Secondo me l’errore è continuare a valutare il potenziale di una squadra attraverso la somma algebrica del tasso qualitativo di ogni singolo giocatore. Aldilà del fatto che tale ultimo parametro è in continuo e rapidissimo mutamento per via di un’infinità di fattori (fisici, psicologici, ambientali) che incidono nella vita di un atleta (e, pertanto, esso può sfuggire anche ai più attenti conoscitori della categoria), resta prioritario considerare che negli sport di squadra una buona amalgama tra i componenti di un gruppo spesso sopperisce a un tasso qualitativo individuale non eccelso. Ciò premesso, non è detto che fattori individuali come la motivazione a far bene o a raggiungere un obiettivo, o fattori collettivi come il reciproco compensarsi per un unico scopo, possano essere sempre o interamente indotti dall’allenatore. A mio giudizio (e prendendo come esempio l’ultima gara col Pordenone) se i nostri altisonanti nomi sono sembrati, rispetto agli avversari, lenti, demotivati, distratti (almeno così mi è parso) ciò potrebbe essere dipeso da una minore fame di fama (perdonate il gioco di parole), che è caratteristica, ad esempio, degli atleti meno giovani o di quelli che già hanno raggiunto certe vette. La fame di fama non basta ovviamente a rendere un giocatore più bravo di uno “più bravo” ma, tradotto sul piano del gruppo, può rendere la squadra più forte. Noi abbiamo fior di giocatori ma, forse, in troppi casi a fine carriera, in altri casi scoppiati di fisico o di testa, in altri ancora venuti a Terni per ripiego, e quant’altro. Senza contare che i nostri potrebbero essere anche male assortiti tra loro, il che non implica necessariamente una colpa di chi li ha scelti, sia perché talune incompatibilità vengono fuori dopo, sia perché il mercato si fa si con la bravura, ma anche con i mezzi che si hanno a disposizione e con il tasso di appetibilità che una società può esercitare sui giocatori (insomma, se uno non vuole proprio venire non viene, manco se lo alletti coi quattrini, figurati quando non c’hai manco quelli! Si fa presto a dire “mercato”...).