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Atletico Madrid

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detto che è la riedizione della finale di due anni fa, secondo me, queste, sono due finaliste a sorpresa. sono due club ricchissimi e chiaramente non so due "favole" però fino a due mesi fa il Real era una polveriera e sull'Atletico non c'avrei scommesso più di tanto. Se invece vi riferivate allo strapotere delle spagnole in generale, sono d'accordo con voi.

La seconda che hai detto

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Gazzetta di martedì 3 maggio

 

 

SOPRA LA PANCA di ARRIGO SACCHI

Oggi e domani semifinali di ritorno

FINALE CHAMPIONS?

VEDO ATLETICO-REAL

Domani sera conosceremo

le finaliste di Champions:

le sfide sono Bayern-

Atletico e Real-City. Le

spagnole partono in

vantaggio, potremmo rivedere la

rivincita della finale del 2014. Agli

uomini di Guardiola spetta

unimpresa difficile contro lAtletico

di Simeone. Si affrontano squadre

diverse nella realizzazione, non nei

concetti: entrambe interpretano il

calcio totale, ma in modi differenti.

Sia Guardiola che Simeone hanno

messo al centro del progetto il

gioco, lorganizzazione e il

collettivo al fine di migliorare il

singolo. Pep questanno si trova in

un ambiente non sempre motivato:

ciò limita linterpretazione e la

qualità della manovra, penalizza

lintensità e la velocità in fase di

possesso e lattenzione e il pressing

in fase di non possesso. I tedeschi

hanno vinto molto sia con il club

che con la nazionale, oggi forse

hanno meno fame e voglia di

stupire. I dogmi sono quelli del

calcio totale offensivo: essere

padroni del campo e del pallone

per alimentare in continuazione i

propri campioni attraverso il

possesso e per trovare la

profondità, ma questo oggi riesce

sempre meno. Il Bayern ha anche

avuto molti infortunati, ma il

problema maggiore è stato

latteggiamento di chi in campo

non è più disposto a dare la vita per

vincere. In ogni caso Guardiola è

un genio del calcio, un innovatore

che ha sempre dato una chiara

identità alle proprie squadre e un

gioco che guida e aiuta i propri

giocatori e permette al football di

rinnovarsi. Letà e

limborghesimento di alcuni ora

non permettono più il pressing che

nascondeva le carenze difensive e

di organizzazione di una linea a

quattro non sempre ben

posizionata.

LAtletico Madrid sta compiendo

miracoli in Spagna contro mostri

sacri come Barcellona e Real, in

campo internazionale è ancora

protagonista pur con un fatturato

minore rispetto alle big europee.

Simeone è lautore, il trascinatore e

lo straordinario motivatore di tutto.

I biancorossi praticano un calcio

totale prevalentemente difensivo, si

affidano a unorganizzazione

difensiva che ha pochi uguali al

mondo: undici giocatori compatti,

collaborativi che fanno

dellagonismo e dellintelligenza la

loro forza. Sanno collocarsi bene,

anticipano le idee avversarie, sanno

leggere le situazioni come pochi,

cercano di difendere il meno

possibile individualmente grazie al

pressing, ai raddoppi, alle

marcature a scalare, al

posizionamento ottimale di tutti. I

centrocampisti attuano tante

intercettazioni e sono un filtro

importante per i difensori. La

squadra sa scegliere quando è

meglio marcare e quando è

preferibile coprire lo spazio, così

pratica sia la zona che la marcatura

ad uomo. Sembra di vedere undici

uomini legati da un filo invisibile:

un gruppo sempre motivato

composto da grandi professionisti.

Simeone è un grande stratega della

fase difensiva, un tattico che si

modella sullavversario sfruttando

al meglio palle inattive e contrasti.

Allandata la sua squadra ha dato la

vita pur di vincere, questo ha fatto

la differenza. Ecco perché vedo

favorito lAtletico, anche se sono

più vicino al football di Guardiola.

Laltra semifinale vede Real Madrid

contro Manchester City, squadre

che hanno poco a che vedere con il

calcio totale, che in generale sta

dominando il mondo da oltre 40

anni. Entrambe sono club dagli

enormi fatturati e pensano di

affermarsi prevalentemente

attraverso i singoli. Sono squadre

con valori tecnici, individuali e

talenti straordinari, ma il loro

calcio manca di una bellezza di

insieme che li guidi, gli dia armonia

e continuità. Gli allenatori devono

più che altro gestire e sperare nella

buona motivazione e

professionalità dei propri giocatori.

Il Real è favorito per qualità

individuali e perché gioca in casa,

ma può succedere di tutto. Ai

Blancos forse mancheranno o non

saranno al top il grande Ronaldo e

Benzema: sarebbe un problema per

tutti, ma in particolare per una

squadra basata sui singoli. Zidane

sta cercando di trasformare un

gruppo di grandi giocatori in una

squadra che abbia almeno uno

spirito giusto. A livello tattico ha

tolto una mezza punta come James

Rodriguez e ha posto Casemiro

come «tapon». Le due squadre sono

in generale lunghe e scarsamente

connesse, i movimenti di squadra

estemporanei e minimi, ma hanno

individualità che non perdonano il

minimo errore e che dal poco che

producono possono creare grandi

pericoli. Paradossalmente, pur con

tanti fuoriclasse, entrambe riescono

a dare il meglio nelle ripartenze

tenendo la squadra sulla difensiva.

Landata è stata deludente: le due

rivali faticano a dare continuità e

sincronia al proprio gioco

difettando di una grande strategia,

ma lo spettatore dovrà stare sempre

attentissimo, perché nellattimo di

uno sbadiglio potrebbe perdersi

lazione più bella della partita

stessa. Che vinca il migliore.

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Dal Marca

 

MARCA

LA DIFFERENZA

di SANTIAGO

SEGUROLA

 

Real-Atletico, il punto in comune

SIMEONE, ZIDANE

E IL DNA ITALIANO

 

A distanza di due anni si

disputerà unaltra finale

di Champions tutta

spagnola, con gli stessi

protagonisti di allora,

Atletico e Real Madrid. Nessuno se lo

sarebbe immaginato due mesi fa,

quando il Barça avanzava spedito

verso un secondo storico triplete.

Tutto è cambiato dopo il clásico che

si disputò al Camp Nou. In poche

altre occasioni i pronostici erano così

unanimi. Il Barça era il gran favorito,

e lunico argomento di discussione

verteva sul numero di gol che

avrebbe rifilato al Real Madrid. Si

parlava di sfida soporifera e senza

interesse, dimenticando però che il

vecchio classico del calcio spagnolo è

sempre gravido di conseguenze. Ha

vinto il Real Madrid e tutto è

bruscamente cambiato. LAtletico,

squadra dacciaio, ha raggiunto la

finale di Milano percorrendo la

strada più dura. Ha eliminato prima

il Barcellona e si è sbarazzato poi del

Bayern Monaco, in una delle

semifinali più vibranti che si

ricordino. Ha risposto

allimpressionante dispiegamento

offensivo della squadra tedesca con

la fermezza che sempre lo

contraddistingue, e con lastuzia che

gli permette di amministrare le reti

come fossero oro puro. Quando

lAtletico si assicura un vantaggio,

per quanto piccolo che sia, tutti i

suoi rivali sanno di avere dinnanzi

un Everest inconquistabile.

Il Real Madrid ha invece attraversato

la Champions come se fosse una

pianura, dove le uniche difficoltà

sono nate dagli errori commessi

dallo stesso Real contro il Wolfsburg,

un club per il quale la Champions è

troppo grande, come daltronde per

linnocuo Manchester, una squadra

che sembra fatta di plastica. Il Real

Madrid non ha avuto bisogno di

giocare bene per raggiungere la

finale. Di fatto, ha giocato male. La

superiore qualità dei suoi attaccanti

e dei suoi difensori è stata

sufficiente. Pepe e Sergio Ramos

nelle ultime settimane sono stati

insuperabili, come sempre succede

quando la squadra comincia ad

annusare qualche grande titolo. È in

questi frangenti che il Real Madrid si

trasforma nel più temibile predatore

del calcio mondiale.

Le due squadre sono guidate da ex

calciatori di fama mondiale. Zidane e

Simeone hanno calcato i palcoscenici

internazionali negli stessi anni.

Erano entrambi centrocampisti, ma

con stili opposti. A caratterizzare

Simeone era una fierezza che non

aveva limiti. Nemmeno nel

regolamento, che sovente gli andava

stretto. Zidane era pura armonia, un

giocatore squisito e sopraffino in

grado di esercitare unattrazione

irresistibile. Tuttavia, tra i due non

mancano punti in comune. Uno di

questi è il loro passato, la loro

formazione calcistica. Entrambi si

sono evoluti nel calcio italiano, con

conseguenze evidenti, ed oggi più

che mai. Populista nel modo di

comunicare, eredità del suo essere

argentino, Simeone si rivela

profondamente debitore di quella

tradizione del calcio italiano che

maggiormente è stata criticata negli

ultimi anni. Il tecnico dellAtletico

non ha infatti mai nascosto la sua

passione per il catenaccio. Si è

convertito nellapostolo moderno di

un vecchio rito calcistico. Zidane, al

contrario, non proclamerà mai la sua

adesione alla fede del catenaccio, ma

nelle grandi partite ha sempre optato

per un atteggiamento accorto e

prudente, ben lontano dalla

veemenza che esige la tifoseria

madridista. Il suo Real non ha la

furia cieca del conquistatore, ma

preferisce attendere. Cè molto della

cultura calcistica italiana anche nella

filosofia che sta adottando il

francese. Con questi presupposti,

sembra perfetta la sede della finale

in cui le due squadre di Madrid, così

differenti per cultura ma così

pragmatiche in questi giorni, si

contenderanno il trofeo: San Siro.

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