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dorian80

morosini se accascia a terra durante la partita

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Gioco interrotto allo Stadio Adriatico di Pescara per un malore accaduto al giocatore del Livorno, Piermario Morosini, soccorso dai sanitari presenti allo stadio che gli hanno praticato un massaggio cardiaco. Il giocatore e' stato portato in ospedale in ambulanza, mentre i compagni erano in lacrime. La partita e' stata sospesa. I giocatori toscani, con le mani fra i capelli, sono rientrati nel tunnel degli spogliatoi. L'ambulanza si è diretta verso l'Ospedale Civile Santo Spirito di Pescara.

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"Purtroppo mi dicono che il ragazzo è morto. Ha avuto tre arresti cardiaci, uno dopo l'altro. Non ho parole, davvero...". Parla così Daniele Sebastiani, presidente del Pescara, rintracciato da TuttoMercatoWeb.com in merito alla tragedia che ha visto Piermario Morosini, attaccante del Livorno, accasciarsi sul terreno di gioco di Pescara durante la partita del suo Livorno contro la squadra di Zeman. Il numero uno degli abruzzesi ha annunciato la morte del ragazzo e afferma: "In questo momento - dice Sebastiani - non ho parole, veniamo già da una tragedia in casa, non si può morire a 26 anni su un campo di calcio...".

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Ma che cazzo di sfiga aveva questa famiglia?!

Gli erano morti prima entrambi i genitori e poi il fratello in un incidente.

 

Ora potrai riabbracciare la tua famiglia, Ciao Piermario

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nn ci son parole............ :(

 

Bergamo, 14 aprile 2012 - "Un ragazzo d'oro, sempre prodigato ad aiutare la famiglia. Questo era Piermario Morosini". Risponde con la voce rotta al telefono Mino Favini, l'uomo che da anni e anni ha sulle vigorose spalle il settore giovanile dell'Atalanta. In sottofondo si sentono le voci di ragazzini che giocano a calcio. Uno di loro era Morosini, tanti anni fa.

 

"So già cosa mi dovete chiedere", dice Favini. "E' una notizia orribile". Lui, un maestro di vita, ricorda come Piermario fosse un fiume in piena di voglia di vivere: "E' cresciuto all'Atalanta con me, l'ho visto giocare da piccolissimo. Era un ragazzo fantastico, che aiutava tutti. In primis la famiglia. Viveva per la sua famiglia. Eppure, che ragazzo sfortunato. I genitori persi entrambi prematuramente, il fratello e la sorella con handicap fisici. Il fratellino si è tolto la vita quando lui aveva appena 16 anni. Insomma, una vita davvero sfortunata".

 

Favini ricorda il Morosini calciatore ben voluto da tutti. "Lo prese l'Udinese da noi, era molto bravo. Ha avuto una bella carriera, era rispettato dai compagni. Tutti credevano in lui".

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nn ci son parole............ :(

 

Bergamo, 14 aprile 2012 - "Un ragazzo d'oro, sempre prodigato ad aiutare la famiglia. Questo era Piermario Morosini". Risponde con la voce rotta al telefono Mino Favini, l'uomo che da anni e anni ha sulle vigorose spalle il settore giovanile dell'Atalanta. In sottofondo si sentono le voci di ragazzini che giocano a calcio. Uno di loro era Morosini, tanti anni fa.

 

"So già cosa mi dovete chiedere", dice Favini. "E' una notizia orribile". Lui, un maestro di vita, ricorda come Piermario fosse un fiume in piena di voglia di vivere: "E' cresciuto all'Atalanta con me, l'ho visto giocare da piccolissimo. Era un ragazzo fantastico, che aiutava tutti. In primis la famiglia. Viveva per la sua famiglia. Eppure, che ragazzo sfortunato. I genitori persi entrambi prematuramente, il fratello e la sorella con handicap fisici. Il fratellino si è tolto la vita quando lui aveva appena 16 anni. Insomma, una vita davvero sfortunata".

 

Favini ricorda il Morosini calciatore ben voluto da tutti. "Lo prese l'Udinese da noi, era molto bravo. Ha avuto una bella carriera, era rispettato dai compagni. Tutti credevano in lui".

2076582[/snapback]

 

Tu da lassù cosa ci dice? tutto normale no.. è facile prendersela con i piu deboli!!!

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nn ci son parole............ :(

 

Bergamo, 14 aprile 2012 - "Un ragazzo d'oro, sempre prodigato ad aiutare la famiglia. Questo era Piermario Morosini". Risponde con la voce rotta al telefono Mino Favini, l'uomo che da anni e anni ha sulle vigorose spalle il settore giovanile dell'Atalanta. In sottofondo si sentono le voci di ragazzini che giocano a calcio. Uno di loro era Morosini, tanti anni fa.

 

"So già cosa mi dovete chiedere", dice Favini. "E' una notizia orribile". Lui, un maestro di vita, ricorda come Piermario fosse un fiume in piena di voglia di vivere: "E' cresciuto all'Atalanta con me, l'ho visto giocare da piccolissimo. Era un ragazzo fantastico, che aiutava tutti. In primis la famiglia. Viveva per la sua famiglia. Eppure, che ragazzo sfortunato. I genitori persi entrambi prematuramente, il fratello e la sorella con handicap fisici. Il fratellino si è tolto la vita quando lui aveva appena 16 anni. Insomma, una vita davvero sfortunata".

 

Favini ricorda il Morosini calciatore ben voluto da tutti. "Lo prese l'Udinese da noi, era molto bravo. Ha avuto una bella carriera, era rispettato dai compagni. Tutti credevano in lui".

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Tu da lassù cosa ci dice? tutto normale no.. è facile prendersela con i piu deboli!!!

2076610[/snapback]

 

Lui da lassù c'ha regalato la vita per chi ci crede, il resto è tutto frutto del caso, se chiama libertà,

a qualcuno da e a qualcuno leva, non ci credo a destini o roba simile o al fatto che Dio chiama,

che vuoi che se chiama? per fare che? consolazioni stupide inventate dall'uomo

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Moro ora sarà li al cospetto degli invincibili, il capitano Mazzola sta facendo il giro delle presentazioni "questo è Gabetto, lui è Ossola, lui è Menti poi si ferma e gli presenta un altro grande con la faccia da ribelle e dribbling ubriacanti. Valentino si ferma e gli dice "Moro tu sei giovane ma sicuramente te ne hanno parlato, lui è la farfalla e Gigi Meroni", lo stesso Meroni lo guarda e gli dice "ma tu a 25 anni che cazzo ci fai qua?" e Moro un po timido di fronte a tutte queste leggende risponde "siamo vittime dello stesso omicida... il destino"

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nn ci son parole............ :(

 

Bergamo, 14 aprile 2012 - "Un ragazzo d'oro, sempre prodigato ad aiutare la famiglia. Questo era Piermario Morosini". Risponde con la voce rotta al telefono Mino Favini, l'uomo che da anni e anni ha sulle vigorose spalle il settore giovanile dell'Atalanta. In sottofondo si sentono le voci di ragazzini che giocano a calcio. Uno di loro era Morosini, tanti anni fa.

 

"So già cosa mi dovete chiedere", dice Favini. "E' una notizia orribile". Lui, un maestro di vita, ricorda come Piermario fosse un fiume in piena di voglia di vivere: "E' cresciuto all'Atalanta con me, l'ho visto giocare da piccolissimo. Era un ragazzo fantastico, che aiutava tutti. In primis la famiglia. Viveva per la sua famiglia. Eppure, che ragazzo sfortunato. I genitori persi entrambi prematuramente, il fratello e la sorella con handicap fisici. Il fratellino si è tolto la vita quando lui aveva appena 16 anni. Insomma, una vita davvero sfortunata".

 

Favini ricorda il Morosini calciatore ben voluto da tutti. "Lo prese l'Udinese da noi, era molto bravo. Ha avuto una bella carriera, era rispettato dai compagni. Tutti credevano in lui".

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Tu da lassù cosa ci dice? tutto normale no.. è facile prendersela con i piu deboli!!!

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Lui da lassù c'ha regalato la vita per chi ci crede, il resto è tutto frutto del caso, se chiama libertà,

a qualcuno da e a qualcuno leva, non ci credo a destini o roba simile o al fatto che Dio chiama,

che vuoi che se chiama? per fare che? consolazioni stupide inventate dall'uomo

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io al destino invece ci credo.

quando è arrivata l'ora a qualcuno non puoi farci niente

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(La Repubblica - G. Mura) - Fermarsi un sabato e una domenica per un ragazzo che s’è fermato per sempre, su un campo di calcio, è un triste dovere. Non credo ci sia molto da discutere sulla decisione della Federcalcio: è una scelta di rispetto, di sensibilità, di cuore. Udinese e Inter avevano già deciso di non giocare. A San Siro, con tutti i tifosi già dentro, è volato qualche fischio, ma anche la tribù del “devi morire” capirà, prima o poi.

 

Non aiuta a capire la moviola, che serve a scoprire il millimetrico fuorigioco o il rigore non concesso. Si vede il ragazzo cadere, cercare di rialzarsi e poi ricadere attutendo la caduta con le due braccia, come nelle flessioni, e a terra rimanere, con la faccia nell’erba. Definitivamente fuori dal gioco e da una vita fin troppo dura è andato Piermario Morosini, chiamato dai compagni Moro e Supermario, un gol solo tra i professionisti perché i gol li faceva segnare agli altri, da centrocampista coi piedi buoni. Un ragazzo dolce e sfortunatissimo: così l’ha ricordato Mino Favini, che di ragazzi all’Atalanta ne ha cresciuti e lanciati parecchi. Non succede spesso che, parlando di un atleta e soprattutto di un calciatore, si usi quest’aggettivo: dolce.

 

Ma è proprio una malinconica dolcezza che si trova nelle foto di Morosini, e non è presentimento, no, ma cognizione del dolore. Non ci può essere presentimento, a quell’età. Ma coscienza e cicatrici sì. Perché si ha voglia a dire che il fulmine non cade mai sullo stesso albero, che prima o poi il vento cambierà direzione. Morosini a 14 anni ha perso la madre, a 16 il padre, a 20 un fratello suicida. Ha diviso maglia e camera d’albergo con altri che sono diventati più famosi: Ranocchia, Marchisio, Cerci, De Silvestri, Isla. Altri che hanno fatto il grande salto, ma è un modo di dire.

 

Come giocare col cuore, buttare il cuore oltre l’ostacolo, prendersela a cuore, andare dove porta il cuore. “Tutti parlano del proprio cuore, nessuno parla col proprio cuore”, aveva scritto un poeta, Alfonso Gatto. Ecco, io credo che Morosini ci avesse parlato, che ci tenesse a fare esami approfonditi, perché di cuore era morto suo padre, e col cuore lui diceva, in un’intervista a un giornale di Livorno, che inseguiva il sogno di diventare un buon calciatore perché questo era anche il sogno dei genitori, e il loro se l’era caricato sulle spalle o nel cuore, o in valigia quando andava a Udine, a Bologna, a Vicenza, a Padova, a Reggio Calabria, perché si sa che è meglio fare esperienza giocando in B che fare panchina o tribuna in A.

 

Nulla e nessuno, neanche l’autopsia, ci sapranno dire cosa succede in un corpo sano e forse anche felice, la squadra stava vincendo, e lo trasforma in un morto da piangere. E per fortuna, nella disgrazia, che ai morti non si può fare la domanda più stupida e dunque più usata del mondo, quello sportivo in particolare: che cos’hai provato quando cadevi? Al pressing forse, o all’impressione di un pugno in petto, ma nessun avversario era vicino, o ad Anna, la sua ragazza, “la mia Annina sotto il cielo dell’Elba” come scriveva inviando la foto di loro due agli amici, a quelli che giocavano in A, quelli coi titoli in prima pagina che per lui ci sono solo se muore.

 

Il grande circo si ferma per un ragazzo morto la cui vita e morte sono lontanissime dall’immaginario collettivo. I miliardari pieni di bambole tv, di Rolex, di coca, quelli che si comprano e vendono le partite, quelli che per prima cosa si fanno la Ferrari. Non lo cancella, gli fa da silenziatore. Di cuori sono pieni gli stadi: bianconeri, granata, rossoneri, nerazzurri, giallorossi, biancolesti, azzurri, rosanero, viola, rossoblù, gialloblù. Nei cori dei tifosi sono vecchi, e battono. Quello di Muamba è rimasto fermo 78’ e se l’è cavata dopo 16 interventi del defibrillatore. Quello di Morosini s’è fermato una volta sola, forse era stanco per troppe cose, e non è più ripartito.

 

C’è chi dice che il cuore degli atleti, per gli sforzi che fanno, è più esposto, spesso ipertrofico. Ma la vita ci ha detto che di cuore muoiono obesi e fumatori, elettricisti e scrittori, banchieri e disoccupati. Forse è meglio essere fatalisti che affannarsi a cercare risposte, ché poi magari viene il batticuore. Ci sono morti che diventano di tutti e quella di Morosini lo è. Come nell’ultimo verso della Costruzione, una canzone che Chico Buarque de Hollanda scrisse nel ’71 per un muratore volato giù dall’impalcatura, “è morto contromano intralciando il sabato”. Al posto di questa rubrica uno spazio bianco e silenzioso sarebbe stato più giusto, ma è un lusso che nel nostro mestiere non ci si può permettere. Ti sia lieve la terra, Piermario Morosini detto Moro.

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Morte Morosini: Antonio Di Natale prende in affidamento la sorella del giocatore scomparso

 

 

 

 

La notizia è arrivata questa sera e ha quasi dell’incredibile in tempi come questi, ma che fa ancora sperare in un mondo migliore grazie alla bontà di quelle poche persone a cui ancora è rimasto un senso di altruismo. Antonio Di Natale, capitano e bandiera dell’Udinese, prenderà in affidamento la sorella invalida di Piermario Morosini, il centrocampista del Livorno e di proprietà della società friulana, morto in campo ieri durante la gara di serie B Pescara-Livorno. ”Conosciamo bene la situazione della sorella e noi come squadra, la società con Udinese per la Vita e la signora Pozzo tutti insieme abbiamo deciso di dare una mano alla ragazza che ha tanto bisogno di noi” ha detto Di Natale ai microfoni di Udinese Channel che poi ha anche aggiunto: “Ieri ho immediatamente contattato i miei amici, ho mandato un messaggio a Cannavaro, ho sentito Tommasi dell’Aic e altri. Tutti si sono resi disponibili a darci una mano perché l’importante sarà essere vicini alla sorella di Piermario non solo per un giorno ma per tutta la vita. La ragazza ha bisogno di noi e vogliamo aiutarla, per lei ma anche per Mario”

 

Anche il presidente dell’Atalanta, Antonio Percassi, attraverso una breve nota pubblicata sul sito della società fa sapere che la sorella non sarà lasciata sola: “Maria Carla Morosini sara’ per sempre parte della famiglia atalantina e non dovra’ mai preoccuparsi di nulla“.

 

 

Bel gesto da parte di un grande campione BRAVO TOTO'

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