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dorian80

morosini se accascia a terra durante la partita

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(La Repubblica - G. Mura) - Fermarsi un sabato e una domenica per un ragazzo che s’è fermato per sempre, su un campo di calcio, è un triste dovere. Non credo ci sia molto da discutere sulla decisione della Federcalcio: è una scelta di rispetto, di sensibilità, di cuore. Udinese e Inter avevano già deciso di non giocare. A San Siro, con tutti i tifosi già dentro, è volato qualche fischio, ma anche la tribù del “devi morire” capirà, prima o poi.

 

Non aiuta a capire la moviola, che serve a scoprire il millimetrico fuorigioco o il rigore non concesso. Si vede il ragazzo cadere, cercare di rialzarsi e poi ricadere attutendo la caduta con le due braccia, come nelle flessioni, e a terra rimanere, con la faccia nell’erba. Definitivamente fuori dal gioco e da una vita fin troppo dura è andato Piermario Morosini, chiamato dai compagni Moro e Supermario, un gol solo tra i professionisti perché i gol li faceva segnare agli altri, da centrocampista coi piedi buoni. Un ragazzo dolce e sfortunatissimo: così l’ha ricordato Mino Favini, che di ragazzi all’Atalanta ne ha cresciuti e lanciati parecchi. Non succede spesso che, parlando di un atleta e soprattutto di un calciatore, si usi quest’aggettivo: dolce.

 

Ma è proprio una malinconica dolcezza che si trova nelle foto di Morosini, e non è presentimento, no, ma cognizione del dolore. Non ci può essere presentimento, a quell’età. Ma coscienza e cicatrici sì. Perché si ha voglia a dire che il fulmine non cade mai sullo stesso albero, che prima o poi il vento cambierà direzione. Morosini a 14 anni ha perso la madre, a 16 il padre, a 20 un fratello suicida. Ha diviso maglia e camera d’albergo con altri che sono diventati più famosi: Ranocchia, Marchisio, Cerci, De Silvestri, Isla. Altri che hanno fatto il grande salto, ma è un modo di dire.

 

Come giocare col cuore, buttare il cuore oltre l’ostacolo, prendersela a cuore, andare dove porta il cuore. “Tutti parlano del proprio cuore, nessuno parla col proprio cuore”, aveva scritto un poeta, Alfonso Gatto. Ecco, io credo che Morosini ci avesse parlato, che ci tenesse a fare esami approfonditi, perché di cuore era morto suo padre, e col cuore lui diceva, in un’intervista a un giornale di Livorno, che inseguiva il sogno di diventare un buon calciatore perché questo era anche il sogno dei genitori, e il loro se l’era caricato sulle spalle o nel cuore, o in valigia quando andava a Udine, a Bologna, a Vicenza, a Padova, a Reggio Calabria, perché si sa che è meglio fare esperienza giocando in B che fare panchina o tribuna in A.

 

Nulla e nessuno, neanche l’autopsia, ci sapranno dire cosa succede in un corpo sano e forse anche felice, la squadra stava vincendo, e lo trasforma in un morto da piangere. E per fortuna, nella disgrazia, che ai morti non si può fare la domanda più stupida e dunque più usata del mondo, quello sportivo in particolare: che cos’hai provato quando cadevi? Al pressing forse, o all’impressione di un pugno in petto, ma nessun avversario era vicino, o ad Anna, la sua ragazza, “la mia Annina sotto il cielo dell’Elba” come scriveva inviando la foto di loro due agli amici, a quelli che giocavano in A, quelli coi titoli in prima pagina che per lui ci sono solo se muore.

 

Il grande circo si ferma per un ragazzo morto la cui vita e morte sono lontanissime dall’immaginario collettivo. I miliardari pieni di bambole tv, di Rolex, di coca, quelli che si comprano e vendono le partite, quelli che per prima cosa si fanno la Ferrari. Non lo cancella, gli fa da silenziatore. Di cuori sono pieni gli stadi: bianconeri, granata, rossoneri, nerazzurri, giallorossi, biancolesti, azzurri, rosanero, viola, rossoblù, gialloblù. Nei cori dei tifosi sono vecchi, e battono. Quello di Muamba è rimasto fermo 78’ e se l’è cavata dopo 16 interventi del defibrillatore. Quello di Morosini s’è fermato una volta sola, forse era stanco per troppe cose, e non è più ripartito.

 

C’è chi dice che il cuore degli atleti, per gli sforzi che fanno, è più esposto, spesso ipertrofico. Ma la vita ci ha detto che di cuore muoiono obesi e fumatori, elettricisti e scrittori, banchieri e disoccupati. Forse è meglio essere fatalisti che affannarsi a cercare risposte, ché poi magari viene il batticuore. Ci sono morti che diventano di tutti e quella di Morosini lo è. Come nell’ultimo verso della Costruzione, una canzone che Chico Buarque de Hollanda scrisse nel ’71 per un muratore volato giù dall’impalcatura, “è morto contromano intralciando il sabato”. Al posto di questa rubrica uno spazio bianco e silenzioso sarebbe stato più giusto, ma è un lusso che nel nostro mestiere non ci si può permettere. Ti sia lieve la terra, Piermario Morosini detto Moro.

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:sigh::sigh:

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Morosini: autopsia terminata

Salma del calciatore verso Livorno

16 aprile, 17:31

 

PESCARA, 16 APR - Terminata pochi minuti fa la parte ispettiva dell'autopsia su Piermario Morosini, dopo oltre 6 ore di indagine da parte del medico legale Cristian D'Ovidio. Un lavoro lungo e complesso, riferiscono fonti dell'ospedale di Pescara, che forse impedira' al medico di poter rilasciare dichiarazioni. La salma sta per essere ricomposta per poter essere riconsegnata ai familiari ed essere portata nella camera ardente a Livorno in serata, come confermato dal dg del Livorno Giovanni Gardini.

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sentivo sulla radio che sarà necessaria la tossicologica perchè non sembra chiarire nulla l'autopsia.

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Morosini, no segni evidenti cause morte

Medico legale, necessari altri test anche tossicologici

 

PESCARA, 16 APR - 'Non ci sono situazioni macroscopiche evidenti che ci permettano di determinare la morte del ragazzo'. Cosi' il medico legale Cristian D'Ovidio appena terminata l'autopsia sulla salma di Piermario Morosini. 'Ora - ha aggiunto - sono necessari ulteriori approfondimenti anche di carattere tossicologico'.

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Livorno, Morosini morto a causa di una cardiomiopatia aritmiogena

02.07.2012 19.12 di Dennis Magrì per tuttob.com articolo letto 137 volte

Fonte: Tuttosport

 

È stata una cardiomiopatia aritmiogena a stroncare la vita di Piermario Morosini lo scorso 14 aprile durante Pescara-Livorno. È quanto risulta dalla perizia chiesta dalla Procura di Pescara: si tratta di una malattia di probabile origine genetica che produce aritmie ventricolari. La cardiomiopatia aritmiogena è considerata la causa più frequente di arresto cardiaco negli sportivi di alto livello: anche il calciatore del Siviglia Puerta, morto nell'agosto del 2007, è infatti deceduto a causa di questa malattia ereditaria. Secondo quanto si è potuto sapere nelle 250 pagine della relazione scritta dal professor Cristian D'Ovidio, incaricato dalla procura di Pescara di far luce sulla tragica morte del calciatore, gli effetti della malformazione erano in fase iniziale.

 

MOROSINI PER SEMPRE CON NOI!

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DILETTANTE MUORE PRIMA DEL MATCH

Un arresto cardiaco fatale in Sardegna

10/12/12

Un'altra tragedia nel mondo del calcio. Questa volta la vittima è un portiere 31enne, morto per un arresto cardiaco mentre ultimava il riscaldamento. Luca Loru giocava tra i dilettanti del Gonnosfanadiga, formazione impegnata nel girone B della Seconda Categoria sarda. Mentre correva si è improvvisamente accasciato a terra e i soccorsi, portatigli dai compagni di squadra e da tre medici presenti sul posto, non sono stati utili a salvargli la vita.

 

Le sue condizioni sono apparse subito gravissime e anche l'uso del defibrillatore, in dotazione alla squadra di casa, e del personale del 118 giunto sul posto con un'ambulanza, è stato vano. La partita, chiaramente, non è stata disputata. Loru era padre di una bambina e la moglie era sugli spalti.

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Sono stati nove minuti interminabili quelli vissuti domenica allo stadio Martelli di Mantova dove, nel corso del match di Coppa Italia Lega Pro tra i locali e il Pavia, il 21enne calciatore ospite Andrea Lussardi ha perso i sensi stramazzando a terra. Il tonfo all'improvviso, tra la disperazione dei presenti, i primi soccorsi e il silenzio attonito dello stadio. Lussardi si è poi ripreso ed è stato trasferito in ospedale per ulteriori controlli.

 

La grande paura comincia al minuto 27 della ripresa quando lo sguardo dei presenti si trasferisce da una semplice rimessa laterale al limite dell'area di rigore del Pavia. Lussardi sviene davanti agli occhi esterrefatti di compagni e avversari. Cala il gelo, scattano i soccorsi. Lo staff medico si fionda in campo per portare le prime cure. Il ragazzo si alza una prima volta, ma riprecipita sul prato.

 

Si teme il peggio, ma dopo l'arrivo dell'ambulanza e nove minuti in cui sfilano davanti a tutti le immagini del dramma Morosini, ecco la buona notizia. Lussardi riprende conoscenza e rassicura tutti sulle sue condizioni.

 

Trasportato in ospedale, il calciatore ha trascorso una notte tranquilla. I primi accertamenti avrebbero escluso la natura cardiaca del malore; per i prossimi giorni sono previsti nuovi esami.

 

 

Quanto cavolo impiegano i medici a prestare soccorso, dopo esser stati richiamati più volte, e soprattutto in un momento del genere quanto ci mettono ad allertare e ordinare l'ingresso dell'ambulanza che nel dubbio, secondo me, dev'essere comunque obbligatorio??? sticazzi dell'interruzione della partita e del tempo perso.

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