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Adriano in prestito al san paolo

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io l'avrei proprio venduto... in fin dei conti l'Inter non ha bisogno di Adriano (è da due anni che ne fa senza) e lui da ogni volta la dimostrazione di volersi togliere dai coglioni. Certo magari non nel campionato italiano ma cmq l'avrei mandato via. Se non vuole più starci meglio dargli un calcio nel culo che pagarlo per svuotare tutti i bar e discoteche di Milano

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Un ragazzo dalle grandi potenzialità e dalla testa vuota.

Gli auguro di maturare.

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c'è da dire che s'è ritrovato da una favelas ad essere ricco sfondato... se hai amicizie sbagliate fai presto a fare una miriade di stronzate

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c'è da dire che s'è ritrovato da una favelas ad essere ricco sfondato... se hai amicizie sbagliate fai presto a fare una miriade di stronzate

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Pure Ibrahimovic ,per quanto ha quella faccia da fagiano, non è che sia cresciuto a Beverly Hills... Il fatto di venire da un quartiere disagiato non può essere un pretesto, certo che le amicizie sbagliate contano eccome...

 

 

Ti riporto un articolo del Manifesto (giornale che non leggo mai)

 

DI MATTEO PATRONO, DA IL MANIFESTO

La Francia che gioca in banlieue

 

 

pubblicato su www.attac.it il 22 novembre 2005

 

Dalla Martinica, Thuram e alcuni giocatori della nazionale transalpina difendono la rivolta delle periferie francesi e attaccano il governo Villepin. Storia di una squadra multirazziale che ha scelto l’impegno civile

 

MATTEO PATRONO, il Manifesto, 11 Novembre 2005

 

La nazionale francese di calcio è una grande squadra. Sta antipatica, sopratutto agli italiani, perché nell’ultimo decennio ha vinto molto (un Mondiale e un Europeo) e spesso contro gli azzurri. Nel passato più recente ha perso qualche colpo ma conserva un grande pregio (oltre a quello di poter schierare ancora Zinedine Zidane): è fatta di giocatori che in campo pensano con i piedi, fuori con la testa. Quella loro. Quando nel `98 conquistarono la Coppa del mondo a Parigi contro il Brasile, i bleus portarono lungo i Campi Elisi un milione e mezzo di persone in festa e divennero subito il simbolo vincente della Francia multietnica e multiculturale: un gruppo black, blanc, beur (nero, bianco, arabo) che mischiava sul rettangolo di gioco calciatori africani, caraibici, sudamericani, calmucchi, armeni, baschi, persino uno della Nuova Caledonia. Stranieri d’origine ma francesi d’adozione. Una nazionale dai mille colori che non cancellò i problemi razziali della Francia ma che contribuì a guardarli con occhio diverso, mandando su tutte le furie Jean Marie Le Pen, leader del Fronte nazionale di estrema destra, che definì i neocampioni del mondo «una squadra artificiale». Non gli andava giù, al razzistone, che il paese si specchiasse in quella banda di pedatori immigrati che secondo lui non conosceva neppure le parole della Marsigliese cantata a squarciagola prima delle partite. In seguito, Zidane e compagni gliele hanno cantatate spesso a Le Pen. Nel 2002, quando questi arrivò al ballottagio con Chirac per le presidenziali, il numero 10 invitò apertamente a boicottare il candidato che «non rappresenta per niente i valori del paese». Il collega Robert Pires, numero sette ispano-portoghese, annunciò che buona parte della nazionale transalpina avrebbe disertato gli imminenti mondiali nippo-coreani se Le Pen avesse vinto le elezioni. Le Pen uscì scornato dal voto e festeggiò la clamorosa disfatta dei bleus contro il Senegal, «una piccola parte della Francia». L’impegno civile dei calciatori francesi ha preso nel tempo anche altre strade. Lilian Thuram, Patrick Vieira e Thierry Henry hanno denunciato gli insulti razzisti di tifosi e avversari e si sono spesi in prima persona con mille iniziative per combattere il problema. Due giorni fa poi, sbarcati a Fort de France, in Martinica, per un’amichevole di beneficienza (assurdamente contestata dai club) a favore delle 152 vittime di un incidente aereo, alcuni giocatori hanno detto la loro sulla rivolta delle banlieues che ha messo sottosopra la Francia. Hanno messo sotto accusa il governo sulla disoccupazione. Hanno espresso solidarietà ai rivoltosi delle periferie. E hanno ricordato che molti di loro, in quelle periferie, ci sono cresciuti e sopravvissuti. Thuram, figlio della Guadalupa trapiantato giovanissimo nel sobborgo di Avon (vicino Parigi) dove tirò i primi calci coi Portugais di Fontainbleu, ha parlato per primo senza girarci intorno più di tanto. «Ho vissuto in periferia e mi sento molto vicino a quei ragazzi - ha detto il difensore della Juventus, 33 anni - stanno tutti a parlare di insicurezza giovanile ma nessuno si preoccupa del vero problema: la mancanza di lavoro». Thuram ha criticato duramente la svolta repressiva del primo ministro Dominique de Villepin. «Le elezioni si avvicinano e il governo ha trovato un capro espiatorio per nascondere le proprie colpe sul tema della disoccupazione - ha spiegato - vogliono convincere la gente che si tratta solo di violenti e tutto questo mi fa schifo». Thuram non è uno qualsiasi nella nazionale di Domenech: segnò due gol nella semifinale mondiale del `98 con la Croazia, è tornato con Zidane dopo aver lasciato la squadra un anno fa e insieme l’hanno qualificata alla Coppa del mondo dell’estate prossima in Germania. Resta il giocatore con più presenze nella rappresentativa transalpina attuale.

 

La sua uscita però non è stata l’unica. Molti dei componenti della nazionale vengono dalle banlieues infuocate di Parigi: Henry e Anelka (Versailles), Kapo (Choisy le Roy). Eric Abidal, difensore cresciuto nel sobborgo di La Duchere (Lione), ha ricordato quanto fosse difficile da ragazzo trovare lavoro nei supermercati del suo quartiere che non volevano immigrati. «La discriminazione ha portato la gente a un punto di rottura, bisogna trovare una soluzione», ha detto il calciatore del Lione. Henry ha preferito dribblare i cronisti; Zidane, che cominciò a giocare nella Castellane, banlieue di Marsiglia, non era in Martinica per infortunio e non ha parlato. Ma le cronache dicono che sia decisamente incazzato perché al padre Smail, approdato a Marsiglia dalla Cabilia (Algeria) 52 anni fa, continuano a negare il diritto di voto anche per le elezioni municipali. Florent Malouda, talentuoso centrocampista del Lione originario di Cayenne (Guyana), ha chiuso la partita: «Gli emarginati delle periferie sono disperati, era inevitabile che finisse così».

 

Per la cronaca, il ritorno dei figli francesi nella madrepatria caraibica si è concluso con un sofferto successo sul Costarica (3-2) che ha ribadito quanto sia dura per i galletti giocare bene senza l’insostituibile e acciaccato Zidane. Sabato a Parigi arriva la Germania per un antipasto dei mondiali di giugno. Da Berlino hanno fatto sapere che vista la turbolenza delle città francesi la squadra tedesca sarà scortata da due guardie del corpo che seguiranno i giocatori come piaceva a Nereo Rocco, fino alla toilette. «Non vogliamo lasciare nulla al caso», è stata la teutonica spiegazione del team manager Oliver Bierhoff.

 

da il Manifesto 11 Novembre 2005

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Pure Ibrahimovic ,per quanto ha quella faccia da fagiano, non è che sia cresciuto a Beverly Hills... Il fatto di venire da un quartiere disagiato non può essere un pretesto, certo che le amicizie sbagliate contano eccome...

 

 

Ti riporto un articolo del Manifesto (giornale che non leggo mai)

 

DI MATTEO PATRONO, DA IL MANIFESTO

La Francia che gioca in banlieue

 

 

pubblicato su www.attac.it il 22 novembre 2005

 

Dalla Martinica, Thuram e alcuni giocatori della nazionale transalpina difendono la rivolta delle periferie francesi e attaccano il governo Villepin. Storia di una squadra multirazziale che ha scelto l’impegno civile

 

MATTEO PATRONO, il Manifesto, 11 Novembre 2005

 

La nazionale francese di calcio è una grande squadra. Sta antipatica, sopratutto agli italiani, perché nell’ultimo decennio ha vinto molto (un Mondiale e un Europeo) e spesso contro gli azzurri. Nel passato più recente ha perso qualche colpo ma conserva un grande pregio (oltre a quello di poter schierare ancora Zinedine Zidane): è fatta di giocatori che in campo pensano con i piedi, fuori con la testa. Quella loro. Quando nel `98 conquistarono la Coppa del mondo a Parigi contro il Brasile, i bleus portarono lungo i Campi Elisi un milione e mezzo di persone in festa e divennero subito il simbolo vincente della Francia multietnica e multiculturale: un gruppo black, blanc, beur (nero, bianco, arabo) che mischiava sul rettangolo di gioco calciatori africani, caraibici, sudamericani, calmucchi, armeni, baschi, persino uno della Nuova Caledonia. Stranieri d’origine ma francesi d’adozione. Una nazionale dai mille colori che non cancellò i problemi razziali della Francia ma che contribuì a guardarli con occhio diverso, mandando su tutte le furie Jean Marie Le Pen, leader del Fronte nazionale di estrema destra, che definì i neocampioni del mondo «una squadra artificiale». Non gli andava giù, al razzistone, che il paese si specchiasse in quella banda di pedatori immigrati che secondo lui non conosceva neppure le parole della Marsigliese cantata a squarciagola prima delle partite. In seguito, Zidane e compagni gliele hanno cantatate spesso a Le Pen. Nel 2002, quando questi arrivò al ballottagio con Chirac per le presidenziali, il numero 10 invitò apertamente a boicottare il candidato che «non rappresenta per niente i valori del paese». Il collega Robert Pires, numero sette ispano-portoghese, annunciò che buona parte della nazionale transalpina avrebbe disertato gli imminenti mondiali nippo-coreani se Le Pen avesse vinto le elezioni. Le Pen uscì scornato dal voto e festeggiò la clamorosa disfatta dei bleus contro il Senegal, «una piccola parte della Francia». L’impegno civile dei calciatori francesi ha preso nel tempo anche altre strade. Lilian Thuram, Patrick Vieira e Thierry Henry hanno denunciato gli insulti razzisti di tifosi e avversari e si sono spesi in prima persona con mille iniziative per combattere il problema. Due giorni fa poi, sbarcati a Fort de France, in Martinica, per un’amichevole di beneficienza (assurdamente contestata dai club) a favore delle 152 vittime di un incidente aereo, alcuni giocatori hanno detto la loro sulla rivolta delle banlieues che ha messo sottosopra la Francia. Hanno messo sotto accusa il governo sulla disoccupazione. Hanno espresso solidarietà ai rivoltosi delle periferie. E hanno ricordato che molti di loro, in quelle periferie, ci sono cresciuti e sopravvissuti. Thuram, figlio della Guadalupa trapiantato giovanissimo nel sobborgo di Avon (vicino Parigi) dove tirò i primi calci coi Portugais di Fontainbleu, ha parlato per primo senza girarci intorno più di tanto. «Ho vissuto in periferia e mi sento molto vicino a quei ragazzi - ha detto il difensore della Juventus, 33 anni - stanno tutti a parlare di insicurezza giovanile ma nessuno si preoccupa del vero problema: la mancanza di lavoro». Thuram ha criticato duramente la svolta repressiva del primo ministro Dominique de Villepin. «Le elezioni si avvicinano e il governo ha trovato un capro espiatorio per nascondere le proprie colpe sul tema della disoccupazione - ha spiegato - vogliono convincere la gente che si tratta solo di violenti e tutto questo mi fa schifo». Thuram non è uno qualsiasi nella nazionale di Domenech: segnò due gol nella semifinale mondiale del `98 con la Croazia, è tornato con Zidane dopo aver lasciato la squadra un anno fa e insieme l’hanno qualificata alla Coppa del mondo dell’estate prossima in Germania. Resta il giocatore con più presenze nella rappresentativa transalpina attuale.

 

La sua uscita però non è stata l’unica. Molti dei componenti della nazionale vengono dalle banlieues infuocate di Parigi: Henry e Anelka (Versailles), Kapo (Choisy le Roy). Eric Abidal, difensore cresciuto nel sobborgo di La Duchere (Lione), ha ricordato quanto fosse difficile da ragazzo trovare lavoro nei supermercati del suo quartiere che non volevano immigrati. «La discriminazione ha portato la gente a un punto di rottura, bisogna trovare una soluzione», ha detto il calciatore del Lione. Henry ha preferito dribblare i cronisti; Zidane, che cominciò a giocare nella Castellane, banlieue di Marsiglia, non era in Martinica per infortunio e non ha parlato. Ma le cronache dicono che sia decisamente incazzato perché al padre Smail, approdato a Marsiglia dalla Cabilia (Algeria) 52 anni fa, continuano a negare il diritto di voto anche per le elezioni municipali. Florent Malouda, talentuoso centrocampista del Lione originario di Cayenne (Guyana), ha chiuso la partita: «Gli emarginati delle periferie sono disperati, era inevitabile che finisse così».

 

Per la cronaca, il ritorno dei figli francesi nella madrepatria caraibica si è concluso con un sofferto successo sul Costarica (3-2) che ha ribadito quanto sia dura per i galletti giocare bene senza l’insostituibile e acciaccato Zidane. Sabato a Parigi arriva la Germania per un antipasto dei mondiali di giugno. Da Berlino hanno fatto sapere che vista la turbolenza delle città francesi la squadra tedesca sarà scortata da due guardie del corpo che seguiranno i giocatori come piaceva a Nereo Rocco, fino alla toilette. «Non vogliamo lasciare nulla al caso», è stata la teutonica spiegazione del team manager Oliver Bierhoff.

 

da il Manifesto 11 Novembre 2005

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fogue la mia non era una scusante era solo una riflessione... che Adriano si è lasciato rivoltare come un calzino da amicizie sbagliatissime è evidente come evidente è una carenza intelletuale (un Cassano in piccolo... se andiamo a guardare di cazzate ne hanno fatte tutti e due ugualmente).

Ibra sicuramente non è paragonabile ad Adriano ma di cazzatucce ne ha fatte anche lui (scazzottate frequenti in allenamento allenatori mandati rigorosamente a fanculo).

Per quanto riguarda le banlieu ti dico che la nazionale francese è composta da ragazzi che francesi non sono per cui è normale che difendano l'immigrazione senza del quale loro giocavano con il Madagascar

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Comincia subito alla grande l'avventura di Adriano in Brasile.

 

Adriano fuori strada con la sua auto

 

 

 

Incidente stradale per Adriano in Brasile. Nelle prime ore del mattino l'attaccante dell'Inter, attualmente in prestito al San Paolo, ha perso il controllo della sua Audi TT in una via di Rio de Janeiro, andando a sbattere contro lo spartitraffico. L'incidente ha coinvolto altre tre vetture, ma per fortuna non ci sono stati feriti.

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ho visto che l'hai già messa

solo per aggiungere altre info

 

2007-12-31 13:18

ADRIANO VA FUORI STRADA, POI COINVOLGE ALTRE 3 AUTO

ROMA - L'interista Adriano, prestato per sei mesi da Moratti al San Paolo, è rimasto coinvolto all'alba di oggi in un incidente d'auto a Rio de Janeiro, in un viale della zona ovest della città carioca. La notizia è stata data da Rete Globo e poi dal sito Globoesporte. Adriano ha perso il controllo della sua Audi TT ed è finito contro uno spartitraffico, poi la sua vettura è andata a sbattere contro altre tre. Non ci sono stati feriti, almeno così risulta finora.

 

Intanto la dirigenza del San Paolo ha precisato che le uscite notturne e le vicende di Adriano sono ora tollerate "perché il giocatore si trova ancora in vacanza", ma che le cose cambieranno non appena comincerà la stagione, in cui, nel primo semestre, i campioni del Brasile puntano con decisione alla Coppa Libertadores.

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Ma quanto gli piace sta fori e divertisse a sto bardascio???! :D ...per fortuna nn si è fatto male nessuno...

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se continua così, farà una finaccia tipo maradona :huh:

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Speriamo di no... a me sta simpatico...se dovrebbe trovà una ragazza che gli fa mettere la testa a posto!capirai co tutte quelle che gli girano intorno come fa a concentarsi su una sola?! B-)

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Rinaldi: "Adriano non era ubriaco al momento dell'incidente"

 

L'ex attaccante dell'Inter, oggi al Sao Paolo, Adriano la scorse notte era alla guida della sua auto coinvolta in un brutto incidente a Rio de Janeiro. Per fortuna, il brasiliano, non ha riportato seri traumi. Sull'incidente della scorsa notte è tornato a parlare l'agente di Adriano, Gilmar Rinaldi che difende il suo assistito. "Non era ubriaco, quella sera non aveva bevuto ma tanto adesso è inutile ripeterlo perchè nessuno gli crede. L'importante è che la sua famiglia sappia la verità e come sono andati i fatti, ovvero, che si è trattato solo di un incidente stradale non dovuto a cause trasversali".

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