Era il 1985, all'epoca ero un imberbe studentello (no, imberbe no, avevo cominciato a radermi a 13 anni, tutti i giorni) ma da qualche anno facevo il corrispondente sportivo della mia zona per il quotidiano Alto Adige. Seguivo un po' di tutto, calcio, basket, volley, ciclismo, vela (tanta vela, come si può intuire). Un giorno decisero di portare al Palazzo dei Congressi di Riva d/G il match per il titolo mondiale WBA dei superleggeri, fra il detentore, l'americano Rocky (ovviamente) Lockridge e il giovane tunisino Kamel Bou Ali. Il giornale mi disse di seguire l'evento. Mai scritto una sola riga di boxe, prima e dopo di allora. Però la cosa mi intrigava, anche perché sapevo che l'evento sarebbe stato coperto da Mediaset e dunque ci sarebbe stato lui, enciclopedia umana Rino Tommasi. La sera del match lo incontrai e lo conobbi, gigantesco, sprizzava competenza da ogni cellula e a me, sinceramente, incuteva timore e soggezione. Mi diedero un posto a bordo ring, a breve distanza dalla sua postazione. Mi ero ripromesso di dedicare tutta la mia attenzione alle sue parole, visto che poi avrei dovuto buttare giù il pezzo per il giornale e sarebbe stata buona cosa non infarcirlo di castronerie. Solo che qualcuno pensò bene di riservare la sedia alla mia destra alla giovane Susanna Huckstep, fresca di titolo di Miss Italia, patonza come raramente se ne vedono. Era lei a ondeggiare sul ring, fra una ripresa e l'altra, con il cartello numerato. Beh, persi di vista Tommasi (perdonami, Rino) e solo qualche schizzo di sangue del malcapitatissimo Kamel, stramazzato a terra alla sesta ripresa, mi ricordava ogni tanto il motivo della mia presenza lì.
Un giornalista americano, appollaiato alla mia sinistra, mi chiese chi fosse la gnocca al mio fianco: Miss Italia, risposi, ma non mi credette e mi sembrò di captare un amabile fuck you.
Tommasi invece procedeva imperterrito nel racconto del match, con professionalità innata. Senza riservare alla tipa la minima attenzione. Magari a telecamere spente, non l'ho mai saputo.