nuovamente in contatto con Don Meteric, che aveva per lui una nuova missione a Beaumont in Texas, dove avrebbe dovuto uccidere un avvocato che sapeva troppe cose sulla setta e che aveva minacciato di fornire informazioni alla polizia.

Lasciò Becky in un motel e rintracciò il suo bersaglio, seguendolo e attendendo l'occasione propizia per ucciderlo. Ad un certo punto si fece avanti con l'uomo, riuscendo a fare amicizia poi, dopo averlo condotto in un luogo adatto, gli offrì del liquore e mentre questo cominciò a bere, Lucas gli tagliò la gola. Successivamente, si vanterà apertamente del fatto, affermando di avergli tagliato la gola talmente in profondità da fargli uscire il liquore direttamente dal collo.

Lucas seppellì il corpo dell'uomo in una buca poco profonda fuori dalla città, quindi si recò in motel per prendere Becky e poi nuovamente nel luogo dove era stato seppellito l'avvocato.

Tirò fuori dalla tomba la vittima e, coinvolgendo la piccola Becky, scavò un'altra fossa, fece a pezzi il cadavere, lo decapitò ed infine seppellì i vari pezzi separatamente, lasciando i piedi fuori dalla fossa in maniera che venissero scoperti, com'era stato richiesto da Don Meteric, che voleva accertarsi che la missione fosse stata effettivamente compiuta.

Lucas affermò in seguito che Becky lo aiutò con entusiasmo e si eccitò durante l'operazione.

Dopo 3 mesi sulla strada, Henry e Becky giunsero infine in California: stanchi, affamati e costretti continuamente a fare furti o ad arrangiarsi talvolta con piccoli lavori precari. Anche il mezzo sui cui viaggiavano alla fine si ruppe e furono costretti a proseguire il cammino per qualche tempo in autostop.

Becky era disillusa ed infelice, la vita con Henry non era quella che si aspettava, si lamentava continuamente e chiedeva di tornare in Florida. I due tuttavia continuarono il loro viaggio verso nord, attraversando l'Oregon e lo stato di Washington, dove Lucas intanto non perdeva nessuna occasione per stuprare, uccidere e rubare automobili.

Senza una meta, Lucas e Becky Powell tornarono poi nuovamente verso sud e, giunti in California, dopo aver fuso l'ennesima auto, ricominciarono a spostarsi in autostop.

Fu in uno di quei giorni, nel gennaio 1982, che i due ricevettero un passaggio da Jack Smart, un uomo proprietario di un negozio all'interno del piccolo paese di Hemet.

Durante il viaggio Smart rimase colpito dallo stato pessimo in cui versava la coppia e si impietosì. Lucas e Becky erano difatti veramente esausti e Smart li ospitò a casa sua per rifocillarli. Dopo il pranzo, Henry furbescamente disse che Becky era sua moglie e che erano in cerca di lavoro.

Jack Smart, uomo di buon cuore, offrì ad Henry l'opportunità di lavorare per lui, il suo compito sarebbe stato quello di dargli una mano in negozio e fare alcune riparazioni all'interno della loro proprietà, in cambio avrebbe anche ricevuto un alloggio. Questo nonostante il parere contrario della moglie, che non vedeva di buon occhio i nuovi arrivati.

Henry accettò al volo l'offerta e, nei 4 mesi in cui rimase in città, lavorò duro, ottenendo la stima e la simpatia della famiglia Smart e di tutta la gente del luogo.

Al termine del lavoro, Henry passava la maggior parte del tempo con Becky, ma pare che anche in quel periodo trovò il tempo per fare un paio di viaggi fuori porta alla ricerca di nuove vittime.

Dopo i primi 4 mesi, la signora Smart ricevette una chiamata dai parenti che abitavano a Ringgold nel Texas. Gli dissero che sua madre, che abitava lì, era ormai troppo vecchia per poter badare a sé stessa ed aveva necessità di aiuto, oltre a qualcuno che badasse alla manutenzione ed alla pulizia della sua casa.

Gli Smart pensarono di risolvere il problema offrendo ad Henry e Becky la possibilità di trasferirsi a Ringgold per prendersi cura della vecchia madre, in cambio di vitto e alloggio gratis.

Henry e Becky accettarono e, il 14 maggio 1982, si trasferirono alla nuova destinazione in autobus, dove li attendeva la vecchia Kate Rich, madre ottantenne della signora Smart.

Per qualche settimana i due svolsero egregiamente i loro compiti, ma poi cominciarono ad approfittare della donna che li ospitava, sperperando i soldi che Kate dava loro per delle commissioni.

Le spese smodate di Henry e Becky cominciarono a creare sospetti tra la gente del luogo e il proprietario del negozio di fiducia, dal quale in genere si rifornivano, preoccupato per la signora Kate, contattò i parenti in California, avvisandoli dei suoi sospetti.

Jack Smart e signora giunsero a sorpresa in Texas, per verificare la situazione, e si trovarono di fronte ad una casa immersa nel disordine e nella spazzatura, nonché alla signora Kate in precarie condizioni igieniche e di salute, mentre intanto Henry e Becky dormivano ubriachi sul divano. Entrambi furono immediatamente cacciati. Muniti dei soli soldi per un biglietto dell'autobus, ricominciarono il loro vagabondaggio fatto di stenti e crimini.

 

Ridotti nuovamente a fare autostop, Henry e Becky fecero un altro incontro che si rivelerà per loro importante, quello di Ruben Moore, un prete di Stoneburg (una cittadina non distante da Ringgold) che si offrì di ospitarli con vitto e alloggio nella sua comunità religiosa all'interno di un ranch, chiamata "La casa della preghiera", in cambio di alcuni lavori e della partecipazione alle funzioni religiose ogni domenica.

I due accettarono prontamente e così, mentre Henry si occupava dei lavori al quale era stato assegnato, Becky partecipava alla vita in comunità.

Quello che Henry non sapeva è che la ragazza, oltre che ad imparare a fare il bucato, a cucire e a cucinare, stava anche imparando i valori cristiani. Quando lo scoprì non ci diede troppo peso ma ben presto si accorse che Becky stava cambiando: aveva riallacciato i rapporti con la vecchia Kate Rich e stava avvertendo ogni giorno di più l'esigenza di mettere ordine nella sua vita, con l'intenzione di tornare al più presto in Florida.

Henry non era d'accordo e sopportava sempre meno l'atteggiamento di Becky e la sua convinta conversione cristiana, tanto da litigare con lei sempre più frequentemente, mettendole in qualche caso anche le mani addosso. I due continuarono in quel modo per qualche settimana, fino a quando la situazione degenerò dopo che Becky disse ad Henry che una parte importante della sua conversione al cristianesimo sarebbe stata quella di dover confessare tutti i suoi peccati.

Henry si allarmò moltissimo per quella affermazione e chiese alla ragazza se aveva per caso raccontato qualcosa di quello che avevano fatto lui e Ottis Toole. Becky rispose di no, ma Henry era ormai diventato molto sospettoso e il giorno dopo cambiò idea e decise di fare armi e bagagli e ripartire in direzione Florida.

La mattina seguente i due lasciarono il ranch e ricominciarono a chiedere passaggi in autostop per dirigersi verso Jacksonville. Un lungo viaggio, che avrebbe avuto per Becky implicazioni fatali.

Il viaggio si presentava duro, quasi nessuno dava loro un passaggio e non riuscivano neanche a trovare un motel che offrisse loro un posto dove dormire.

Stanchi, accaldati e sporchi, ripugnavano la maggior parte della gente e così, dopo essere giunti a Demon County, in Texas, decisero di accontentarsi di dormire all'aperto, in un campo appena fuori dalla cittadina.

Quella sera, subito dopo aver tirato fuori i sacchi a pelo e le loro cianfrusaglie, Henry cominciò a bere pesante e ad insultare Becky per aver insistito a voler tornare in Florida. Ne nacque un'accesa discussione, fatta di insulti reciproci, fino a quando ad un certo punto Henry disse che il giorno dopo se ne sarebbe tornato indietro alla "Casa della preghiera".

La risposta di Becky fu particolarmente offensiva ed Henry, annebbiato dall'alcool, dalla stanchezza e dalla rabbia, afferrò il suo coltello e lo scagliò con furia contro Becky, che venne colpita una prima volta su un lato della testa. Dopo il primo colpo, accecato dall'ira continuò ad infliggere sulla povera ragazza ulteriori coltellate, colpendola più volte al petto.

Dopo averla ammazzata, le tolse il reggiseno e le mutandine e la stuprò. Infine, dopo aver compiuto quel delitto, l'unico della sua lunga carriera criminale per il quale dopo proverà un certo rimorso, tolse dalle dita l'anello che le aveva regalato e fece a pezzi il suo corpo, che poi nascose senza particolare cura nei dintorni.

 

Dopo quell'omicidio, Lucas affermò di essere stato preda del rimorso e di essere stato perseguitato dalla voce di Becky che le parlava dalla tomba.

Questo non gli ha tuttavia impedito di essere abbastanza lucido da pensare a come nascondere l'evento: la mattina successiva tornò a Stoneburg e, quando Ruben Moore, gli chiese che fine aveva fatto Becky, Henry scoppiò a piangere dicendo che era scappata con un camionista mentre faceva autostop lasciandolo solo, quindi chiese se poteva nuovamente essere preso nella comunità.

Moore accettò, pur rimanendo sorpreso del comportamento di Becky, ed Henry ricominciò così la sua consueta attività all'interno della comunità, anche se la gente attorno a lui era piuttosto scettica sulla storia di Becky, sopratutto la vecchia Kate Rich, che continuava a spedire lettere alla comunità per sapere che fine aveva fatto la ragazza, con la quale negli ultimi tempi comunicava di frequente.

Henry, preoccupato dalle indagini dell'anziana donna, le telefonò e le propose amichevolmente un incontro per parlarle di Becky e per portarla a messa, Kate accettò e si accordò con lui per la data dell'incontro.

Lucas si recò all'appuntamento con l'auto di Moore, raggiunse la casa di Kate Rich e la prese con sé in auto poi, dopo essersi fermato in un negozio a prendere alcune birre, cominciò a dirigersi verso la chiesa per la funzione, ma era diventato tardi e i due dopo qualche chilometro concordarono di ritornare a casa saltando la messa.

Durante il tragitto parlarono di Becky ed Henry fornì la sua versione, che però non convinceva del tutto Kate, che continuava a fare domande sempre più insistenti e sospettose.

Ad Henry ciò non piacque affatto e, quando perse la pazienza, la portò con una scusa su una strada isolata di collina dove, giunto in un luogo abbastanza lontano da occhi indiscreti, fermò l'auto e le scagliò una tremenda pugnalata al petto.

La donna crollò su se stessa e, mentre era ancora agonizzante, Lucas la trascinò fuori dall'auto e con il coltello le intagliò una croce rovesciata sul petto, quindi, a decesso avvenuto, stuprò il suo cadavere. Terminato l'atto necrofilo, la nascose sommariamente sottoterra e tornò di corsa a Stoneburg.

Giunto alla "Casa della Preghiera" Moore gli chiese com'era andata la funzione e Lucas gli disse che non erano andati perché la signora Rich stava poco bene e aveva deciso di rinunciare. Conoscendo le precarie condizioni di salute della donna, Moore credette a quella storia e non fece altre domande.

Quella notte stessa, Lucas prese nuovamente l'auto e si diresse nel luogo dell'omicidio, dove tagliò il cadavere di Kate Rich in numerosi piccoli pezzi, che mise in vari sacchetti della spazzatura, quindi tornò nuovamente a Stoneburg, dove passò il resto della nottata a bruciare nel forno della comunità i resti dell'anziana donna.

Il mattino seguente, cosciente di averla fatta grossa e di essere in serio pericolo, Henry prese ancora l'auto e si diede alla fuga, uscendo dai confini del Texas.

 

L'allarme per la scomparsa di Kate Rich partì già il giorno successivo, quando i suoi parenti, non riuscendo ad entrare in contatto con lei, si preoccuparono e partirono alla volta di Ringgold.

Giunti sul posto, si accorsero che la donna era assente e si preoccuparono ulteriormente tanto da decidere di avvertire lo Sceriffo della scomparsa, facendogli presente che poco tempo fa un uomo di nome Henry Lee Lucas le aveva rubato dei soldi.

Lo Sceriffo si recò allora alla "Casa della Preghiera" di Ruben Moore, laddove era stato visto per l'ultima volta Henry. Moore disse che effettivamente l'ultima persona che aveva visto Kate Rich doveva essere proprio lui.

Lo Sceriffo Conway di Ringgold, dopo aver visto i gravi precedenti di Lucas, decise che era il caso di emanare un ordine di arresto per il sospetto, che però nel frattempo si era già dato alla macchia uscendo dalla sua giurisdizione.

Henry, dopo essere uscito dal Texas, per prima cosa si recò in Oklahoma, dove rubò in un magazzino un gran numero di televisori che poi rivendette per cercare di fare il più soldi possibile, poi si diresse verso la California dove, nonostante il gruzzolo fatto in Oklahoma, giunse ancora senza il becco di un quattrino.

Pensò incautamente di tornare a casa di Jack Smart, alla ricerca di un lavoro e di un alloggio, ma non sapeva che l'uomo era già stato avvisato dai parenti di Kate Rich.

All'insaputa di Lucas, Smart chiamò la polizia, che su mandato dello Sceriffo Conway prese in custodia il sospetto.

Per Henry non era comunque ancora venuta la resa dei conti e grazie al fatto che non c'erano contro di lui prove sufficienti per arrestarlo ed estradarlo in Texas, venne rilasciato.

 

Dopo il rilascio, Lucas si rimise in viaggio attraversando un gran numero di stati, campando di furti e uccidendo altre persone, tra cui una donna che dopo essere stata rapita durante un furto d'auto, venne sgozzata e stuprata.

Giunto infine in Indiana, senza un soldo ed ormai esausto, Lucas telefonò disperato a Ruben Moore, chiedendo aiuto, soldi o magari possibilmente ancora ospitalità.

Moore inizialmente rifiutò, ma sapendo che Lucas era ricercato chiese allo Sceriffo Conway il da farsi. Alla fine Moore e Lucas trovarono un accordo ed Henry giunse al ranch di Moore nel giugno del 1983. Il giorno dopo lo Sceriffo Conway lo arrestò per possesso illegale di armi.

Inizialmente Lucas rigettò ogni accusa di omicidio, ma dopo 5 giorni cominciò a confessare, senza più fermarsi per molto tempo, in un crescendo di orrori che lascerà attoniti nel corso dei mesi successivi i detective di numerosi stati, giunti in Texas per verificare la responsabilità di Lucas in moltissimi crimini fino ad allora insoluti.

Dopo alcune settimane, Lucas aveva già offerto una lista di 77 omicidi commessi in 19 stati, ma l'elenco era destinato ad aumentare ancora ed alla fine Lucas confesserà più di 600 omicidi, molti dei quali commessi insieme al complice Ottis Toole, che nel frattempo aveva anche lui i suoi guai essendo in prigione in Florida per aver appiccato degli roghi insieme a degli adolescenti, in uno dei quali morì una persona.

Toole, tutt'altro che arrabbiato per essere stato coinvolto dall'amico nella vicenda, perdonerà Lucas anche per l'omicidio della nipotina.

Se per alcuni degli omicidi, come quello di Kate Rich e Becky Powell, vi erano abbastanza prove da renderne certa la paternità di Lucas, non altrettanto si poteva dire di tutti gli altri omicidi e proprio a proposito di questo fatto, nel corso degli anni molto si è discusso sulla veridicità delle sue confessioni, ma tuttora ad anni di distanza dalla morte di entrambi gli assassini, non vi è una risposta certa.

Sicuramente molte delle confessioni di Lucas erano vere e le grandi quantità di dettagli e riscontri lo hanno confermato, pur tuttavia non si può dire la stessa cosa per ciascuno dei delitti di cui Lucas si è preso la responsabilità: secondo molti è pressoché certo che Lucas abbia voluto inventarsene un gran numero per poter contrattare dei vantaggi con la polizia.

Come si può evincere dalla complessità del caso, anche le vicende processuali dei due assassini furono lunghe e complesse. Il processo a loro carico terminò con la condanna a 5 sentenze consecutive al carcere a vita per Ottis Toole e alla condanna a morte più svariate condanne al carcere a vita per Henry Lee Lucas.

Nel 1998 avvenne l'ultimo colpo di scena in questa vicenda, poco prima che venisse eseguita la condanna a morte. L'allora Governatore del Texas, George W. Bush Jr., tramutò la condanna a morte in condanna al carcere a vita, salvandogli così la pelle (unica commutazione da pena di morte a carcere a vita in tutta la carriera di George W. Bush Jr. come Governatore del Texas).

Henry Lee Lucas morì di morte naturale, nella sua cella, per un attacco cardiaco, nel 2001. Ottis Toole morì invece nel 1996, per una cirrosi epatica che lo stava consumando da tempo.

 

Nel 1986, la storia della coppia omicida Toole-Lucas ha ispirato il film “Henry Pioggia di Sangue”, anche se la storia è stata romanzata e stravolta.

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Quello dei serial killer non è un fenomeno puramente moderno. Sono sempre esistiti i predatori di uomini, fin dalle epoche più remote. Tra il 1400 e il 1600, per esempio, sono vissuti tre dei più terribili mostri della storia: Gill De Rais, eroe militare francese e violentatore di bambini che ha ispirato De Sade, Vlad III, il conte della Valacchia he impalava i turchi e che avrebbe ispirato il personaggio di Dracula, e infine Erzsébet Báthory, la Bloody Countess, il più efferato serial killer della storia umana. Le sue vittime sono più o meno 650, forse di più.

Alla Contessa sono stati dedicati dipinti, libri, canzoni, film e siti horror, tanto da renderla un vero e proprio mito.

Vediamo di conoscere meglio la sua storia, anche se non è facile ricostruire una storia avvenuta ben tre secoli fa, soprattutto un caso come questo, che è stato tanto mitizzato e trasformato in leggenda.

 

Erzsébet Báthory nasce ai piedi dei Carpazi, nel 1560, da Gyrögy e Anna Báthory. In questo periodo l’Ungheria e la Romania sono sconvolte da sanguinose guerre: da una parte gli Asburgo e, dall’altra parte, i turchi ottomani, spingono per conquistare i territori di queste due nazioni.

I Báthory decidono quindi di trasferirsi in Transilvania, dove lo zio della neonata, un uomo violento e selvaggio, è il Principe. Il Principe Transilvano non è l’unico Báthory fuori dal comune: il fratello di Erzsébet è un maniaco sessuale inarrestabile, nessuna donna o bambina è al sicuro nei suoi pressi; sua zia è stata incarcerata perché strega e lesbica, un altro zio è un alchimista e un adoratore del demonio. Come se non bastasse, la balia, alla quale viene affidata la Contessina, è dedita alla magia nera, e si dice utilizzi sangue e ossa di bambini per fare degli incantesimi.

Erzsébet non è una bambina facile, né la vita è facile per lei: la giovane soffre di convulsioni, di scatti d’ira e di attacchi di epilessia. Con l’adolescenza si dimostrerà anche promiscua, tanto che, a 14 anni, resta incinta di un contadino.

Tutti questi sintomi, considerato il fatto che la malattia mentale non è una rarità tra i Báthory, portano facilmente a presupporre che in Erzsébet sia nato già con qualche disturbo al cervello.

 

All'età di 15, Erzsébet è costretta a sposare il Conte Ferencz Nádasdy, il più grande guerriero nazionale, spesso costretto a stare via di casa.

Durante una delle tante assenze del marito, su consiglio della sua balia, la giovane Contessa si avvicina alla magia nera. Tanto per iniziare, si procura subito una pergamena fatta di amnio (= la membrana che protegge i bambini nell’addome della madre), sulla quale c’è scritto con il sangue un incantesimo del dio Isten. L’incantesimo promette salute, lunga vita e protezione: i nemici del seguace di Isten verranno aggrediti e uccisi da un “esercito” di 99 gatti. Erzsébet non si separerà mai da questa pergamena.

Poco tempo dopo, la Contessa si trasferisce al castello di Sarvar, nel quale sfoga i propri impulsi violenti sui propri servitori. Nel 1600, non è cosa rara che gli aristocratici prendano a bastonate o addirittura uccidano i servi che hanno sbagliato. Molto probabilmente questa cosa non è stata molto d’aiuto per la sanità mentale di Erzsébet.

 

Da brava aristocratica, la Báthoryè narcisista e vanitosa, cambia abbigliamento anche sei volte al giorno, e passa ore ad ammirare la propria bellezza in numerosi specchi.

Utilizza ogni tipo di unguento e preparato che possa mantenere giovane e pallida la sua pelle. Esige che, chiunque la incroci, faccia un elogio alla sua bellezza.

 

Non si sa bene se Nádasdy fosse complice della moglie o se tollerasse le sue stranezze, ma è sicuro che sia stato lui a insegnarle molti trucchi del “mestiere”.

Anche Nádasdy, come ogni aristocratico, è molto violento con la servitù: il suo metodo punitivo preferito è quello di cospargere i servi di miele, e di lasciarli legati a un muro, mentre vengono mangiati dalle api. Ma non è l’unico tipo di tortura che l’uomo insegnerà alla moglie: le spiega anche come far morire congelata una persona, tenendola nuda all’aperto, d’inverno, versandogli continuamente dell’acqua fredda addosso.

Per dimostrare il suo amore, Nádasdy, manda alla moglie gli incantesimi e le magie che impara quando è in battaglia in terre lontane e la Contessa, in cambio, tiene con lui una fitta corrispondenza, nella quale gli confida tutti i rituali e le nefandezze che compie nel castello in sua assenza. Ecco uno spezzone tratto da una di queste lettere: “Thurko mi ha insegnato un nuovo incantesimo. Prendi una gallina nera e colpiscila con un bastone bianco, fino alla morte. Raccogli il sangue della gallina e cerca di imbrattare con esso un abito del tuo nemico. Gli capiterà presto una disgrazia.”

Nonostante queste “particolari smancerie”, la coppia non è fedele. Erzsébet ha innumerevoli amanti, anche se preferisce di gran lunga il sesso lesbico.

 

Ben presto la Contessa forma un vero e proprio entourage di esperti in magia, alchimia e stregoneria. Vivono nel castello e le insegnano le loro arti. Tra essi vi è un nobile dalla pelle pallida e dai capelli lunghi e scuri, che pratica il vampirismo.

Le leggende dicono che questo uomo era un vampiro vero: di notte Erzsébet usciva con lui e tornava da sola, con del sangue intorno alla bocca.

 

Nel 1601 Nádasdy si ammala, perde una gamba per cancrena e, dopo 3 anni passati nel proprio letto, muore, lasciando vedova la Contessa 44enne. La donna si trasferisce nei possedimenti di Vienna ma, colta dalla noia, decide di tornare alle sue torture in Ungheria.

In questo periodo, donne giovani e bambini cominciano a scomparire dai villaggi. I parenti non sanno cosa fare, né a chi rivolgersi: tutti hanno notato lo stemma di Nádasdy sulla carrozza che si è portata via i loro cari, ma puntare il dito contro un nobile potrebbe causargli molti guai.

Anno dopo anno, continuano i rapimenti e i villici sono costretti a stare a guardare: è ancora vivo il ricordo di una rivolta del 1524, sedata con il sangue dai nobili. Ahimè il loro destino è subire in silenzio il voleri dei nobili, anche di quelli pazzi.

 

Erzsébet adesca le ragazze con la scusa di prenderle in servitù al castello, poi le sbatte nelle celle dei sotterranei. Le sventurate vengono picchiate ripetutamente, fino a che i loro corpi non si gonfiano. Spesso la Contessa non si limita ad assistere, ma è lei stessa a infierire sulle giovani vittime. Ogni volta che i vestiti si sporcano troppo di sangue, le fa cambiare, poi ricomincia con le botte. I corpi gonfi vengono poi tagliati con dei rasoi e lasciati sanguinare a morte. Alle più sfortunate vengono cicatrizzate le ferite con il fuoco, allungando così le loro sofferenze per molti altri giorni.

Ad alcune vittime viene cucita la bocca, altre vengono costrette a mangiare la propria carne, ad altre ancora viene dato fuoco ai genitali.

Quando la Contessa deve viaggiare, esige che una delle sue prigioniere segga al suo fianco sulla carrozza, sopra un sedile di aghi, mentre, quando è costretta a letto da una malattia, le vittime sono costrette a prendersi cura di lei. In cambio ricevono morsi, sputi e pugni.

 

Comunemente a tutti i serial killer, anche Erzsébet Báthory, con il tempo diventa più stupida e arrogante: assalita da delirio di onnipotenza e senso di sfida, comincia a osare di più, incombendo ben presto in errori madornali che le saranno letali.

Erzsébet comincia infatti a rapire le figlie di altre famiglie nobili, la maggior parte delle quali non passa i 12 anni di età.

La Contessa si offre di insegnare la grazie e l’educazione alle giovani nobili e, quando queste arrivano al castello, sceglie quali rinchiudere e quali rimandare a casa.

Dopo un omicidio che la Báthory cerca di far passare come suicidio, le autorità decidono di muoversi.

 

È il Natale del 1610, Mathias II, Re di Ungheria, è turbato. Gli è giunta voce che, presso il castello arroccato di Csejthe, vengono tenute prigioniere delle ragazze. Forse vengono addirittura torturate e uccise. È una grande occasione per il Re: deve molti soldi alla Contessa Báthory, soldi che aveva preso in prestito da Nádasdy e che adesso la Contessa richiede indietro con insistenza. Tuttavia è davvero pericoloso mettersi contro la Contessa. Suo marito è stato nominato “Eroe Nero” dell’Ungheria, per il suo eroismo contro gli invasori turchi, suo zio invece è stato Re della Polonia e Principe della Transilvania. Erzsébet ha anche amicizie con Cardinali, Principi e Re, ed è la cugina del Primo Ministro, Thurzo. Se dovesse scoprire le intenzioni del Re, diventerebbe sicuramente un pericoloso nemico politico ma, d’altra parte, è necessario scoprire se le voci sono vere.

Perciò il Re, dopo aver vagliato tutte le possibilità, decide di organizzare una missione segreta: raduna una squadra di uomini di fiducia e li manda a ispezionare il castello, con l’ordine di non farsi scoprire e di beccare la Contessa con le mani nel sacco. Grazie a una corrispondenza tra il Re e Thurzo, e grazie al diario di uno dei membri della squadra, possiamo ricostruire molto bene il racconto di quella notte di dicembre del 1610.

 

Gli “investigatori” del Re devono agire con la massima discrezione, di notte, cercando di non farsi scoprire. La squadra è composta da molti soldati, al capo dei quali sono il Primo Ministro, un sacerdote e il Governatore della regione.

È una notte fredda, e le torce non illuminano abbastanza il loro cammino.

Prima di procedere per il castello, gli emissari hanno interrogato qualche villico in paese: c’è chi dice di aver sentito urla di dolore provenire dal castello, altri raccontano di ragazze scomparse misteriosamente, altri ancora dicono che sono sparite almeno 9 ragazze delle famiglie nobili dei dintorni.

Dopo gli interrogatori, la squadra segreta del Re si incammina lentamente nella boscaglia, sperando di scoprire qualche passaggio segreto, o di cogliere sul fatto la Contessa.

È noto che la Báthory è una esperta di Magia Nera, e i nostri eroi hanno molta paura di essere scoperti e di subire qualche incantesimo di nascosto, perciò procedono molto lentamente, nel più totale silenzio.

La scalata della collina, sulla quale si erge la fortezza di pietra, è lunga e faticosa: sono tante le pause per riprendere fiato e per assicurarsi che nessuno li segua, ma finalmente conquistano la cima. La finestre del castello sono immerse nel buio, non ci sono tracce di guardie nei paraggi e il portone d’entrata è ormai in vista: la “squadra speciale” del Re è pronta a irrompere all’interno del maniero.

 

Con grande sorpresa degli invasori, il massiccio portone di legno non è sbarrato, bensì leggermente socchiuso, come ad invitarli ad entrare. Sembra quasi un classico film horror.

L’atrio è pieno di gatti, alcuni saltano addosso agli intrusi, altri soffiano e graffiano, ma niente di più. Evidentemente il dio Isten non è un grande protettore.

Qualche metro più avanti, sul gelido pavimento di pietra di una grande sala, gli emissari del Re trovano finalmente quello per cui sono venuti: una ragazza molto giovane, pallida, non del tutto vestita, è sdraiata per terra, immobile. Alcuni soldati si avvicinano, e sono costretti a constatare che le dicerie erano veritiere: la ragazza è morta ed è completamente dissanguata.

Sempre nella stessa sala, dall’altra parte, trovano un’altra ragazza. Questa è ancora viva, si lamenta, ma qualcuno le ha provocato diversi fori su tutto il corpo, tanto che ormai non c’è più niente da fare per poterla salvare.

La truppa allora procede nel proprio cammino attraverso il castello, seguendo l’odore della decomposizione che aleggia nell’aria.

 

Contro un pilastro, la squadra trova un’altra donna, incatenata. Qualcuno l’ha frustata a sangue, l’ha bastonata, le ha tagliato i seni e le ha provocato delle gravi ustioni su tutto il corpo.

Thurzo, che ha vissuto in quel castello da bambino, guida gli uomini ai gradini in pietra che conducono ai sotterranei. La squadra del Re è agitata e ansiosa, la loro discesa è accompagnata da urla di dolore provenienti dall’oscurità.

Nei sotterranei ci sono diverse prigioni, nelle quali sono rinchiusi donne e bambini, la maggior parte dei quali porta i segni e le cicatrici di numerose emorragie. Oggi però è il giorno fortunato di quei pochi prigionieri sani, perché i soldati aprono le celle senza fatica e li conducono fuori dal castello, verso la libertà.

Temprata dall’azione di salvataggio, la squadra del Re torna all’interno del maniero, sale ai piani alti, e si lancia alla ricerca della donna responsabile di queste atrocità.

Come già detto, questa storia sembra uscita da un film horror, perciò non ci sorprende la scena che si presenta agli occhi dei soldati: una grande torcia di fuoco illumina una stanza nella quale diversi uomini e diverse donne danno vita a un’orgia sanguinosa, nel quale sesso e torture si fondono. I soldati diranno di essere stati disgustati più da questa visione che da quella dei cadaveri.

La Contessa però non c’è, ha scoperto tutto ed è fuggita, ma la sua cattura sarà questione di pochi giorni.

In attesa del processo, Erzsébet Báthory viene rinchiusa in una sua residenza, controllata da un piccolo esercito. Non presenzierà nemmeno al processo, dichiarando che quelle avvenute nel castello sono tutte morti naturali, e che lei non può essere responsabile di azioni della natura.

 

Qualche giorno dopo la cattura, gli ufficiali giudiziari si presentano al castello di Csejthe per fare i sopralluoghi del caso, e per raccogliere tutte le prove che potrebbero risultare utili in sede di processo.

Non sarà un’ispezione difficile: in diverse stanze vengono ritrovate ossa e resti umani, nella camera della Contessa ci sono i vestiti e gli effetti personali di alcune ragazze scomparse. Nei sotterranei ci sono cadaveri ovunque, privati degli occhi e delle braccia, nel camino c’è un corpo annerito e non completamente bruciato. Nei dintorni del castello vengono disseppelliti molti corpi. In giardino, nel recinto dei cani, vengono trovati altri resti umani, con i quali gli animali si nutrivano.

 

Il processo comincia il 2 gennaio 1611, presieduto da ventuno giudici. Si susseguono moltissimi testimoni, anche 35 al giorno, soprattutto parenti delle vittime.

A tutti i servitori di Erzsébet vengono poste le stesse 11 domande, riguardo alla provenienza delle vittime, ai metodi di tortura e al coinvolgimento della Contessa.

Ficzko, un nano che lavora per la Báthory da 16 anni, dichiara di essere stato assunto con la forza. L’uomo non ricorda il numero preciso delle donne che ha contribuito ad uccidere, ma ricorda il numero delle ragazzine: 37. Cinque seppellite in una fossa, due in giardino, due in una chiesa, le altre chissà dove. Erano state adescate in paese con la scusa di un lavoro al castello e, se per caso rifiutavano, venivano prese con la forza. La Contessa le faceva legare e le pugnalava con aghi e forbici. Il nano racconta le più agghiaccianti torture, come le donne uccise a frustate, a volte ne servivano fino a 200, se non di più, o le donne uccise tagliando loro le dita e le vene con delle cesoie.

Ilona Joo, la balia di Erzsébet Báthory, ammette di aver ucciso circa 50 ragazze, infilando degli attizzatoi incandescenti nella loro bocca e nel loro naso. La “padrona” invece preferiva infilare le dita nella bocca delle ragazze e tirare, fino allo strappo della pelle, oppure dare fuoco alle loro gambe dopo averle cosparse di olio, oppure ancora tagliare con delle cesoie la pelle fra le dita. Se una ragazza moriva prima di quando la Contessa desiderasse, i servitori maschi erano costretti a mangiarla.

Darko, un altro servitore di fiducia, confessa che la Báthory usava anche applicare alle vittime delle scarpe di ferro bollente. Alcune delle ragazze rapite venivano messe all’ingrasso, perché la Contessa era convinta che in questo modo il loro sangue sarebbe aumentato. C’erano anche le favorite di Erzsébet, costrette ai trattamenti peggiori: tagliarsi da sole le braccia, essere rinchiuse in una cassa piena di spunzoni..e via dicendo.

Le testimonianze continuano, una dopo l’altra, sempre più sconvolgenti e mostruose, soprattutto quelle raccontate dai superstiti, molti dei quali segnati a vita.

Non si sa per certo a quanto ammonti il conto delle vittime della Contessa Sanguinaria. Il Re in una lettera al Primo Ministro dice 300, sui diari di Erzsébet Báthory sono annotati i nomi di circa 650 persone, ma sembra incredibile che la Contessa abbia annotato una per una le proprie vittime. I Giudici, basandosi sui resti umani trovati al castello, decidono di condannare lei e i suoi complici “solo” per 80 omicidi.

 

Per la “legge del taglione”, molto in voga fino al ‘700, i complici della Contessa vengono sottoposti a torture, non molto differenti da quelle inflitte alle giovani vittime: ad alcuni vengono strappati gli occhi, ad altri le dita, alcuni vengono seppelliti vivi, altri ancora vengono decapitati o bruciati vivi.

Ben più difficoltosa sarà la scelta della pena per la Contessa: essa ha amicizie molto importanti che premono per gli arresti domiciliari, inoltre gode dell’immunità regia, essendo di sangue reale. Il Primo Ministro Thurzo che, come già detto, è anche il cugino di Erzsébet, insiste nel sostenere che la donna non fosse capace di intendere e di volere, che non avesse la capacità di controllare la propria rabbia.

Così, salvata dalle sue origini nobiliari, Erzsébet Báthory viene imprigionata a vita in un’ala del suo castello a Cahtice. Confinata nelle sue stanze, privata della sua magica pergamena di Isten e di tutti gli incantesimi, con gli ingressi e le finestre murate, salvo piccole fenditure per il cibo e l’aria, la Contessa dura ben poco. Tre anni dopo il confino, nell’estate del 1614, la 54enne Erzsébet muore, le guardie se ne accorgono il giorno dopo, notando che i piatti della cena non sono stati toccati.

 

TRA VERITÀ E LEGGENDA

Il mito della Contessa Sanguinaria è nato fin da subito. Oltre ad essere stata la serial killer più prolifica della storia è anche una delle pochissime donne che hanno praticato vampirismo e cannibalismo.

Dopo la sua morte, hanno cominciato a girare un sacco di storie e di leggende, alcune hanno un fondo di verità, altre sono completamente opere di fantasia.

Sicuramente, la leggenda che tutti abbiamo udito almeno una volta sul conto di Erzsébet Báthory è quella che la vede farsi il bagno nel sangue di giovani vergini, per tenere la pelle giovane.

La storia è emersa per la prima volta nel 1744, per mano di uno storico Ungherese, Padre Laslo Turáczi. Secondo il cattolico, un giorno Erzsébet tirò uno schiaffo a una serva, tanto forte da farle uscire del sangue dal naso. Con sua grande sorpresa, la Contessa si accorse che, dopo essersi macchiata con il sangue, la pelle della sua mano era diventata più lucida e bella, perciò, da quel giorno, decise che avrebbe fatto dei bagni nel sangue virgineo. L’idea le era stata suggerita dai suoi alchimisti di corte, secondo i quali il sangue aveva effetto solo sui nobili e solo se utilizzato alle quattro del mattino.

In molti hanno cercato di trovare una prova a questa teoria, qualche anno fa McNelly si è addirittura letto interamente gli archivi Slovacchi e Ungheresi dell’epoca, ma non è ancora stato trovato un documento abbastanza credibile, che confermi questi comportamenti macabri della Contessa.

È difficile da stabilire anche la credibilità di Turáczi, ricordiamoci che nel ‘700 la chiesa utilizzava ancora le storie di vampiri, lupi mannari e demoni per spaventare gli “eretici”..ma è anche vero che chi uccide 650 persone, infliggendo loro le più atroci torture, potrebbe essere capace di tutto. Inoltre, visto il sangue nobile della Contessa, qualche dettaglio della sua storia potrebbe essere stato censurato dai suoi contemporanei, per salvare la faccia alla nobiltà Ungherese. Melton, uno scrittore appassionato di vampirismo, ha avanzato l’ipotesi che gli archivi più imbarazzanti siano stati distrutti.

 

Un’altra storia interessante sulla Contessa Báthory, è quella legata alla figura del Conte Dracula. Sempre negli scritti di Padre Laslo Turáczi, si legge che la Contessa beveva sangue umano perché, secondo alcuni riti magici che aveva imparato, esso preservava la giovinezza e dava vita eterna.

È un particolare che si può leggere anche nelle pagine di altri due scrittori: Wagener nel 1785 e Sabine Baring-Gould ai primi dell’800.

In molti hanno perciò ipotizzato che il Conte Dracula, il vampiro di Bram Stoker, sia ispirato a Erzsébet Báthory e non, come tanti pensano, a Vlad III.

Vlad III, il Conte di Valacchia ed eroe nazionale Rumeno, non ha mai bevuto sangue, né esistono storie in questo senso. Si sa che era un impalatore, che infliggeva tremende torture ai suoi prigionieri di guerra, ma non aveva niente a che vedere con bagni nel sangue o con bibite ad alto contenuto emoglobinico.

La Contessa Sanguinaria invece beveva il sangue per rimanere giovane (come il vampiro di Stoker), ha vissuto molti anni in Transilvania e, secondo McNelly, lo scrittore che per primo ha avanzato questa teoria nel suo libro “Dracula era una Donna”, anche il personaggio del servo, Renfield, ricorderebbe i servi sottomessi e malati di mente di Erzsébet. Dunque Bram Stoker, prima di scrivere il “Dracula”, ha letto le pagine del reverendo Sabine Baring-Gould? I nemici di questa tesi dicono fermamente di no.

Quest’ipotesi viene comunque dibattuta, a colpi di libri, da molto tempo, perciò lasciamo a voi il compito di approfondirla.

 

Attualmente non si sa per certo se Erzébet Bathóry bevesse sangue o addirittura lo utilizzasse per fare dei bagni. Grazie però ai documenti dell’epoca, che testimoniano il numero delle sue vittime e le torture che infliggeva loro, possiamo affermare con sicurezza che la Contessa Sanguinaria è stata il serial killer più violento, più prolifico e più mostruoso della storia umana.

 

“Quando il tuo servitore è in pericolo, manda in suo soccorso un esercito di 99 gatti, poiché dei gatti tu sei il signore. I 99 gatti arriveranno con grande velocità e mangeranno il cuore del nemico, e del tuo servitore sarà salva la vita”

(Uno dei riti del dio Isten che probabilmente era iscritta sulla pergamena di Erzsébet Bathóry).

 

Contessa Bathory

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Bello questo! :blink:

 

Carl Panzram

 

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La famiglia Panzram emigrò dalla Prussia (regione storica della Germania settentrionale) al Minnesota in cerca di fortuna. Qui, nonostante le difficoltà economiche, i Panzram ebbero sette figli, una femmina e sei maschi, tra cui Carl, che nacque il 28 giugno del 1891.

A fatica i Panzram riuscirono ad acquistare un piccolo podere, dove poterono dedicarsi alla coltivazione della terra, tranne Carl, che aveva invece la propensione per il furto. Per punirlo delle sue malefatte, i suoi fratelli spesso lo picchiavano e lo chiudevano a chiave nella sua stanza senza dargli nemmeno da mangiare.

Il capofamiglia spendeva quasi tutto il denaro in alcool e prostitute, finché un giorno non fece più ritorno a casa sparendo nel nulla. Ciò fece precipitare la situazione, costringendo la famiglia a vendere il terreno.

I continui furti del piccolo Carl lo portarono al suo primo arresto all’età di soli undici anni; in riformatorio la rabbia e la frustrazione del ragazzo si trasformarono in violenza nei confronti degli altri giovani detenuti, tanto e vero che fu messo in isolamento.

Dopo tre anni fu rilasciato e la madre Lizze, sperando che quel ragazzo fosse almeno in parte cambiato, iscrisse Carl nella scuola di Warren. Il rapporto con l’insegnante fu però burrascoso, soprattutto perché questa lo malmenò diverse volte davanti ai compagni di classe, così alla fine Carl decise di lasciare il Minnesota e la famiglia senza una destinazione precisa.

 

A quindici anni si ritrovò a vagare nel Montana, tra vagabondi, ladri, prostitute e truffatori di ogni genere. L’elemosina diventò l’unico modo per sopravvivere.

Una sera venne raggirato da quattro uomini che, con la promessa di dargli dei vestiti nuovi, lo portarono in un luogo isolato e lo violentarono tutta la notte.

Per tre anni Panzram visse tra furti e violenze, fino quando si arruolò nell’esercito, dove però la sua indole non cambiò: dopo circa un anno venne sorpreso mentre stava rubando dei soldi nell’ufficio del Comandante, perciò venne condannato e rinchiuso nel carcere militare di New York, dove diede alle fiamme l’officina del penitenziario.

Il periodo di detenzione finirà solo nel 1912, rimettendo in libertà un uomo rabbioso, che sfogherà tutta la sua collera sulle sue future vittime.

Carl si stabilì per un po’ di tempo nella città di New Haven, nel Connecticut. Lì, una notte, penetrò in una villa dove poté rubare molti oggetti di valore. Con il ricavato, si comprò uno yacht: la barca fu registrata con il nome di John O’Leary.

Navigando con la sua imbarcazione, Carl attirò diversi marinai con la scusa che era in cerca d’aiutanti per i suoi commerci e con la promessa di lauti guadagni. Una volta saliti a bordo, li faceva ubriacare, poi li torturava e li violentava, infine ne sezionava i corpi e li gettava in mare.

Il suo perverso piacere durò poco, perché un uragano distrusse il suo natante.

 

Nel 1921, Panzram si fece assumere come operaio da una compagnia petrolifera che operava in Africa.

Sbarcato nella città di Luanda, conobbe una sera un ragazzo di undici anni, a cui offrì dei soldi in cambio di compagnia. Quando i due si appartarono, il giovane si rifiutò di acconsentire alle richieste di spogliarsi, perciò Carl, furibondo, lo violentò e, con forza inaudita, gli fracassò la testa contro una roccia. Tempo dopo Panzram dirà a proposito: “Il suo cervello fuoriusciva dalle orecchie, ed io me ne stavo lì a guardare compiaciuto”.

Naturalmente non tornò più sul posto di lavoro, ma si spostò invece in un villaggio di pescatori dove, spacciandosi per un cacciatore di coccodrilli, trovò degli indigeni che si offrirono di aiutarlo in cambio di una bella percentuale sui profitti ottenuti.

Portò con se sei uomini, tra cui due ragazzi, che, durante la battuta di caccia, uccise tutti a sangue freddo con dei colpi di pistola. Fatti a pezzi i corpi con un machete, mise i resti a bordo di una canoa e li diede in pasto ai coccodrilli, gustandosi tutta quell’orribile scena.

Alcune volte si recava in piccoli villaggi, alla ricerca di ragazze minorenni. Pagava la loro compagnia per una giornata e poi si divertiva sodomizzarle e umiliarle in tutti i modi, prima di riportarle terrorizzate a casa dai genitori, con i quali, approfittando dell’ignoranza di quelle genti, si lamentava che le ragazze non avevano fatto bene la propria parte.

 

Dopo circa un anno, Panzram fece ritorno negli Stati Uniti, precisamente a Salem, nel Massachusetts, la città delle streghe.

Lì, nell’estate del 1922, incontrò un ragazzo di undici anni di nome Henry McMahon: lo fermò mentre stava rientrando a casa e gli diede dei soldi in cambio di un lavoretto. Lo fece quindi salire nella sua automobile e con questa si diressero verso un luogo isolato, dove Carl violentò ripetutamente il ragazzino. In seguito, lo uccise sbattendogli la testa contro un muro, gli aprì la bocca e ci infilò della carta. Il corpo fu ritrovato dopo tre giorni dalla polizia, in stato di decomposizione.

Dalle indagini risultò che un uomo era stato visto in compagnia del ragazzo nel pomeriggio della scomparsa, ma i testimoni diedero una descrizione insufficiente e la polizia non riuscì ad andare avanti con il caso.

Nel giugno del 1923, Panzram si trova nuovamente nel Connecticut per cercare una barca da prendere in “prestito”. Una volta trovata, navigò sul fiume Hudson per poi attraccare a Kingston, dove passò una serata in un locale della città offrendo da bere, fino a quando conobbe finalmente un potenziale compratore interessato alla “sua” imbarcazione. Una volta a bordo, gli sparò alla testa, uccidendolo. Quindi, con un ascia, tagliò a pezzi il cadavere e li gettò nel fiume.

La polizia mise in allarme tutte le città che si affacciavano sul fiume, avvisando i cittadini che in circolazione c’era un Killer spietato, definito come “Il Predatore del fiume Hudson”.

Il 9 agosto del 1923, a New Haven, un ragazzo di quattordici anni di nome Alexander Luztock stava chiedendo l’elemosina, quando gli si avvicinò l’assassino che gli diede qualche centesimo; dalla tasca uscì però anche un lungo coltello, con il quale Carl obbligò il ragazzo a seguirlo. Lo portò in una zona deserta, dove lo violentò e lo torturò con il coltello, infliggendogli delle ferite profonde, e dove lo uccise, strangolandolo con una cinghia. Due giorni dopo, un passante trovò dietro ad un cespuglio il corpo del ragazzo, dilaniato dagli animali.

La notte del 26 agosto 1923, il Killer s’introdusse in un magazzino sorvegliato da un guardiano, si nascose dietro ad una colonna con in mano un’ascia con l’intento di decapitarlo. Il vigilante sentì però dei rumori e cominciò ad avvicinarsi piano piano verso la loro fonte, fino a quando la lama di un’ascia gli passò davanti al viso, ferendolo di striscio. Sopravissuto e pronto di riflessi, il vigilante ingaggiò una violenta colluttazione, al termine della quale Carl fu immobilizzato ed arrestato.

 

In carcere, Panzram confessò ventuno omicidi e decine di violenze ai danni di ragazzini, aggiungendo con disprezzo che non c’era nessun movente: l’aveva fatto solamente perché la cosa gli piaceva.

Durante la detenzione, tentò la fuga, ma mentre stava scavalcando un muro cadde e si ruppe entrambe le caviglie, così fu rinchiuso in isolamento.

Fu poi ricoverato nell’ospedale psichiatrico, dove fu messo sotto stretta sorveglianza. Tutte le misure cautelari nei suoi confronti non gli impedirono di consumare un altro delitto: la vittima fu un infermiere, preso alla sprovvista e massacrato con molteplici coltellate al torace.

Ritenuto un pazzo sadico, l’assassino fu rinchiuso nella prigione di massima sicurezza a Washington. Rimasto rinchiuso per cinque anni in attesa della sentenza definitiva, sembrò essersi placato, tanto che gli fu assegnato un lavoro nella lavanderia del penitenziario.

Il 20 giugno del 1929, il responsabile della lavanderia Robert Warnke gli assegnò un compito da svolgere, ma Panzram, senza dire nulla, afferrò invece una sbarra di ferro e lo colpì alla testa ripetutamente, tanto da renderlo irriconoscibile e imbrattando tutta la stanza di sangue.

Dopo questo episodio, il processo fu anticipato e, appena il giudice ebbe emesso la sentenza che lo condannava a morte, Panzram si alzò e disse: “Signor giudice vorrei ringraziarla per questa condanna, ma vorrei avere anche un minuto di libertà, per mettere le mie mani intorno al vostro collo in modo che non possiate più sedere in nessuna aula per giudicare il prossimo”. Poi aggiunse: “Non credo nell’uomo, in Dio e nel Diavolo, odio la razza umana e maledico tutti. Ho ucciso i deboli, gli innocenti, questa vita l’ho imparata dagli altri. Non ho nessun desiderio di cambiare, l’unico mio desiderio e di cambiare le persone e per cambiarle bisogna ucciderle. Il mio motto è: rubare, stuprare e uccidere. Ho sodomizzato spesso gli uomini, non perché ero un omosessuale, ma perché volevo dominarli, umiliarli e torturarli”.

Ci fu comunque qualcuno che si oppose alla pena capitale, ma Carl con astio disse loro queste testuali parole: “Vorrei che voi tutti aveste un solo collo e che io vi avessi sopra le mani”.

Il 5 settembre del 1930, con aria sprezzante e senza un minimo di rimorso e paura, mentre il boia gli stava infilando il cappio al collo, Panzram pronunciò queste parole: “Sbrigati bifolco, riuscirei a impiccare una dozzina di persone mentre te ne stai a perdere tempo”.

Panzram si può considerare a tutti gli effetti un soggetto che fin dall’infanzia ha avuto nel sangue un odio sconsiderato verso il prossimo, un disprezzo che va aldilà di ogni razionale ragione, un uomo che fino all’ultimo respiro lasciò tutti sconcertati.

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Quante sono le vittime di Pedro Lopez, lo strangolatore del Sud America? Oltre le trecento, come lui ha spesso dichiarato, o "solamente" 57 (numero dei corpi ritrovati)? Probabilmente non lo sapremo mai. Potremmo credere a ciò che ha raccontato come hanno fatto le autorità, ma questo è a discrezione di ognuno di noi. Sta di fatto che Lopez è uno dei serial killer più prolifici della storia, anche se per questo non verrà mai eletto "uomo del secolo" come lui vorrebbe.

Pedro Alonzo Lopez nasce a Tolmia, in Colombia, nel 1949.

È un brutto periodo per la storia del paese, dominato da insurrezioni ed atti violenti, tanto che gli storici lo hanno chiamato "La Violencia".

I problemi sono cominciati un anno prima, nel 1948, quando l'omicidio di un noto politico Liberale e Popolare, Jorge Eliècer Gaitàn, ha dato il via a una feroce guerra civile.

La Guerra durerà 10 anni, le vittime saranno 200 mila.

 

Pedro è il settimo dei tredici figli di una prostituta poverissima. Con tutte queste premesse, è difficile immaginare per il piccolo Lopez un'infanzia felice.

La madre è una donna arrogante e gestisce i figli con il pugno di ferro. I bambini subiscono in silenzio ogni tipo di sopruso. Probabilmente, pensando alle squadre militari e paramilitari sparse per il paese, alla percentuale di delitti superiore del 50% rispetto a quella di qualsiasi paese al Mondo e alle violazioni dei diritti umani che sono all'ordine del giorno, i ragazzini sono giunti alla conclusione che sia meglio prendere un po' di botte dalla mamma che scappare di casa.

 

Nel 1957, all'età di 8 anni, Pedro viene scoperto dalla madre mentre sta facendo sesso con la sorellina più piccola. Senza nemmeno pensarci due volte, la donna sbatte il ragazzo fuori di casa, sulla strada, nel bel mezzo dell'incubo di ogni cittadino colombiano.

Mentre vagabonda senza meta sulle strade dissestate, il piccolo Pedro viene soccorso da un uomo anziano, che gli offre ospitalità e qualcosa da mangiare. Un po' per la giovane età e un po' per la disperazione, il piccolo Lopez si affida ciecamente a quell'uomo…ma si accorgerà ben presto del proprio sbaglio.

Invece di ospitarlo in una casa, l'uomo conduce Pedro ad un edificio abbandonato, dove lo sodomizza per molte ore, prima di abbandonarlo nuovamente sulla strada, in fin di vita.

 

Dopo un'esperienza del genere, Pedro Alonzo si tiene ben lontano da ogni essere umano. Dorme di giorno, nascosto in vicoli bui o dentro edifici abbandonati. Di notte, quando è sicuro che nessuno possa vederlo, si sposta nascosto dalle tenebre, alla ricerca di cibo tra i cumuli di rifiuti.

Questa vita dura un anno, il tempo necessario a Pedro per racimolare nuovamente il coraggio di affrontare il mondo esterno. Nel suo nuovo pellegrinaggio, il ragazzo finisce a Bogotà dove, mentre è intento a elemosinare del cibo, viene avvicinato da una coppia di coniugi americani. Angosciati dall'aspetto scheletrico del piccolo, i due gli offrono del cibo caldo e lo invitano a vivere con loro.

Pedro accetta nuovamente la proposta, ma questa volta è veramente fortunato: la coppia gli assicura vitto e alloggio gratis e lo iscrive a una scuola per orfani.

 

Nonostate questa svolta, Lopez pare essere destinato alla sfortuna: all'età di 12 anni, un insegnante lo molesta sessualmente durante le lezioni.

Questo episodio risveglia tutte le antiche paure del bambino, trasformandole in rabbia. Perciò, dopo l'accaduto, Pedro ruba dei soldi alla coppia americana, scappa di casa e torna alle strade della Colombia.

La guerra civile è ormai finita, il governo si sta riorganizzando e le fabbriche si stanno riprendendo lentamente dalla depressione.

Lopez però non sa svolgere nessun mestiere, tanto meno ha l'istruzione necessaria per fare lavori più importanti, per cui per ben sei anni camperà di elemosina e piccoli furti.

 

Una volta cresciuto, Pedro comincia a rubare automobili. È molto abile e i ricettatori lo pagano bene, diventa addirittura un punto di riferimento per tutti gli "apprendisti" in questo campo.

Nonostante le sue abilità, nel 1969, il 18enne Pedro Alonzo Lopez viene arrestato per il furto di un'automobile e condannato a sette anni di carcere.

Dopo solo due giorni di prigione, lo sventurato ladruncolo viene brutalmente stuprato da quattro carcerati. È l'ultima goccia che fa traboccare il vaso: la rabbia del giovane colombiano decide finalmente di esplodere…Pedro giura a sé stesso che nessuno in futuro riuscirà a fargli del male.

Nei giorni seguenti, il ragazzo si costruisce un pugnale rudimentale con degli attrezzi del carcere e compie la sua vendetta, assassinando ognuno dei quattro uomini che lo avevano violentato.

Per le autorità colombiane si tratta di legittima difesa, perciò la pena di Lopez viene allungata di soli due anni.

 

Combinato con tutte le altre disgrazie, il periodo in prigione comporta un danno irreparabile a Lopez, che è ormai sull'orlo della pazzia.

Nella mente di Pedro, la causa di tutti i suoi guai e delle sue angosce è la madre. Per questo adesso lui odia tutte le donne: gli è impossibile instaurare un qualsiasi rapporto sociale con una di loro, si accontenta delle riviste pornografiche.

 

Scarcerato nel 1978, Pedro Lopez decide di andarsene in Perù.

Gira il paese in lungo e largo e, secondo quanto ci ha riportato, uccide almeno 100 giovani ragazze delle tribù indios.

È impossibile verificare tutti gli omicidi, ma Pedro viene comunque colto sul fatto dalla tribù degli Ayacuchos, mentre cerca di stuprare una bambina di 9 anni.

Dopo essersi denudati, gli indigeni lo sodomizzano a turno e lo seppellirebbero vivo, se un missionario americano non li intervenisse convincendoli che l'omicidio è irreligioso.

Pedro torna nuovamente nelle mani della legge, ma il Governo peruviano decide di deportarlo in Ecuador, per non sprecare tempo in investigazioni e allo stesso tempo per mettere a tacere le lagnanze delle tribù indigene.

 

Giunto in Ecuador, Pedro si mette a girare in lungo e in largo anche questo paese, facendo ogni tanto una sortita in terra colombiana.

Le autorità rilevano un preoccupante aumento di casi di persone scomparse ovunque passi Pedro Alonzo Lopez, soprattutto giovani ragazze. I casi vengono però attribuiti al mercato della prostituzione, per il quale molte giovani sudamericane vengono rapite e spedite a fare le schiave sessuali nei paesi industrializzati.

 

Nell'Aprile del 1980, un'alluvione si abbatte su Ambato, in Ecuador. Mentre battono la zona alla ricerca di persone scomparse, le autorità dissotterrano i resti di quattro bambine. Non è chiara la causa del loro decesso, ma sembra evidente che siano state vittima di un atto violento e che il loro assassino le abbia seppellite per nasconderle.

Qualche giorno dopo, mentre è al mercato con la figlia 12enne Marie, la signora Carvina Poveda viene avvicinata da un uomo sconosciuto, che rapisce con la forza la ragazzina.

La donna invoca aiuto e i commercianti locali inseguono prontamente l'uomo, atterrandolo e tenendolo fermo fino all'arrivo della polizia.

 

EPILOGO

Poiché Pedro Lopez si rifiuta di parlare durante l'interrogatorio, gli investigatori decidono di raggirarlo: chiedono la collaborazione di Padre Cordoba Gudino, un prete locale molto carismatico, che viene travestito da carcerato e messo in cella con Pedro Alonzo.

Le speranze che l'ecclesiastico riesca a strappargli una confessione, vengono subito accontentate: non ci vuole molto tempo prima che Pedro cominci a parlare. Una volta svelato il trucco, il prigioniero è costretto a confessare tutto.

 

Lopez dichiara di aver assassinato almeno 110 ragazze in Ecuador, 100 in Colombia, e "molte più di 100" in Perù.

"Mi piacciono le ragazze dell'Ecuador" – avrebbe dichiarato – "sono più gentili, più fiduciose e più innocenti. Loro non sono diffidenti con gli estranei come fanno le ragazze colombiane."

Nel corso delle confessioni, Pedro biasima i suoi crimini e la sua vita sulla strada, ma riversa tutte le colpe sull'adolescenza solitaria.

 

Interrogato su come si svolgessero i suoi crimini, Lopez racconta di aver colpito sempre di giorno, perché la notte avrebbe privato la sua vista dalle sofferenze.

Dopo aver stuprato le sue vittime, Pedro le strangola, guardandole negli occhi. Gli piace vederle morire, lo eccita terribilmente. Ogni tanto, quando ha da parte un numero soddisfacente di cadaveri, organizza per loro delle piccole festicciole: li fa sedere ad una tavola imbandita con lui, offre loro del tè e ci chiacchiera amichevolmente.

 

Inizialmente scettici, gli investigatori si mettono in contatto con le autorità colombiane e peruviane, ma non sembrano emergere delle prove per tutti quei crimini.

Accortosi delle diffidenze nei suoi confronti, Pedro Lopez si offre volontario per accompagnare gli agenti in alcune delle zone di sepoltura, per dimostrare che non è un bugiardo.

Così, pochi giorni dopo, una carovana di poliziotti guidata da Lopez si reca presso la discarica della periferia di Ambato. Nel giro di poche ore, i cumuli di spazzatura rivelano i resti di 53 ragazzine, tutte tra gli 8 e i 12 anni.

Nei giorni successivi, Lopez conduce gli investigatori in altri 28 luoghi, ma nessun altro cadavere verrà ritrovato. È normale che sia così, si tratta di posti ricchi di animali selvatici e colpiti frequentemente da forti alluvioni e smottamenti.

 

Riportato alla centrale di polizia, Pedro Lopez viene immediatamente messo sotto processo con l'accusa di 57 omicidi, che vengono alzati a 110 in base alle confessioni dell'imputato.

Intervistato dai giornalisti, il commissario Victor Lascano dichiara: "Se un uomo confessa un centinaio di omicidi e si trovano 53 cadaveri, allora gli si può anche credere. Se devo essere sincero, io sono convinto che questo pazzo abbia ucciso anche più persone delle 300 che attesta."

Non esistono a nostra disposizione dati ufficiali a riguardo del processo cominciato nel 1980, ma sappiamo che si è concluso con la condanna al carcere a vita.(link)

 

 

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Un pomeriggio di agosto del 1988, la piccola Mari Konno di 4 anni uscì di casa per andare a giocare da un'amica. Alle 23 passate, il padre, non vedendola tornare, ne denunciò la scomparsa alla polizia. Più o meno nello stesso momento, la bambina stava morendo strangolata.

Iniziò così la serie di omicidi perpetrati dal ventiseienne Tsutomu Miyazaki, che violentò

e strangolò altre 3 bambine.

 

La vita isolata di Tsutomu iniziò il 21 agosto del 1962, quando nacque prematuro. Pesava solamente 2 kg e 200 grammi e soffriva di una deformazione alle mani che non gli consentiva di piegare i polsi verso l'alto. Tale deformazione lo perseguitò fin dalla più tenera età poiché, fin da quando aveva 5 anni, i suoi compagni di scuola lo prendevano in giro per le sue 'mani mostruose'.

Tsutomu era un ragazzo quieto e solitario, ma anche estremamente studioso, tanto che ottenne il punteggio massimo agli esami per il passaggio al liceo.

In quello stesso periodo, crebbe anche la sua passione per i fumetti dei quali divenne un accanito lettore, arrivando anche a disegnarne di proprio pugno. Grazie all'influenza del padre (editore del più importante quotidiano della zona e uomo dalla grande influenza politica), Miyazaki iniziò a lavorare in una tipografia e si trasferì di nuovo dai genitori, dividendo con la sorella minore una specie di dependance.

Tsutomu evitava le donne della sua età, probabilmente perchè era fisicamente immaturo.

Un compagno del liceo, ricorda che il suo pene era non più lungo di uno stuzzicadenti e poco più grosso di una matita.

Nonostante ciò, possedeva appetiti sessuali al di sopra della media. Al college era solito scattare fotografie alla biancheria delle tenniste. Poi, una volta stufo della pornografia che ritraeva gli adulti, passò alle riviste con le ragazzine, poiché la legge giapponese vieta solo l'esposizione dei peli pubici e non quella degli organi genitali.

 

La molla che fece scattare la sua follia omicida fu forse la morte del nonno, avvenuta nel maggio 1988. Quella con il nonno era la sua unica relazione normale con un adulto e il suo decesso fu un duro colpo per Tsutomu.

In seguito, l'assassino confessò di aver mangiato alcune delle sue ossa cremate, perchè voleva incarnarsi in lui.

Questa dipartita inoltre, estraniò definitivamente Tsutomu dalla famiglia e dalla vita: in seguito confessò di aver ucciso dei gatti, gettandoli nel fiume o nell'acqua bollente e di aver sgozzato alcuni cani con il fil di ferro.

 

Come detto, la prima bambina che morì fu Mari Konno.

Sei settimane dopo, l'assassino notò la piccola Masami Yoshizawa, di 7 anni. La persuase a salire in macchina e raggiunse le colline. La strangolò, la spogliò e abusò del cadavere. Quando il corpo della bambina ebbe una contrazione automatica, Tsutomu corse alla macchina terrorizzato, lasciando la salma a meno di cento metri da dove giacevano i resti della piccola Mari, ancora non scoperti dalla polizia.

 

Nonostante fosse sconvolto dall'accaduto, Tsutomu uccise ancora.

La terza vittima fu Erika Namba, attirata anche lei dentro l'automobile. Il maniaco la convinse a spogliarsi sul sedile posteriore e cominciò a scattarle delle fotografie. Erika continuava a

piangere, così Tsutomu la afferrò per la gola e si mise a cavalcioni su di lei per schiacciarla mentre la soffocava. Una volta uccisa, la avvolse in un lenzuolo, la mise nel bagagliaio e si disfò dei vestiti buttandoli nel bosco adiacente.

Dopo qualche chilometro, decise di sbarazzarsi del cadavere buttandolo nel bosco e così fece. Questa volta però il corpo di Erika venne trovato il giorno seguente.

La polizia non faticò molto a collegare questo assassinio alla sparizione di Mari Konno e Masami Yoshizawa, tanto più che le loro famiglie continuavano a ricevere telefonate mute o inquietanti cartoline.

In particolare, quella ricevuta dalla famiglia Namba, composta da lettere tagliate dai giornali, recitava:

" Erika.Tosse. Gola. Riposo. Morte "

La mattina del 6 febbraio 1989, mentre si recava al lavoro, il padre di Mari Konno (la prima vittima) trovò una scatola sulla soglia della sua abitazione. Conteneva della cenere, frammenti ossei, dodici denti da latte, foto di biancheria intima infantile e un foglio di carta con la scritta " Mari. Ossa. Cremate. Investigate. Prove."

Miyazaki era tornato sul luogo del delitto e aveva rimosso i resti.

Successivamente, ai genitori della bambina arrivò anche la seguente lettera:

 

"Prima che me ne rendessi conto il suo corpo stava diventando rigido. Volevo incrociargli le braccia sul petto ma non riuscivo a muoverle. Ben presto numerose macchie rosse si manifestarono su tutto il corpo, sembravano dei timbri. Sembravano tante bandiere giapponesi. Prima sembrava rigido, ma ora sembrava come se fosse gonfio d'acqua. E puzzava. Puzzava tremendamente come

mai nella vostra vita abbiate sentito."

 

Tsutomu evitava ormai di andare al lavoro per rimanere a casa a guardare i suoi videotape.

Il 1 giugno, notò delle bambine che stavano giocando vicino ad una scuola elementare e costrinse una di loro a togliersi le mutandine. Mentre la stava fotografando, dei passanti si accorsero di lui, mettendolo in fuga. Nonostante questo, il killer tornò a colpire solo 5 giorni dopo.

 

Il 6 giugno, mentre camminava in un parco, si accorse di Ayako Nomoto, una bimba di 5 anni che stava giocando in solitudine.

Le chiese di posare per delle fotografie, prima all'esterno e poi all'interno della sua auto.

Mentre le porgeva dei dolci, Ayato fece un commento sulle sue mani deformi. Irritato, Tsutomu indossò un paio di guanti di gomma e la afferrò per la gola. La bambina cominciò a tirare dei calci per difendersi, ma cedette dopo qualche minuto. Per sicurezza, la imbavagliò e le legò le mani con del fil di ferro, poi avvolse il corpo in un lenzuolo e lo mise nel bagagliaio.

Questa volta portò a casa il cadavere, fermandosi prima in un videoshop per affittare una telecamera.

Una volta in casa, spogliò la bambina e la depose su un tavolo a gambe aperte. Cominciò poi a riprenderla mentre si masturbava. Due giorni dopo, l'odore del corpo che iniziava a decomporsi divenne insopportabile, perciò Tsutomu le tagliò le mani, la testa e i piedi, in modo da renderne impossibile l'identificazione. Nascose i resti in un bagno pubblico e, tornato a casa, arrostì

le mani, i piedi e la testa tagliate della bambina e ne mangiò le carni. Le ossa rimaste le nascose in un adiacente boschetto, teschio compreso. Bruciò i vestiti, il lenzuolo e il sacco che li aveva contenuti.

 

Nonostante tutte queste precauzioni, le spoglie di Ayako vennero ritrovate e identificate.

 

La sanguinosa carriera di Tsutomu fu interrotta, il 23 Luglio 1989, da un comune cittadino che grazie alla segnalazione di una delle figlie, lo sorprese in flagrante mentre stava fotografando l'altra, nuda. Arrestato sotto l'imputazione di "costrizione di minori a commettere atti osceni", dopo 17 giorni, l'assassino si decise anche a confessare tutta la serie dei suoi omicidi.

 

Una volta arrestato, la polizia trovò in casa sua circa seimila videocassette porno e splatter, nonché numerosissime a cartoni animati. Mescolate a questa collezione vi erano poi filmati e foto delle vittime.

Miyazaki è rimasto incarcerato fino al 1997, quando si è conclusa la batteria di valutazioni psichiatriche che la prefettura di Saitama aveva ordinato per il suo caso.

Secondo il team di psichiatri che lo ha analizzato per ben 7 anni, Tsutomu è affetto da un disturbo multiplo della personalità e da schizofrenia estrema, ma era comunque consapevole della gravità e delle conseguenze dei suoi crimini perciò, pochi mesi dopo, è stato condannato a morte per impiccagione.

Dopo un decennio trascorso nel braccio della morte, il 17 gennaio 2006, la Corte Suprema di Giustizia ha approvato la sentenza di morte, tuttavia non è stata ancora fissata la data dell’esecuzione.

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